Animali (con genomi) fantastici

Pubblicato sulla rivista Nature il genoma del cavalluccio marino. Ha perso la pinna caudale e i denti e incuba le uova anche se maschio, il progetto genoma del cavalluccio cerca di fare luce su quei pesci così unici

Il cavalluccio marino (qui una descrizione da Radio3Scienza) è indubbiamente uno dei pesci più insoliti. Ad una anatomia decisamente particolare (ad esempio mancano la pinna caudale e i denti e lo sviluppo corporeo è verticale) abbina diverse peculiarità etologiche, tra cui la cura delle uova da parte paterna. Nel cavalluccio infatti le uova vengono letteralmente fecondate e incubate all’interno di una sacca presente sull’addome del maschio e alla nascita gli avannotti vengono rilasciati con una contrazione che ha portato molti ricercatori a definire questa insolita cura parentale come gravidanza maschile.

Come apparso in molte riviste e trasmissioni (qui la puntata di Radio3Scienza, il gruppo di ricerca  coordinato dal genetista Byrappa Venkatesh ha pubblicato sulla rivista Nature i primi dati sulla struttura del genoma del cavalluccio marino Hippocampus comes evidenziando alcune interessanti differenze rispetto a quanto osservato in altri pesci.

Il dato più interessante riguarda sicuramente l’assenza del gene tbx4 che codifica un fattore di trascrizione che regola lo sviluppo degli arti posteriori negli animali con zampe e della pinna caudale nei pesci. In questo caso gli autori non si sono limitati a supporre che l’assenza di questo gene possa essere la causa molecolare dell’assenza della pinna caudale nel cavalluccio, ma hanno fatto una verifica sperimentale. Avvalendosi della tecnica di editing genomico CRISPR, il gruppo di ricerca coordinato a Venkatesh ha indotto mutazioni nel gene tbx4 di esemplari zebrafish così da inattivarlo. La conseguenza è stata il mancato sviluppo della pinna caudale anche in un pesce che normalmente ha una ben evidente pinna caudale. Il cavalluccio non è l’unico pesce ad avere “perso” la coda, dato che un risultato simile è riportato anche nello spinarello e nei pesci palla, ma è sorprendente notare che in questi tre casi le basi molecolari sono completamente diverse in quanto coinvolgono geni diversi.

A fronte di geni persi, vi è anche l’acquisizione di nuovi geni o di copie supplementari di alcuni geni. Il gene C6AST è noto in diversi pesci in cui codifica un enzima necessario per la schiusa delle uova. Contrariamente alla maggior parte dei pesci che presenta una sola copia di questo gene, nel genoma del cavalluccio marino ne sono presenti ben 6 copie e 5 di queste sono altamente espresse nei maschi a livello della sacca in cui vengono incubate le uova. Questo dato ha spinto gli autori a suggerire che l’amplificazione di questi geni sia implicata nell’evoluzione della gravidanza maschile. Sebbene questo sia un dato interessante, i geni C6AST sono molto più probabilmente implicati nella schiusa delle uova (che avviene nella tasca incubatrice del maschio) e spiega perché dalla tasca fuoriescano direttamente gli avannotti e non come si è evoluta la gravidanza maschile. Una conferma di questa lettura dei dati pubblicati la si può trovare in un comune pesce di acquario (il platy) in cui le femmine sono vivipare e nel loro genoma è presente una amplificazione del tutto simile a suggerire che l’amplificazione di questi geni siano una forma di coevoluzione verso la viviparità.

Un altro elemento di interesse, sebbene ancora da studiare, è legato al fatto che nel genoma del cavalluccio sono presenti numerosissime regioni regolative (piccole sequenze di DNA in grado di modulare l’espressione genica agendo come enhancer) con sequenza mutata rispetto a quanto accade in molti altri pesci in cui queste sequenze sono conservate. Gli autori suggeriscono che ci siano oltre 700 geni la cui espressione potrebbe essere modificata da tali mutazioni e vista l’ampia gamma di funzioni in cui i geni identificati sono coinvolti (tra cui sviluppo, organogenesi e formazione scheletro), le mutazioni nelle regioni regolative potrebbero spiegare l’inusuale morfologia del cavalluccio. Come suggeriva Jacob, l’evoluzione non lavora come un ingegnere che progetta oggetti nuovi costruendo parti nuove, ma agisce come un bricoleur che utilizza quello che ha per fare oggetti diversi (ne ha parlato anche il nostro direttore in una recente conferenza TEDxCaFoscariU)

Dal 1998, anno del sequenziamento del primo genoma animale appartenente al nematodoe Caenorhabditis elegans, ad oggi sono oltre 700 i genomi animali completamenti sequenziati e disponibili in banca date, quali Genbank. Questa grande mole di dati è però solamente una piccola parte dell’enorme base di dati genomici che sarà presente nei prossimi anni. Basti pensare a progetti come G10K, che porterà ad avere il genoma di 10.000 specie di vertebrati, e B10K che mira a sequenziare il genoma di 10.000 specie di uccelli. Quella che avremo quindi a nostra disposizione sarà una vera e propria “arca di Noè” genomica tramite cui studiare l’evoluzione dei viventi con un dettaglio immaginabile anche solamente  dieci anni fa.

Quello che non si può mancare di osservare è che tutti i dati genomici pubblicati forniscono un enorme (sia per mole di dati che per rilevanza) supporto della teoria dell’evoluzione. In ogni genoma troviamo sempre il ripetersi delle stesse regole tipiche dei processi evolutivi (geni persi, geni acquisiti, geni modificati). Nell’Origine delle specie Darwin scriveva: “Quando non guarderemo più gli esseri viventi come un selvaggio guarda un bastimento, cioè come si guarda qualcosa che trascende completamente la comprensione, quando contempleremo ogni prodotto della natura considerandolo come qualcosa che abbia una storia (…), quanto (parlo per esperienza) diventerà più interessante lo studio della storia naturale” … e noi oggi, grazie alla genomica, siamo ogni giorno che passa un po’ meno selvaggi che si incantano a guardare le navi che passano.