Carnevale della Biodiversità – Alieni tra noi

La copertina di una parata come questa, ospitata per giunta qui tra le erbette, non poteva essere diversa da questa: un feroce trifide invasore (o invadente) che minaccia l’uomo ed il suo pianeta. Avrà anche un’anima verde, ma spaventa come tutto ciò che è ignoto. Ogni carnevale vanta, oltre ai coriandoli ed alle stelle filanti, una sua sfilata variopinta di

La copertina di una parata come questa, ospitata per giunta qui tra le erbette, non poteva essere diversa da questa: un feroce trifide invasore (o invadente) che minaccia l’uomo ed il suo pianeta. Avrà anche un’anima verde, ma spaventa come tutto ciò che è ignoto. Ogni carnevale vanta, oltre ai coriandoli ed alle stelle filanti, una sua sfilata variopinta di carri più o meno allegorici e mettendo mano alla cartapesta di parole quasi tutti i partecipanti hanno pescato nell’immaginario fantascientifico per raccontare storie di alieni ed alienazioni negli ecosistemi che ci circondano. Anzi, negli ecosistemi di cui l’uomo fa parte integrante ed attiva, in qualche modo. La parata è fastosa e festosa ma non vacua e come ogni sfilata allegorica offre più piani di lettura che superano il semplice aspetto ludico ed estetico. I carri ospitano figure di alieni da altri tempi ed altri pianeti, di alieni nelle forme e nei costumi, di alieni nel piatto e nel fosso e relative conseguenze. Non ultimo, ricordano il ruolo dell’uomo rispetto al tema centrale delle “specie aliene”, al punto che non mi stupirebbe se qualcuno, vedendo sparire l’ultimo carro della parata dietro la curva in fondo al viale,  pensasse che questi extraterrestri sono in realtà il frutto della mente o del lavoro dell’uomo, più che della natura e del suo divenire continuo e bizzarro.

La street parade dedicata ad alieni e biodiversità si apre in musica, con un carro in piena tradizione brasiliana, di quelli affollati di ballerini agitati dal ritmo di samba. Il sound però è dato da reggae e calypso ed il corpo danzante è composto dalle 67 specie estinte (su 76) di mammiferi terrestri un tempo endemici delle isole caraibiche. Il travestimento carnascialesco scelto da Lisa dell’Orologiaio miope, sebbene il tema sia per nulla allegro, è completato da un anfitrione i cui modi devono molto a Melville ma esperto non in balene ma in bradipi di ogni taglia, testimone in passato di un’invasione aliena giunta dal mare. Dato che nell’effluvio creativo e nella carnascielasca confusuione c’è il rischio serio di perdersi, dopo una partenza pirotecnica occorre dare qualche definizione precisa. Ci pensa Paperfishbiology a spiegare cosa si intende per alloctono e quali differenze misurabili esistano dal punto di vista ecologico tra una specie aliena invasiva ed una semplice new entry.

E delle conseguenze non solo ambientali ma anche umane e sociali di un’invasione aliena su un ecosistema chiuso ne parla Mahengechromis, che declina i noti problemi ittici del Lago Vittoria con le capacità di riequilibrio del sistema. I ciclidi, dapprima sfrattati dalla perca del Nilo, stanno apparentemente tornando, sebbene i costi pagati per questo incubo di Darwin difficilmente pareggeranno i danni alla biodiversità ed alle persone che abitabno le sponde di quel grande lago africano.

Il carro successivo segue al traino questo concetto, espandendolo al largo del Canale di Suez ed osservandolo dal punto di vista dell’ecosistema invaso: quali condizioni ostacolano l’invasione di specie viventi da un ecosistema all’altro? Ed al netto dei particolarisimi locali qual’è la risultante totale sulla biodiversità dello spostamento ? E quali risposte dovrebbe dare l’uomo anche alla luce della Conciliation biology dei suoi propositi predittivi, a fronte di spostamenti che non sono esclusivamente negativi dal punto di vista ambientale, ma anche utilitaristici? Il carro di Leucophaea in particolare si dedica alle ipotesi più recenti circa la valutazione del danno ambientale causato dalle invasioni e del punto di pareggio tra gli investimenti e ritorni nella lotta contro di esse. Dal viale della parata spunta ora Maurizio Casiraghi di Continuo Proceso de Cambio, che riprende un tema che mi è stato per certi versi caro in passato, quello della “normalità” dello spostamento di specie viventi da una parte all’altra del mondo e della difficoltà nel discernere quali siano dannose per l’uomo e quali no e di quali comportamenti e controlli sono auspicabili in materia. Il suo post è sicuramente collegabile a quello di Leucophaea dal momento che cerca di collegare l’alloctonia con le caselle definite dal naturalista e con l’evoluzione ed i suoi meccanismi.

