Trovare rifugio dell’oscurità: come i mammiferi hanno evoluto la visione notturna

Uno studio chiarisce i meccanismi molecolari e di sviluppo che hanno trasformato la retina dei primi mammiferi per consentire loro di adattarsi a vivere di notte e di occupare nuove nicchie ecologiche. Il risultato di quella trasformazione differenzia tuttora il nostro occhio da quella degli altri vertebrati, nonostante il ritorno alla vita diurna

I primi mammiferi si adattarono a vivere di notte grazie a profondi cambiamenti nella composizione cellulare della loro retina: alcuni coni si trasformarono in bastoncelli, aumentando la sensibilità della vista dei mammiferi, che poterono così sfuggire al dominio diurno dei dinosauri. I mammiferi cominciarono a diversificarsi durante il periodo Giurassico, quando i grandi predatori diurni erano rappresentati dai dinosauri nella maggior parte degli habitat terrestri. La pressione predatoria di questi organismi spinse i mammiferi ad adottare uno stile di vita notturno, che consentì loro di ritagliarsi una nicchia ecologica per lo più inesplorata dai vertebrati, o comunque meno affollata (si veda anche). Per fare questo fu necessario, tra le altre cose, evolvere una retina specializzata, più sensibile e adatta a vedere al buio.

Nei vertebrati la retina è costituita da due tipi di cellule fotorecettrici, i coni ed i bastoncelli , e per questo è chiamata “duplice”. I primi mostrano una risposta più rapida ai cambiamenti di immagine, ci permettono di percepire i dettagli e di discriminare i colori. I secondi, invece, sono importanti in condizioni di scarsa luminosità, grazia alla loro straordinaria sensibilità. Gli antenati dei vertebrati erano in possesso solamente di cellule fotorecettrici simili ai coni e probabilmente la retina “duplice” si originò per la prima volta negli gnatostomi, con la comparsa di veri e propri bastoncelli. Nei mammiferi, a differenza degli altri vertebrati, la retina presenta una predominanza di bastoncelli, con poche eccezioni. Questo aumento del numero di bastoncelli nella retina è stata fondamentale per sopravvivere al “collo di bottiglia notturno” che spinse i primi mammiferi ad adattarsi rapidamente alla vita notturna, ma come questo fu reso possibile è rimasto a lungo un mistero.

Il team di ricerca coordinato da William Ted Allison e Anand Swaroop ha dimostrato, in un articolo pubblicato su Developmental Cell, che i bastoncelli di topo esprimono geni tipici di un particolare gruppo di coni (i coni S), durante le prime fasi del loro sviluppo, a differenza di quelli presenti nella retina di vertebrati non mammiferi come lo zebrafish (Danio rerio), un teleosteo d’acqua dolce. Questo risultato è confermato anche dalla presenza di fattori epigenetici che, durante i primi giorni di sviluppo dei futuri bastoncelli, reprimono l’espressione dei geni tipici di queste cellule, ma non di quelli tipici dei coni, uno scenario che si inverte poi durante la fase di maturazione.

Inoltre, analisi sulle sequenze geniche unite a quelle filogenetiche suggeriscono che il reclutamento di coni S per formare bastoncelli fu reso possibile da cambiamenti nella regolazione dell’espressione del gene Nrl (che codifica per un fattore di trascrizione che controlla il differenziamento dei bastoncelli), che nei primi mammiferi cominciò probabilmente ad essere espresso anche in alcuni coni S, un’innovazione evolutiva tipica di questo gruppo animale.

Quindi, I bastoncelli nei vertebrati si sono originati indipendentemente più di una volta: la prima negli antichi gnatostomi e poi nuovamente nei mammiferi, a partire dalla conversione di una parte dei coni S. Altre origini indipendenti dei bastoncelli sono state riportate per gli uccelli notturni e per i pesci abissali. Nonostante i mammiferi attuali si siano adattati agli stili di vita più disparati, tuttora, con poche eccezioni, i bastoncelli rimangono le cellule fotorecettrici maggiormente presenti nella retina, forse anche per via di ulteriori funzioni acquisite successivamente da queste cellule. Una firma indelebile di quella fuga dal domino dei dinosauri che cambiò la nostra storia mammaliana.

Riferimenti:
Kim, Yang, and Oel et al. Recruitment of Rod Photoreceptors from Short Wavelength Sensitive Cones during the Evolution of Nocturnal Vision in Mammals. Developmental Cell, 2016 DOI:10.1016/j.devcel.2016.05.023

Immagine: Jude Swales multituberculate /Burke Museum of Natural History and Culture