Wallace e Darwin tra fama e pettegolezzo

Recensione di “Wallace, Darwin and The Origin of the Species” di J.T. Costa. Di Federico Focher

Non è un fenomeno raro nella storiografia che un personaggio a lungo dimenticato, o ricordato al massimo in sintetiche note a piè di pagina, diventi improvvisamente oggetto di grande attenzione da parte di studiosi e giornalisti. A questo punto, quasi immancabilmente, ai seri studiosi si affianca subito qualche saggista che, per eccesso di zelo o per smania di protagonismo, interpreta il precedente oblio del personaggio come un riuscito complotto ai suoi danni da parte di figure potenti, invidiose o arriviste.
Qualcosa del genere è capitata al naturalista inglese Alfred Russel Wallace (1823-1913), noto per aver condiviso, nel 1958, la prima enunciazione della teoria dell’evoluzione per Selezione naturale con il certamente oggi più celebre Charles Darwin. Infatti, in questi ultimi anni, sempre più insistentemente sono emerse voci, più o meno autorevoli, che insinuano un possibile plagio compiuto da Darwin ai danni di Wallace, dopo che quest’ultimo, nella primavera del 1858 (un anno prima della pubblicazione dell’Origine delle Specie) aveva reso partecipe il collega, attraverso l’invio di un suo manoscritto inedito, della propria scoperta della Selezione naturale come causa dell’evoluzione dei viventi.
Certo Darwin stava lavorando da anni sulla stessa idea, ma a che punto era? Perché non aveva ancora pubblicato una riga? Forse non aveva le idee chiare? E non sarà stato proprio Wallace a chiarirgliele con il suo manoscritto? Ci fu del dolo? Quando Darwin ricevette il manoscritto di Wallace, datato febbraio 1858? Il 18 giugno 1858, come dichiarato all’amico Lyell, o molto prima? Se lo avesse ricevuto prima, Darwin avrebbe avuto tutto il tempo per buttar giù un riassunto della comune teoria da allegare all’articolo di Wallace, così da non perdere la priorità della scoperta. Ci fu dunque un complotto ai danni di Wallace ordito da Darwin, con l’aiuto degli influenti amici Lyell e Hooker? Perché Wallace, famoso in epoca vittoriana, divenne presto una figura marginale, offuscata dall’astro nascente di Darwin? Fu un’emarginazione intenzionale? 
A confutare tutte queste illazioni, degne di un rotocalco di gossip, appare oggi un autorevole studio di James T. Costa, pubblicato dalla Harward University Press, dal titolo: Wallace, Darwin and the Origin of Species. In quest’opera vengono minuziosamente analizzati e confrontati i taccuini naturalistici, le lettere e i testi a stampa dei due scienziati (di Wallace, in particolare, Sarawak Law del 1855 e Ternate paper del 1858) per dimostrare inconfutabilmente l’indipendenza della loro scoperta e la sostanziale correttezza dei loro rapporti. Unico appunto che si può forse fare a Darwin, alla luce non solo della comune scoperta, ma anche delle tante osservazioni scientifiche dell’amico, è che Wallace meritava sicuramente maggiore considerazione nell’Origine delle Specie
Il libro di Costa ha però un secondo merito, forse più grande di quello della semplice confutazione dei maligni pettegolezzi, già in realtà in parte smentiti pubblicamente dallo stesso Wallace nel 1908, in occasione del giubileo della pubblicazione congiunta del 1858. Attraverso puntuali citazioni del taccuino naturalistico di Wallace (per la prima volta pubblicato integralmente e commentato dallo stesso James T. Costa un anno fa, con il titolo On the Organic Law of Change, Harward University Press), emerge per la prima volta l’immagine di un Wallace attentamente concentrato sull’evoluzione del vivente già dieci anni prima della lettura pubblica dell’articolo congiunto (1 luglio 1858). Stimolato dalla lettura di Vestiges of Natural History of Creation (1844) di Robert Chambers, il quale sosteneva l’evoluzione di tutto il creato – dalle prime nebulose al linguaggio umano – Wallace si troverà in totale disaccordo con le tesi antilamarckiane sostenute dal geologo Charles Lyell nel suo Principles of Geology. Si scopre pertanto che le note evoluzionistiche, riportate nel taccuino di Wallace, sono un puntuale tentativo di confutazione del creazionismo fissista inspiegabilmente difeso da Lyell. Una posizione strana in effetti, dato che era stato proprio Lyell il primo a documentare scientificamente la lenta evoluzione del mondo inanimato. Perché invocare successive creazioni del vivente, quando una buona teoria spiegava perfettamente l’evoluzione geologica? Perché invocare la creazione, se i due fenomeni sono interconnessi e correlati?
Ecco dunque che l’interesse critico per l’opera del geologo inglese rende comprensibile l’invio all’amico Darwin del famoso manoscritto sulla Selezione naturale, con allegata la precisa richiesta, qualora ritenuto valido, di inoltrarlo al famoso e per lui irraggiungibile sir Charles Lyell, che sapeva interessato al problema e che avrebbe voluto convincere.
James Costa, con queste due opere di alto profilo scientifico, offre un contributo fondamentale allo studio delle idee evoluzionistiche: infatti, grazie alla puntuale analisi dei testi di Wallace, e in particolare delle interessanti e acute osservazioni presenti nel suo taccuino naturalistico, chiarisce i rapporti personali e scientifici tra i due scienziati e riporta finalmente in piena luce la figura di Alfred Russel Wallace, un naturalista di prima grandezza, che per carattere e per eccesso di modestia, facendo torto a sé stesso, lasciò tutta la ribalta al collega Darwin.
Federico Focher
Riferimenti:
James T. Costa, Wallace, Darwin and the Origin of Species, Harward University Press, 2014, 331 pp, £ 29.95
Alfred Russel Wallace, On the Organic Law of Change, A Facsimile Edition and Annotated Transcription of Alfred Russel Wallace’s Species Notebook of 1855-1859 (J. T. Costa, ed.) Harward University Press, 2013, 640 pp, £ 36.95