Forse proprio perché la distinzione tra alieni ed introdotti non è sempre netta,  Oryctesblog ha invece scelto di mettere in fila alcune tra le specie alloctone più comuni dalle nostre parti, giocando con lo strano equilibrio nella percezione umana tra gli alieni dell’ultim’ora e quelli più stagionati o utili, per i quali l’invasione non solo è più accettata ma pure amplificata sotto forma di varietà e selezioni. Come in altri casi, l’uomo sa difatti essere antropocentrico anche quando parla di altri ed è soprattutto l’azione dell’Homo sapiens nella creazione e nella pratica aliena ad essere al centro di questo contributo. Che l’uomo faccia ogni tanto confusione nel decidere cosa è alieno e cosa no lo ricorda anche il carro successivo allestito da Horty, dal quale vengono lanciati, a guisa di omaggio per il pubblico , prodotti alimentari a base di patate, pomodori, mais, cacao, fichi d’india, cotone ed altre specie non autoctone delle aree del pianeta in cui vengono ora coltivate (e magari di cui ora rappresentano “endemismi gastronomici”).

Un popolo di piccoli roditori squittisce e corre sui palchi del carro di Natura & Matematica: si tratta di 7 nuove specie scoperte di recente nelle Filippine. Erano tra noi, e non lo sapevamo. Segno che la biodiversità terrestre è già di per sè sufficientemente sconosciuta all’uomo da contenere ancora una buona dose di alieni e di ospiti che tuttora sfuggono alla nostra conoscenza.Per l’uomo tutto ciò che si pone al di fuori del già osservato o del culturalmente (o scientificamente) digerito è di diritto un entità aliena e così rientrano di diritto nel novero degli extraterrestri in terra tutte quelle forme di vita che nell’aspetto o nei comportamenti sfuggono a qualche clichè che ci siamo preconfezionati. Ce lo ricorda Evolve or Die, che sceglie un animale-totem come Ambistoma mexicanum per il suo contributo alla sfilata e lo riprende Biosproject earth! che ci rammenta come l’alienità sia una mera questione di morfologie inconsuete, frutto di adattamenti a nicchie ecologiche altamente specifiche, seppur distanti dalla nostra. Soprattutto questo tema lo mette bene a fuoco Stefano dalla Casa di OggiScienza, rievocando quello che lui giustamente definisce “un prolifico topos della fantascienza cinematografica” (e prima ancora, di quella letteraria), ovvero l’alieno che controlla le menti ed i comportamenti altrui per portare a termine i suoi sporchi fini. Fini che hanno mezzi orrorifici e splatter ritenuti “disumani” o “innaturali” dai più sensibili e dai meno avvezzi alle dinamiche evolutive, ma che in natura non fanno altro che obbedire alle severe leggi dell’evoluzione, che paiono spaziare dalla difesa dei geni a quella dei memi.

Anche il ribaltamento prospettico è un prolifico topos fantascientifico ed è Theropoda a sfruttare questo artificio retorico per raccontarci le stranezze di alcune specie viventi, giunte a noi da un pianeta remoto nel passato più che nelle coordinate galattiche. Tecnico e puntuale è poi il carro di Mauro Mandrioli, sul quale troneggia un’enorme vongola di cartapesta, più vorace che verace: Corbicula fluminea. Partendo dalle caratteristiche genetiche di questa specie cinese d’origine ma occidentale d’adozione ecologica, l’autore di Scimmia da parte paterna spiega meglio come sono fatti, quesi benedetti aieni invasivi, ovvero quali tratti li rendono più competitivi rispetto a specie da sempre insediate in un determinato habitat.

Al blog ospitante spetta infine la chiusura della parata, quando ormai nei sacchetti dei coriandoli è rimasto poco e gli occhi sono pieni di immagini e colori. Ho quindi preferito dedicarmi ad un aspetto dell’alienità in natura meno esplicito, raccontando la storia di una pianta caduta sulla terra e della sua vita extra-evolutiva, garantita solo ed esclusivamente dalle simpatie che l’uomo ha nei suoi confronti. Perché, come si diceva all’inizio, il concetto di alieno in ogni sua declinazione è un figlio dell’uomo più che della natura e dell’evoluzione.

Tratto da Erba Volant, il blog di Renato Bruni