Uomini, perchè?

Nel primo caso l’interpretazione dell’autore, Samuel Bowles, è che una delle più sconcertanti caratteristiche umane, cioè l’altruismo anche verso i non parenti, si sia evoluto perché la guerra potrebbe aver favorito la sopravvivenza di gruppi, “containing altruistic individuals who were willing to risk their own lives in order to fight on behalf of their groups“. Dulce et decorum est pro

Nel primo caso l’interpretazione dell’autore, Samuel Bowles, è che una delle più sconcertanti caratteristiche umane, cioè l’altruismo anche verso i non parenti, si sia evoluto perché la guerra potrebbe aver favorito la sopravvivenza di gruppi, “containing altruistic individuals who were willing to risk their own lives in order to fight on behalf of their groups“.

Dulce et decorum est pro patria mori, insomma… Non tutto è ipotetico, però Bowles ha unito modelli teorici a prove archeologiche ed etnografiche, in modo da dimostrare che la mortalità da guerra era abbastanza comune (il 14% delle morti) da giustificare la sua idea.

Il secondo articolo spiega che la nascita di strumenti avanzati, arte e cultura in Africa circa 90.000 anni fa è dovuta al fatto che: “because populations were mixing enough at those times to spread cultural innovation effectively, and not necessarily because of biological changes in cognitive capacity“.

Cioè, eravamo esattamente identici a quelli di qualche anno prima, ma vivere vicino ad altri diversi da noi ha spinto a innovazioni continue, sia tecnologiche sia artistiche sia culturali.

Entrambi gli articoli si inseriscono nel dibattito sull’importanza della selezione di gruppo per l’evoluzione, quella umana in particolare. Una stretta interpretazione dawkinsiana della situazione mi è sempre sembrata un po’ troppo dogmatica, e alcuni articoli e libri di David Sloan Wilson (il link è a un articolo divulgativo proprio sulla selezione di gruppo) mi hanno convinto che ci fosse di più. Bastava solo cercare di inserire l’idea in un quadro evoluzionisticamente interessante, senza cadere nelle Storie proprio così.

I due articoli sembrerebbero in contraddizione; nel primo ci ammazziamo, nel secondo collaboriamo. E allora, cos’è realmente accaduto? Secondo Ruth Mace, che ha scritto un breve commento sullo stesso numero di Science: “Were early modern humans in frequent contact with neighboring groups to exchange cultural innovations, or were they inward looking, unwilling to travel, and constantly engaging their neighbors in lethal conflict? Probably both, at different times and in different places“.

Come considerazione finale, noto che questi articoli non sono apparsi da nessuna parte nei nostri quotidiani. In compenso ci sono stati un profluvio di servizi sul fatto che la risata è evolutivamente nata ben prima dell’origine della nostra linea e che quindi uomini e scimmie antropomorfe sono imparentati anche da quel lato lì. Interessante, certo, ma volete mettere con la nascita della cultura e della “sindrome del buon samaritano”? Eppure di quest’ultimo poco o niente. Come avviene la scelta della notizia scientifica da mettere sul giornale, mi chiedo? Forse è la più semplice, la più curiosa, la più divertente. Oppure si va per esclusione, e una troppo complessa da spiegare, o che non rappresenta un vero e proprio scoop, non viene neppur presa in considerazione? Oppure ancora (e ho paura sia quella vera); se i direttore o il caporedattore non la capisce, dice, “Non interessa al pubblico”?

Tratto da Leucophaea, il blog di Marco Ferrari

Riferimenti:
Samuel Bowles, Did Warfare Among Ancestral Hunter-Gatherers Affect the Evolution of Human Social Behaviors?, Science Vol 324, Issue 5932: 1293-1298

Adam Powell, Stephen Shennan, and Mark G. Thomas, Late Pleistocene Demography and the Appearance of Modern Human Behavior, Science Vol 324, Issue 5932: 1298-1301.

Ruth Mace, On Becoming Modern, Science Vol 324, Issue 5932: 1280-1281