Sull’infedeltà femminile

Il primo* spiega il perché dei “tradimenti” delle femmine di diamanti di Gould (Erythrura gouldiae). Secondo gli autori, se è chiaro perché i maschi si dedicano alla copulazione fuori dalla coppia, tutto ciò non era invece evidente per le femmine. Poiché la specie si presenta in due varianti di colore diverse, e la fitness è maggiore se si accoppiano maschi

Il primo* spiega il perché dei “tradimenti” delle femmine di diamanti di Gould (Erythrura gouldiae). Secondo gli autori, se è chiaro perché i maschi si dedicano alla copulazione fuori dalla coppia, tutto ciò non era invece evidente per le femmine. Poiché la specie si presenta in due varianti di colore diverse, e la fitness è maggiore se si accoppiano maschi e femmine uguali, creando tutte le combinazioni possibili di maschi e femmine “legittime” e di maschi e femmine “amanti” si è scoperto che le femmine hanno un vantaggio dalle copulazioni extracoppia perché la competizione spermatica consente loro di scegliere il maschio migliore.

L’altro articolo**, molto più ponderoso, è di un quartetto di studiosi inglesi che hanno studiato l’interazione tra comportamento cooperativo e infedeltà femminile (si presume che il maschio lo sia SEMPRE…). Dopo aver esaminato le due variabili in 267 specie di uccelli, la conclusione che hanno tratto è che il comportamento cooperativo durante l’accoppiamento è associato a una bassa promiscuità, e quindi che l’aiuto al nido (cioè il comportamento degli helpers at the nest) è più comune quando la promiscuità è bassa. Oltre a questa spiegazione “statica” l’articolo si addentra anche in una prospettiva storico-evolutiva, per cui cerca di giustificare anche la transizione tra società cooperative e altre che lo sono meno proprio partendo dalla promiscuità vista come causa. Il tutto non è innovativo, perché segue la “monogamy hypothesis” di qualche anno fa, cui si riferisce questo schema.

Quel che è importante qua è che l’ipotesi si sta trasformando in una teoria con dati che la confermano (e altri che la smentiscono, come afferma Andrew Cockburn in un commento all’articolo sempre su Nature). Un’ulteriore affinamento dell’ipotesi è che nei casi di promiscuità intermedia (non si sa bene se la mamma sia stata fedele o meno), aumenta la discriminazione fraterna, in modo che si è più acuti nel distinguere un fratello da un parente più lontano – o da un non-parente. Il tutto con una raffinata analisi statistica che sembra supportare molto bene l’idea.

Riferimenti:
* Science 20 August 2010: Vol. 329. no. 5994, pp. 964 – 967
** Nature Vol 466| 19 August 2010| pp. 969-974

Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons