Alla scoperta del genoma del panda

Il genoma nucleare del panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) è stato completamente sequenziato, ecco cosa stiamo imparando

L’ultima fascicolo della rivista Nature pubblica un articolo relativo al completo sequenziamento del genoma nucleare del panda gigante (Ailuropoda melanoleuca) aprendo nuove prospettive per capire meglio da un lato l’evoluzione di questo animale tanto amato dai bambini e che occupa una interessante posizione filogenetica e dall’altro per capire le basi molecolari della sua insolita dieta e dei suoi ridotti tassi di fecondità.

I dati presentati al momento riguardano la struttura del genoma e qualche approfondimento su specifiche famiglie di geni, ma le sorprese non mancano. Il genoma del panda presenta 21.000 geni, di cui circa 2.500 sono specifici del panda, mentre 18.500 sono simili (ortologhi) a geni identificati in almeno due genomi tra uomo, topo e cane, usati come raffronto. Un aspetto interessante è che oltre il 90% del genoma del panda è dato da regioni altamente conservate per struttura e sequenza tra il panda maggiore ed il nostro genoma e quello del cane. Il genoma del panda contiene inoltre numerosi elementi genetici mobili che vanno a costituire circa il 36% del genoma, a confermare come questi elementi abbiano inciso significativamente sull’aumento di dimensioni del genoma animale (che nell’uomo costituiscono oltre il 40% del genoma). Analizzando invece l’arricchimento del genoma del panda e la perdita di geni rispetto all’ancestore comune tra cane, panda, uomo e topo, colpisce il fatto che il genoma del panda sia stato più frequentemente interessato da processi di erosione piuttosto che di amplificazione di geni rispetto agli altri tre modelli. Questo aspetto è molto interessante poiché ribadisce che la perdita di geni (e quindi di funzioni) potrebbe avere giocato un ruolo molto importante nell’evoluzione dei viventi, la cui specializzazione potrebbe non tanto derivare dall’acquisizione di geni nuovi quanto dall’erosione del genoma e dalla perdita di alcune capacità (tra cui recettoriali e metaboliche).

Tra gli aspetti peculiari emersi da segnalare sicuramente i risultati relativi alle capacità metaboliche del panda. La ricerca di geni codificanti per enzimi implicati nella digestione ha mostrato infatti che il panda presenta un set di geni tipicamente da carnivoro, mentre manca di questi geni che dovrebbero essere presenti sulla base di una dieta da erbivoro. Questo indica quindi che la dieta del panda non si basa tanto sulle sue capacità metaboliche, quanto su quelle di simbionti che permettono al panda di avere una dieta da erbivoro pur avendo un genoma da carnivoro. Questo aspetto ribadisce ulteriormente l’importanza della simbiosi nell’evoluzione dei viventi (come recentemente segnalato in altri articoli di Pikaia).

Da un punto di vista gustativo, il panda mancherebbe invece del quinto gusto ovvero dell’umami. L’umami è uno dei cinque gusti fondamentali percepiti dalle cellule recettrici specializzate presenti, ad esempio, nel cavo orale umano. In lingua giapponese significa “saporito” e indica per la precisione il sapore di glutammato, che è particolarmente presente in cibi come la carne, il formaggio stagionato ed altri alimenti ricchi di proteine. Il panda presenta mutazioni nei due geni che sarebbero alla base della recezione dell’umami ad indicare che questa capacità potrebbe essere compromessa nel panda spingendo il panda verso scelte alimentari diverse dalla carne. Non sono state invece trovate basi molecolari chiare per la ridotta fecondità di questo magnifico animale per cui altri studi dovranno essere condotti per capirne le cause.

Un ultimo aspetto di interesse riguarda il fatto che il panda sembrerebbe avere un elevato livello di eterozigosità (ovvero di differenze tra gli alleli materni e paterni) ad indicare la possibilità che questa specie, sebbene rappresentata da un numero ridotto di esemplari (gli autori riportano una stima di 2500-3000 esemplari), abbia una discreta variabilità genetica, condizione necessaria per ritardarne l’estinzione. Questa conclusione non è al momento ben supportata da dati per cui ulteriori esperimenti dovranno essere fatti a questo proposito.

Agli aspetti di contenuto del genoma, si affianca un ultimo elemento di interesse, forse più specialistico, ma che rappresenta un elemento di forte novità di questo genoma rispetto agli altri sinora sequenziati. Il genoma del panda gigante è stato infatti sequenziato avvalendosi non del metodo di Sanger (o metodo della terminazione di catena), ma delle nuove tecnologie di sequenziamento massivo messe a punto negli ultimi anni. Queste nuove tecnologie permettono di sequenziare un genoma in modo estremamente più veloce ed economico rispetto alla tecnologia precedente, ma hanno lo svantaggio di portare ad avere come risultato numerosissime sequenze di ridotte dimensioni e questa caratteristica sembrava rendere queste nuove metodologie poco adatte al sequeziamento di genomi di grandi dimensioni. Al contrario, il genoma del panda gigante è stata interamente realizzato con queste nuove metodiche rendendo questo progetto pioneristico e di assoluto interesse per tutti coloro che sono interessati a sequenziare genomi. Questo lavoro mostra infatti come il sequenziamento di genomi completi possa avere costi enormemente più bassi rispetto a quanto era negli scorsi anno facendo si che un genoma possa essere sequenziato nei prossimi anni con meno di 50.000 euro per genoma. Al momento sicuramente il genoma ottenuto conterrà errori che andranno risolti con metodi diversi e dovrà essere accuratamente controllato ed annotato (come per altro accaduto a tutti i progetti genoma sinora realizzati, uomo compreso) però è già un ottimo risultato per la comunità scientifica poter disporre di questa solida base di partenza.

Riferimenti:
Ruiqiang Li et al. (2010) The sequence and de novo assembly of the giant panda genome. Nature 463: 311-317.

Immagine: Pubblico dominio via PxHere