Cambiano i predatori, si modificano i comportamenti

Molte specie di primati, quando riconoscono il pericolo rappresentato da un predatore, emettono rumorosi richiami di allarme e si danno alla fuga immediata. Una condizione necessaria perchè si verifichi questo comportamento è che la specie in questione riconosca il potenziale predatore come tale.   Il rinopiteco di Pagai (Simias concolor), ad esempio, non risponde mettendo in atto comportamenti antipredatori quando

Molte specie di primati, quando riconoscono il pericolo rappresentato da un predatore, emettono rumorosi richiami di allarme e si danno alla fuga immediata. Una condizione necessaria perchè si verifichi questo comportamento è che la specie in questione riconosca il potenziale predatore come tale.

 

Il rinopiteco di Pagai (Simias concolor), ad esempio, non risponde mettendo in atto comportamenti antipredatori quando sente i ruggiti di alcuni grandi felini, che scatenerebbero il panico di altre specie affini. Alcuni ricercatori del German Primate Center  di Göttingen hanno proposto a diversi gruppi di rinopiteco, mentre si trovavano in fase di foraggiamento sugli alberi, richiami e ruggiti sia di tigri che di leopardi, senza che nessun individuo scappasse o emettesse richiamo d’allarme. Al contrario, al suono della voce umana nella lingua locale, le scimmie si dileguavano in meno di un secondo!

 

La spiegazione di un tale comportamento è semplice: i grandi felini, come tigri e leopardi, non abitano nelle foreste delle isole Mentawai, unico luogo che ormai protegge i rinopiteci di Pagai, da circa mezzo milione di anni, mentre le popolazioni umane locali sono solite cacciare queste scimmie per scopi alimentari. La pressione selettiva che provocava il comportamento antipredatorio è passata dunque dalle zanne dei felini alle mani degli uomini.

 

Questa ricerca, pubblicata sulla rivista Ethology, esemplifica bene come possono cambiare i comportamenti degli animali quando le pressioni selettive si modificano.

 

Andrea Romano

 

La foto è tratta da Wikimedia Commons.