Tutto ciò che avreste voluto sapere su Ida e che i quotidiani non hanno scritto

Dopo la presentazione a New York del reperto del Darwinius, la diffusione della notizia sull’adapide, che viene addirittura presentato dallo stesso coordinatore del gruppo di ricerca (Jorn H. Hurum) come un “anello mancante” fra l’uomo e le scimmie (e questo certo contribuirà al successo del libro omonimo al riguardo, in uscita in questi giorni: “The Link”, l’anello, ma anche la

Dopo la presentazione a New York del reperto del Darwinius, la diffusione della notizia sull’adapide, che viene addirittura presentato dallo stesso coordinatore del gruppo di ricerca (Jorn H. Hurum) come un “anello mancante” fra l’uomo e le scimmie (e questo certo contribuirà al successo del libro omonimo al riguardo, in uscita in questi giorni: “The Link”, l’anello, ma anche la connessione, il legame), ha fatto il giro del mondo. Sembra che il principale scopritore, un ricercatore del museo di storia naturale di Oslo, si sia preparato molte frasi ad effetto; non solo ripete “anello mancante” senza indicare chiaramente se è davvero l’unico e perchè, ma addirittura fa credere che questo reperto fossile sia “la cosa piu’ vicina che abbiamo avuto ad un antenato diretto“, un “sogno divenuto realtà“, “simileai primati piu’ evoluti”.

Sembra difficile che altri possano trovare in futuro frasi così assurde ma “ad effetto” da dedicare ad un antenato alla lontana come appunto è questo reperto fossile di 60 cm (coda compresa) e di 47 milioni di anni fa, con ben poche caratteristiche simili a quelle che sono specifiche per le antropomorfe o gli ominidi bipedi fossili. Cosa si sarebbe dovuto dire del Pierolapithecus Catalaunicus, antropomorfa del Miocene, risalente a 13 milioni di anni fa e scoperta pochi anni fa?

Quello che incombe è il marchio (“The Link” che richiama anche il titolo del libro) ma soprattutto le iperboli che accompagnano questa importante scoperta: “The astonishing new discovery that could change everything”, “everything we thought we knew about primate origins could change”, “the scientific end of a lifetime”, “the talus bone links Ida directly to humans” (ma la coda direi di no…!), “a humanlike opposable thumb” (no, primatelike…), “Like all primates, five fingers on each hand” (no, è una caratteristica dei mammiferi”), “like an asteroid falling down to earth” (urca! per fortuna … no!); “she’s the ‘Mona Lisa’ of fossils”; “she answers all of Darwin’s questions about transitional fossils” (ullallà!); “something that the world has never seen before” (corretto … ma abbastanza banale …).  Il fatto che molte di queste frasi esagerate si leggano già nel documento (anche questo denominato “The link”) preparato dal museo di Storia Naturale dell’Università di Oslo lascia davvero MOLTO perplessi e assolve quindi i giornalisti che se le sono trovate pronte e le hanno usate.

Diversamente si sono comportati molti autori (competenti) di blog provenienti da tutto il mondo. Vediamone alcuni.

Del ritrovamento se ne parla nel blog Pharyngula (PZ Myers è abbastanza sconvolto dalle espressioni iperboliche usate, che rischiano di far sottovalutare altre importanti scoperte), in cui è inoltre possibile partecipare alla discussione.

Proseguendo, troviamo un commento del giovane paleontologo Brian Switek nel blog Laelaps (Poor, poor Ida, Or: “Overselling an Adapid“), dove si mostrano anche alcune serie perplessità su un aspetto davvero importante: la modalità di posizionamento del reperto, modificando l’attuale filogenesi dei primati (“By moving the adapids into the haplorrhine group they can then make the claim that anthropoids evolved from the adapid stem and not tarsiers or omomyids. The problem is that they are using just one genus, Darwinius, to change the placement of an entire group without using any cladistic analysis! This is not good science.”). Su Laelaps si fa notare anche un dettaglio davvero sconcertante: sono sbagliati gli spelling di Strepsirrine e Aplorrine! Certo il latino e il greco creano sempre seri problemi agli anglofoni e probabilmente anche ai norvegesi, ma i referee e i revisori delle bozze di PLoS dovrebbero vigilare e non emozionarsi così facilmente …! Anche nel blog Panda’s Tumb si leggono numerose perplessità, facendo riferimento alle obiezioni riportate su Laelaps.

