60th Palaeontological Association Annual Meeting

Tra il 14 e 17 dicembre passati si è svolto nel campus dell’Università di Lione in Francia il congresso annuale della Palaentological Association. Ecco di cosa si è parlato

Tra il 14 e 17 dicembre passati si è svolto nel campus dell’Università di Lione in Francia il congresso annuale della Palaentological Association (associazione scientifica britannica ma che conta fra i propri iscritti molti paleontologi e biologi evoluzionisti di altri paesi europei e nord-americani). Il primo giorno del congresso si è tenuto un simposio su Assessing palaeoenvironments and palaeobiology through geochemistrydurante il quale ricercatori provenienti da Francia, Spagna, Austria, Germania, USA e Gran Bretagna hanno presentato recenti scoperte e progressi nel campo dell geochimica applicata allo studio di paleoambienti e evoluzione, utilizzando come esempi gruppi come balani, mammiferi carnivori o pterosauri. Nei giorni seguenti si sono invece svolte 12 sessioni di comunicazioni orali, oltre a 2 di poster, su argomenti che spaziavano dagli algoritmi utilizzati per inferenza filogenetica, a nuove scoperte di fossili della Burgess Shale, alla biomeccanica dei dinosauri. Dato lalto numero di presentazioni, ed il fatto che alcune delle sessioni erano in parallelo, questo che segue è necessariamente un report molto parziale, ma probabilmente sufficiente a dare una idea della diversità degli argomenti trattati.

Il primo giorno Rachel Warnock (ETH Zurigo) ha presentato un nuovo modello di orologio molecolare per la inferenza dei tempi di diversificazione di filogenesi utilizzando dataset combinati di sequenza molecolari e dati morfologici per organismi attuali e fossili, insieme alla stima dei tassi di estinzione e speciazione (A fossilized birth-death model for the reliable estimation of speciation and extinction rates). Questa è una area di ricerca molto attiva e negli ultimi anni sono stati sviluppati diversi nuovi modelli che permettono di generare filogenesi calibrate temporalmente utilizzando dataset misti (con specie viventi ed estinte). Il nuovo modello presentato da Warnock e colleghi a differenza di quelli attualmente disponibili incorpora il maniera esplicita anche informazione stratigrafica, e dovrebbe essere presto disponibile in alcuni dei programmi di inferenza filogenetica più popolari, come RevBayes.

David Bond (University of Hull) ha discusso recenti sviluppi nello studio delle estinzioni di massa (Mass extinctions: towards an understanding of how, why and when ecosystems collapse), unargomento molto attuale dato lo stress al quale sono sottoposti al momento molti ecosistemi. Bond ha ricordato che oltre alle 5 big extinctions, le principali estinzioni di massa che tendono a ricevere la maggior parte dellattenzione, come la estinzione al termine del Permiano e quella alla fine del Cretaceo, il record paleontologico rivela molti altri eventi responsabili per perdite massicce di biodiversità. Seguendo lo schema introdotto in un recente articolo di review (Bond & Grasby 2016, Palaeogeography, Palaeoclimatology, Palaeoecology), Bond ha illustrato i principali Kill Mechanisms ritenuti responsabili delle 20 principali estinzioni identificate nel record fossile, come anossia e/o aumento dellacidificazione degli oceani, stress termico dovuto a riscaldamento climatico, accumulo di mercurio nellambiente, piogge acide e aumento di radiazioni UV dovute a danneggiamento dello strato di ozono. La sua conclusione è che la maggior parte delle estinzioni sembrano collegate alle Large Igneous Province (LIP), accumuli di rocce magmatiche dovute a fenomeni massicci di eruzione. Lunica eccezione a questo pattern sembra essere lestinzione al termine del Cretaceo (evento KPg), probabilmente dovuta principalmente allimpatto di un bolide extraterrestre. Bond ha ipotizzato che il fatto che lultima estinzione di massa sia avvenuta circa 66 milioni di anni fa e abbia avuto una causa scatenante diversa dalle altre (bolide extraterrestre, anche se forse in combinazione con LIP, invece che esclusivamente LIP) potrebbe essere dovuto alla frammentazione di Pangea. Tutte le altre estinzioni di massa infatti si sono verificate mentre i continenti attuale erano, almeno in parte, uniti in un supercontinente. La frammentazione di Pangea, e in seguito dei suoi componenti come Gondwana, conclusasi nel tardo Mesozoico, potrebbe aver creato condizioni mitiganti che hanno prevenuto laccumulo delle condizioni scatenanti estinzioni di massa.

Joachim Haug (LMU Munich) ha discusso recenti progressi nello studio delle forme larvali fossilizzati di molti gruppi di invertebrati marini, e ha illustrato come questi fossili potrebbero rivoluzionare molti aspetti della paleontologia (Why we are looking at the wrong phase of life palaeontology beyond the adult paradigm). Utilizzando una serie di stupende preparazioni paleontologiche Haug ha ricordato come in molti gruppi di invertebrati gli adulti ad esempio rappresentano una fase molto breve del ciclo vitale e talvolta non possono nemmeno nutrirsi (un esempio classico sono le cicale). In questi casi basare ipotesi sulla loro evoluzione solamente sui fossili di adulti porterebbe inevitabilmente a conclusioni errate. Haug ha concluso la sua presentazioni illustrando come le larve di molti invertebrati marini, specialmente artropodi, possono essere identificate nel record fossile e ha esortato gli altri paleontologi presenti a cercarle nei materiali che esamineranno in futuro.

