Al via le attività del National Biodiversity Future Centre, il primo centro nazionale italiano per la biodiversità

Dopo una articolata fase di istituzione, è stato costituito il primo centro nazionale per lo studio e la conservazione della biodiversità

Tra siccità, guerra ed elezioni non è sicuramente facile per i media dare spazio a tutte le notizie interessanti, ma il 26 giugno 2022 potrebbe essere invece una data importante per la biodiversità. Con la firma dell’atto costitutivo, ha preso ufficialmente il via un ambizioso progetto, coordinato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, che mira a mettere in campo la più poderosa iniziativa di ricerca e innovazione sulla biodiversità mai tentata in Italia. Il National Biodiversity Future Centre (NBFC), questa è la denominazione scelta per il primo centro nazionale sulla biodiversità, raggrupperà infatti oltre 1300 ricercatori provenienti da 48 università ed enti che studieranno diversi aspetti della biodiversità terrestre e marina, potendo contare su un finanziamento pari a oltre 320 milioni di euro per il triennio 2023-2025. A questo ampio gruppo di ricercatori, se ne potranno poi aggiungere qualche centinaio grazie alle nuove assunzioni, che il progetto renderà possibile.

La biodiversità è alla base del funzionamento di tutti gli ecosistemi e dai servizi ecosistemici deriva anche la nostra salute, oltre che la possibilità di avere produzioni alimentari adeguate. Come abbiamo più volte segnalato anche su Pikaia (qui e qui alcuni esempi), la perdita di biodiversità registrata negli ultimi due decenni procede a una velocità decisamente importante, motivo per cui è essenziale mettere in atto progetti per monitorare e conservare le specie oggi presenti. In Italia, ad esempio, il 45% delle specie animali e quasi il 55% delle specie vegetali sono a rischio di estinzione a causa di fattori antropici e ambientali connessi al riscaldamento globale.

“L’elevato tasso di estinzione di specie, abbinato alla perdita e frammentazione di ambienti critici, come la macchia mediterranea in ambito terrestre e le praterie di fanerogame in ambito marino, sono fenomeni irrecuperabili e hanno un impatto devastante anche sulle risorse naturali e i cicli degli elementi – ha commentato la Presidentessa del Cnr Maria Chiara Carrozza. Questi fattori minano l’efficacia dei servizi ecosistemici fondamentali per la resilienza degli ecosistemi e per il benessere dell’uomo”. 

Il neonato NBFC sarà quindi attivo per monitorare, preservare e ripristinare la biodiversità negli ecosistemi marini, terrestri e urbani della Penisola, oltre che per realizzare attività di valorizzazione della biodiversità così da renderla un elemento centrale su cui fondare uno sviluppo sostenibile. A questi due importanti obiettivi se ne aggiungono altri due che sono particolarmente interessanti: il primo è legato alla formazione di una nuova classe di ricercatori con competenze multidisciplinari capaci di affrontare temi complessi come quello dell’ambiente e della biodiversità, mentre l’altro è legato alla valorizzazione dei musei e delle collezioni naturalistiche come strumenti fondamentali per creare nella società civile consapevolezza e partecipazione nei confronti della tutela e valorizzazione della biodiversità.

Moltissime unità di ricerca attive nel NBFC hanno indicato come centrale il ruolo dei musei e delle collezioni per lo studio della biodiversità, ma l’aspetto più interessante è che le attività di uno dei nodi (il centro è organizzato in un hub centrale e 8 spoke/nodi tematici) saranno focalizzate primariamente sul tema comunicazione e musei.

Come recentemente suggerito dall’ottimo articolo intitolato Reconnecting research and natural history museums in Italy and the need of a national collection biorepository e pubblicato da Franco Andreone, Ferdinando Boero, Marco A. Bologna, Giuseppe M. Carpaneto, Riccardo Castiglia, Spartaco Gippoliti, Bruno Massa e Alessandro Minelli nella rivista scientifica internazionale Zookeys, la costituzione del National Biodiversity Future Center può facilitare l’interconnessione tra i musei di storia naturale esistenti e favorire la costituzione di un biorepository centralizzato per ospitare collezioni e voucher, a beneficio della ricerca tassonomica attuale e futura.

“Il sistema museale esistentesuggeriscono Andreone e colleghidovrebbe lavorare in modo coordinato per sviluppare una rete di istituzioni, con un’interazione che includa dai musei più grandi a quelli più piccoli, fornendo risorse e strutture condivise. In particolare, un centro di ricerca centralizzato potrebbe coordinare le attività di ricerca guidate dai musei italiani, fornendo strumenti che attualmente mancano. Questo supporto tecnologico potrebbe consentire la realizzazione di un vero e proprio hub con interconnessioni efficienti tra i musei esistenti oggi gestiti da istituzioni e amministrazioni disparate”.

Oltre al Cnr, il centro nazionale vede la partecipazione di numerosi enti, come l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale, la Stazione Zoologica Anton Dohrn, il Politecnico di Milano, l’Università degli Studi del Molise, l’Università degli Studi della Tuscia, l’Università degli Studi di Firenze, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, l’Università degli Studi di Napoli Federico II, l’Università degli Studi di Palermo, l’Università degli Studi di Pavia, l’Università degli Studi di Roma La Sapienza, l’Università degli Studi di Sassari, l’Università degli Studi di Salerno, l’Università degli Studi di Siena, l’Università degli Studi di Udine, l’Università degli Studi di Verona, l’Università degli Studi Roma Tre, l’Università del Salento, l’Università di Bologna. l’Università di Genova, l’Università di Padova, l’Università Politecnica delle Marche, l’Università di Torino, Aboca SPA Società Agricola, CINECA, CMCC – Centro euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici, CORILA, CREA Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, Dompé farmaceutici S.p.A., ENEA, ENEL, ERSAF – Ente di Ricerca Scientifica ed Alta Formazione, Fondazione CIMA – Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale, Fondazione Edmund Mach di San Michele all’Adige, Fondazione IMC Centro Marino Internazionale ONLUS, Fondazione Ri.MED, FS Sistemi Urbani, HUMANITAS UNIVERSITY, Infrastrutture S.p.A., Innomed srl, l’Istituto Italiano di Tecnologia, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, Novamont S.p.A., l’Università Campus Bio-Medico di Roma, la Scuola Superiore di Studi Universitari e di Perfezionamento Sant’Anna e l’Università Cattolica del Sacro Cuore.