Molto critico e ironico anche il post (“Darwinius: It delivers a pizza, and it lengthens, and it strengthens, and it finds that slipper that’s been at large under the chaise lounge for several weeks…”) sul blog The Loom di Carl Zimmer, che mette in evidenza anche gli errori di ortografia “tassonomica” (se di questo si tratta), argomenti che vengono ripresi in un altro commento più recente (“Does Darwinius Exist?”).

Sempre nel suo blog, Carl Zimmer continua a mostrare sorpresa per come sia stata gestita mediaticamente la scoperta del Darwinius. Nel post “Science Held Hostage” il giornalista dimostra chiaramente come si sia cercato di impedire che venissero diffusi commenti (critici o meno) su un articolo che sembra evidenziare alcuni difetti e alcuni seri limiti. Nel post del 21 maggio, si racconta la storia degli ultimi giorni e si dimostra che i giornalisti scientifici hanno potuto conoscere l’articolo non almeno il giorno prima, come avviene di solito per permettere la raccolta dei commenti da parte di esperti indipendenti, ma pochi minuti prima, per cui al momento della conferenza stampa, addirittura alla presenza del sindaco di New York, non c’era nessun giornalista scientifico che fosse pronto a fare domande. Nel post citato interviene con un commento (#22) anche M.Henderson, science editor del Times di Londra, che racconta la procedura che gli ha permesso di prendere visione dell’articolo per tempo (“This is a very weird (and in my experience unprecedented) way to manage the release of published science”). Le uniche frasi diffuse al momento della conferenza stampa sono state quindi quelle diffuse dal team degli scopritori.

Interessante notare come la redazione di PlosOne abbia pubblicato un articolo (“Introducing Darwinius masillae”) in cui si racconta di come si sia arrivati alla pubblicazione e di come non apprezzino la decisione degli autori di puntare sull’”anello mancante” come principale chiave di lettura e interpretazione di questo importantissimo reperto fossile.

Anche Science ha trattato la notizia in un articolo (““Revolutionary” Fossil Fails to Dazzle Paleontologists”) in cui Ann Gibbons raccoglie alcune pesanti critiche da parte di colleghi (solo invidiosi?): “They point out that Hurum and Gingerich’s analysis compared 30 traits in the new fossil with primitive and higher primates when standard practice is to analyze 200 to 400 traits and to include anthropoids from Egypt and the newer fossils of Eosimias from Asia, both of which were missing from the analysis in the paper”, “There is no phylogenetic analysis to support the claims, and the data is cherry-picked”, “Their claim that this specimen should be classified as haplorhine is unsupportable in light of modern methods of classification”, “by describing the history of anthropoids as “somewhat speculatively identified lineages of isolated teeth,”the PLoS paper dismisses years of new fossils”, “They’ve ignored 15 years of literature”. Sembra quindi che sia stata posta grande cura nella preparazione mediatica dell’evento e un po’ meno nell’approfondimento dei dati che dovrebbero dimostrare almeno le affermazioni più serie che vengono fatte nell’articolo.  

Molta ironia anche nel blog NotExactlyRocketScience (“Darwinius changes everything”): “Yesterday, the entire world changed noticeably as the media, accompanied by some scientists, unveiled a stunning fossilised primate. The creature has been named Darwinius masillae, but also goes by Ida, the Link, the Chosen One and She Who Will Save Us All”.

In Italia, ne ha parlato Marco Ferrari sul suo blog Leucophea (Anello man…che?), che cita anche i commenti del blog Evolving Thoughts.

Riferimenti ad alcuni problemi nella gestione dell’informazione sull’adapide fossile si trovano anche nel blog di Nature, anche se la palma di definizione più caustica si può attribuire ad un articolo (“Seeking a Missing Link, and a Mass Audience”) sul New York Times del 18/5/09, dove si evidenzia che “It is science for the Mediacene age”.

In un ulteriore post del 21 maggio Carl Zimmer, trionfante, riporta le dichiarazioni con cui l’editore di PlosOne Peter Binfield (che già aveva ammesso il problema: “Does Darwinius Exist, Revisited: The Official Word Is…Not Yet”) riferisce come stia procedendo a posteriori, con apposite versioni a stampa dell’articolo, per ottenere il riconoscimento ufficiale dell’esistenza in vita di una nuova specie di 47 milioni di anni fa (“Darwinius: Named at Last!”).

In realtà la International Commission on Zoological Nomenclature stava per autorizzare anche una procedura per accettare le denominazioni fatte su riviste on-line, ma la procedura non è attualmente accettata.

Tratto da L’Antievoluzionismo in Italia, il blog di Daniele Formenti