Albero o rete della vita?

L’articolo Evolution: Charles Darwin was wrong about the tree of life, del The Guardian, porta al grande pubblico una questione che da tempo aleggiava tra i sistematici. Per quanto ancora rappresenteremo la vita come un albero? La rappresentazione degli “esseri” è parte dell’ontologia ed ha una storia filosofica antica. Nell’antichità classica e nel medioevo vi era l’immagine della scala naturae, secondo

L’articolo Evolution: Charles Darwin was wrong about the tree of life, del The Guardian, porta al grande pubblico una questione che da tempo aleggiava tra i sistematici. Per quanto ancora rappresenteremo la vita come un albero?
 
La rappresentazione degli “esseri” è parte dell’ontologia ed ha una storia filosofica antica. Nell’antichità classica e nel medioevo vi era l’immagine della scala naturae, secondo cui ogni oggetto naturale esistente era rappresentabile come gradino di una scala che andava dall’inferiore al superiore, dalla materia inanimata, all’uomo, al divino. Poi dal medioevo al rinascimento, la scala naturae subì una trasformazione concettuale e divenne la “grande catena dell’essere”, infatti i gradini non erano poi così assoluti e quindi vi erano forme intermedie – spirituali – di collegamento di ogni essere con un altro (l’uomo era l’anello di congiunzione del creato con il divino). Infine, dopo l’illuminismo, il supernaturalismo, fece posto al naturalismo nelle varie scienze, e soprattutto nella roccaforte del vitalismo, le scienze biologiche.

E così a metà dell’ottocento fece a sua comparsa una nuova immagine dell’essere. L’immagine dell’albero come rappresentazione trovò la sua applicazione più vasta nelle scienze biologiche. Nel 1859, Darwin usò un solo diagramma ad albero nell’Origin, del tutto teorico, che usò per illustrare diversi esempi. L’uso moderno risiede negli scritti del linguista August Schleicher (1821 – 1868), in cui, per la prima volta (1861), si usava un diagramma ad albero per illustrare l’origine delle lingue. L’immagine fu poi usata da Ernst Haeckel, nel 1866, per rappresentare quello che oggi indichiamo “albero della vita”.

E se l’immagine dell’albero fosse una semplificazione eccessiva, tanto quanto lo erano la scala naturae e la “grande catena dell’essere” rispetto all’albero della vita? O meglio, se l’albero della vita non fosse un “albero”, bensì una rete? La differenza non sarebbe ovviamente puramente estetica ma soprattutto sostanziale. L’immagine della rete della vita infatti implica che l’ibridazione (con prole fertile) sia molto più comune di quello che non si sospettasse in precedenza. Eric Bapteste, biologo evoluzionista dell’Universite Pierre & Marie Curie di Parigi, ha dichiarato al New Scientist che “Non c’è alcuna evidenza che l’albero della vita sia la realtà”. Similmente, Michael Rose dell’University of California – Irvine, ha dichiarato “l’albero della vita sta per essere gentilmente seppellito”. Se queste affermazioni sembrano esagerate, è invece realtà l’esistenza del il trasferimento genetico orizzontale tra batteri, così come il crescente numero di casi documentati di ibridazione tra piante e animali.

Dopo tutto gli studi che furono condotti negli anni ’70 da Lynn Margulis, arrivarono a dimostrare la teoria endosimbiotica dell’origine degli eucarioti. Da allora, l’albero della vita presenta alcuni rami batterici ritorti verso quelli di piante e animali, a rappresentare l’ingresso stabile di batteri entro le cellule degli antenati degli eucarioti attuali. Per ora la teoria endosimbiotica è stata confermata per organelli quali cloroplasti e mitocondri, in quanto è stata dimostrato il trasferimento di materiale genetico tra organelli e nucleo. Tuttavia Margulis pensa che ci sia ancora molto da scoprire sull’origine di nucleo, flagelli, centrioli, perossisomi etc., caratteri tutti teoricamente riconducibili ad antiche endosimbiosi.

Inoltre il biologo marino britannico Donald Williamson, nel corso degli anni ’90 propose una controversa teoria sul legame tra ontogenesi e filogenesi: la teoria del trasferimento larvale. Secondo questa teoria le forme larvali di molti animali (e quindi il loro set genico) non si sarebbero originate necessariamente all’interno della linea filogenetica alla quale appartengono gli adulti, le cui forme differiscono in modo drammatico dalla larve, bensì potrebbero essere state trasferite da una linea all’altra per ibridazione. Le forme larvali sarebbero state quindi gli individui adulti di antiche linee filogenetiche ora entrate (in qualche modo resuscitando la versione “forte” della teoria della ricapitolazione).

La cladistica è in grado di produrre ipotesi filogenetiche, rappresentandole come diagrammi ad albero. Nei casi di ibridazione le cose possono complicarsi e oggi si stanno studiando metodi per analizzare sistemi misti ad albero e rete. Il problema della rappresentazione della filogenesi come albero e/o rete rimanda quindi alla teorie dell’informazione in cui si possono rappresentare sistemi di informazione come alberi con una gerarchia o come reti.

Finora l’immagine dell’albero ha resistito e si è dimostrata fruttuosa. L’immagine della rete potrebbe essere solo riferita ad una parte dell’albero (endosimbiosi, trasferimento genetico orizzontale nei batteri etc.) e quindi essere secondaria. Se invece la teoria endosimbiotica fosse estesa, se la teoria del trasferimento larvale fosse confermata, se il trasferimento genetico orizzontale fosse avvenuto grazie a batteri anche in altre specie, avremmo la nuova immagine dell’evoluzione e quindi della biologia.

Giorgio Tarditi Spagnoli

La prima immagine raffigura la rete della vita, la seconda l’albero della vita.