Joanna Wolfe (MIT Cambridge) ha discusso alcuni dei problemi principali nellutilizzo di dataset molecolari di grandi dimensioni (filogenomici) per ricostruire filogenesi datate utilizzando due esempi molto diversi tra loro: gli artropodi, che hanno unottimo record fossile, e i batteri, per i quali esistono pochissimi fossili che possono essere utilizzati come calibrazioni (The importance of fossils in dating the Tree of Life: from exceptional preservation to complete absence). Utilizzando gli artropodi, un gruppo con moltissimi fossili ma oltre 1 milione di specie viventi attualmente descritte e probabilmente svariati milioni che aspettano un nome scientifico, Wolfe ha illustrato alcune delle difficoltà nel ricostruire accuratamente alberi filogenetici quando il numero di specie incorporate nellanalisi è necessariamente molto piccolo. In questi casi approcci basati sul tip-dating, come quello descritto in precedenza da Rachel Warnock, potrebbero essere suscettibili ad errori sistematici e risultare in età eccessivamente vecchie. Nel caso dei batteri invece il numero di specieattuali è probabilmente molto minore, ma letà estremamente antica del gruppo (miliardi di anni, invece di centinaia di milioni, come nel caso degli artropodi) e la quasi completa assenza di fossili che possono essere utilizzati in maniera affidabile nello stabilire età minime per alcuni gruppi nella filogenesi rappresentano altri tipi di ostacoli. In passato ricercatori normalmente si basavano su altri tipi di dati, come eventi di cospeciazione fra ospiti ed endosimbionti, per stabilire le età minime di alcuni gruppi di batteri. Wolfe e colleghi stanno sviluppando nuovi approcci per stabilire le età minime di alcuni gruppi utilizzando ad esempio i transfer orizzontali di geni fra diversi gruppi batterici. Questa rimane unarea molto attiva di ricerca, ma i primi risultati in gruppi-campione sembrano produrre età compatibili con stime ottenute in precedenza utilizzando eventi di co-evoluzioni fra ospiti ed endosimbionti.

Richard Butler (University of Birmingham) ha presentato i risultati di una ricerca sullaumento del tasso di globalizzazione delle faune che sopravvivono estinzioni di massa (Mass extinctions as drivers of increased faunal cosmopolitanism on the supercontinent Pangaea). Diverse estinzioni di massa hanno avuto un ruolo importante nel riorganizzare gli ecosistemi terrestri, permettendo ai gruppi che riescono a sopravvivere di ripopolare ambienti spesso poveri di potenziali predatori o competitori. Inoltre durante lesistenza del supercontinente Pangea la presenza di poche barriere alla dispersione di organismi terrestri avrebbe dovuto facilitare la creazione di una fauna cosmopolita. Per testare questa ipotesi Butler e collaboratori hanno investigato lestinzione di massa permiana, che ha visto la scomparsa di molti gruppi di sinapsidi e ha permesso la radiazione dei rettili arcosauri (gli antenati di coccodrilli, dinosauri ed uccelli) nel Triassico. Butler e colleghi hanno generato un dataset di quasi 2300 occorrenze biogeografiche per 890 specie di fossili permiani e triassici utilizzando il Paleobiology Database, il principale database elettronico per fossili. I risultati supportano lipotesi che dopo una estinzione di massa la fauna dovrebbe mostrare elementi di cosmopolitanismo, in quanto i gruppi sopravvissuti tendono ad espandere il loro areale. Questo risultato è evidente anche per la seguente estinzione al termine del Triassico, con la prima fase del Giurassico dominata da gruppi cosmopoliti.

Graeme Lloyd (University of Leeds) ha utilizzato un supertree dei dinosauri – una filogenesi generata unendo alberi filogenetici prodotti da analisi precedenti di dataset ridotti – per investigate se i dinosauri erano in declino verso la fine del Cretaceo, prima della estinzione dei dinosauri non-aviani al limite KPg (Phylogenetic diversity as a palaeobiodiversity metric: new evidence for a Cretaceous decline in Mesozoic dinosaurs). Questo nuovo supertree include 960 specie di dinosauri, e mostra unaumento della diversità filogenetica dei dinosauri per i primi 2/3 della loro storia evolutiva, seguita da unapparente  declino durante il Cretaceo. Tuttavia un numero di test per verificare la robustezza di questi risultati indica che il declino dei dinosauri osservato in questo studio potrebbe essere semplicemente dovuto ad un bias statistico causato dal fatto che questa filogenesi non include tutti i dinosauri conosciuti (e sicuramente molte specie rimangono ancora da descrivere). Infatti eliminando dallanalisi i gruppi cretacei e ripetendo lanalisi, diviene evidente un declino verso la fine del Giurassico che non veniva osservato nel corso dellanalisi dellalbero completo. Lutilizzo di accorgimenti statistici volti a contrastare il campionamento tassonomico incompleto permettete di escludere un declino della diversità globale dei dinosauri durante in Cretaceo, anche se alcuni gruppi di dinosauri, come gli ornitischi, probabilmente erano veramente in declino. Questo studio illustra sia come nuovi approcci filogenetici possono rivoluzionare la nostra comprensione della dinamica evolutiva anche in gruppi estinti, sia il bisogno di utilizzare cautela nellutilizzo di modelli evolutivi semplificati, specialmente in assenza di test statistici necessari per verificare o escludere la presenza di bias nel campionamento. 

Gli abstract delle presentazioni sono disponibili sul sito del congressomentre i video di alcune delle presentazioni si trovano su Youtube, nel canale di Palaeocast.