Un nuovo modello per lo studio dell’evoluzione

Utilizzando in maniera combinata dati derivanti da fossili e analisi filogenetiche, alcuni scienziati hanno messo a punto un nuovo modello computerizzato grazie al quale sarà possibile analizzare i tassi evolutivi di un certo gruppo di organismi superando le incongruenze che emergono dal confronto dei singoli metodi

In uno studio pubblicato su Nature Communications, alcuni biologi e paleontologi dell’ETH di Zurigo hanno messo a punto un nuovo modello per cercare di spiegare e comprendere meglio i tassi dell’evoluzione delle specie presenti sul nostro pianeta.

La comprensione dei meccanismi e dei tempi con i quali avvengono i fenomeni di speciazione e di estinzione, è una questione da sempre di grande interesse, per scienziati e non addetti a lavori. Ciò inoltre, risulta fondamentale anche per capire l’andamento della biodiversità e la storia del nostro pianeta. Da un lato infatti, il rapido emergere di un gran numero di specie può indicare la concomitante presenza di condizioni favorevoli alla vita (come avvenne durante il Cambriano, di cui Pikaia ha già parlato ad esempio qui); al contrario, le cosiddette estinzioni di massa possono a volte trovare spiegazioni in fenomeni straordinari, come avvenne ad esempio alla fine del Cretaceo con i dinosauri (Pikaia ne ha parlato qui) ma come sta purtroppo avvenendo anche attualmente (Pikaia ne ha parlato qui).

Per studiare i tassi di speciazione e di estinzione, gli scienziati hanno ovviamente a disposizione solamente metodi indiretti. Lo studio dei fossili e la loro datazione è senza dubbio un importante strumento con il quale è possibile ottenere informazioni riguardo al periodo (o era geologica) in cui una certa specie era presente. Altro metodo è rappresentato dalle analisi filogenetiche: attraverso l’analisi e l’elaborazione statistica del DNA di specie esistenti, è possibile ipotizzare quando si sarebbero originate specie tra di loro correlate, e al contrario, quando altre si sarebbero estinte.

Entrambi i metodi presentano tuttavia delle limitazioni, ed inoltre se messi a confronto, i risultati ottenuti in entrambi i modi mostrano delle evidenti incongruenze. In particolare, i tassi di estinzione e di speciazione che si evincono da studi di tipo filogenetico, risultano essere molto più bassi rispetto a quanto emerge dall’analisi di reperti fossili.

Secondo i ricercatori, tali discrepanze nei risultati sarebbero dovute al fatto che i due metodi precedentemente descritti partono da assunti differenti riguardo la speciazione, ovvero al come una certa specie possa essersi originata. Solo partendo con questa consapevolezza è possibile mettere a confronto i risultati ottenuti ed armonizzarli nella loro complementarietà.

Stando alla letteratura, una nuova specie potrebbe emergere in tre modi differenti:
­- Gemmazione (budding): una nuova specie si evolverebbe da una precedente, che comunque continuerebbe ad esistere (1 nuova, 0 estinte);
– Cladogenesi (o biforcazione) : una specie, estinguendosi, darebbe origine a due (o più) differenti specie (2 nuove, 1 estinta);
– Anagenesi (o evoluzione filetica): una specie si svilupperebbe da una precedente, che invece andrebbe incontro ad estinzione (1 nuova, 1 estinta).

Questi meccanismi, possono derivare da differenti processi biologici, e possono anche essere interpretati in maniera differente a seconda del concetto di specie che si decide di utilizzare. Ad esempio, la biforcazione è ciò che ci si aspetta da una speciazione allopatrica, mentre la “gemmazione” potrebbe essere il risultato di una speciazione peripatrica.

Utilizzando un modello messo a punto e definito “birth-death chronospecies”, che unifica le definizioni precedenti, e utilizzando simulazioni computerizzate ed analisi statistiche, gli scienziati hanno analizzato e ricostruito la storia evolutiva di diversi gruppi animali (balene, canini, bovini). Essi ritengono che le apparenti incongruenze riscontrate con i precedenti metodi, fornirebbero in realtà molte informazioni sui differenti modelli di speciazione.

Studiando l’albero filogenetico delle balene, ad esempio, si è scoperto che la maggior parte di esse si sarebbe originata tramite meccanismi di anagenesi. Questo nuovo tipo di approccio, oltre a rendere più omogenei i risultati ottenibili da analisi di tipo paleontologico e filogenetico, potrebbe essere di grande aiuto  nello studio dell’evoluzione di un certo gruppo di animali o piante.

Riferimento:
Daniele Silvestro, Rachel C. M. Warnock, Alexandra Gavryushkina, Tanja Stadler. Closing the gap between palaeontological and neontological speciation and extinction rate estimatesNature Communications, 2018; 9 (1) DOI: 10.1038/s41467-018-07622-y

Immagine da Wikimedia Commons