Ciao zio Syd

L’improbabile carriera di Sydney Brenner, fra i padri della biologia molecolare e premio Nobel per avere scoperto la morte cellulare programmata nelle cellule di un piccolo verme

Qual è la probabilità che il figlio di un ciabattino analfabeta, immigrato in Sud Africa dalla Lituania agli inizi del secolo scorso:

– impari a leggere da solo ad appena quattro anni, decifrando fogli di giornale che sua madre mette sulla tavola per avvolgervi degli oggetti;
– si iscriva a medicina a 15 anni;
– intuisca il ruolo del RNA messaggero quale molecola di trasferimento dell’informazione dal DNA alla macchina che sintetizza le proteine;
– meriti il premio Nobel per avere scoperto la morte cellulare programmata in un vermetto trasparente.


La più longeva e improbabile carriera scientifica di uno scienziato, Sydney Brenner
, è contenuta in questa sintesi brutale che richiede qualche episodio in più per rendergli il dovuto merito. A 22 anni Sydney è a Oxford con una borsa di studio, quando ha l’avventura di essere fra i primi a vedere, a Cambridge, il modello della doppia elica di DNA costruito da Francis Crick e James Watson. Dirà che è il giorno più eccitante della sua vita. Sa che sta nascendo la biologia molecolare, e là dentro vede il suo futuro scientifico.

Nei successivi vent’anni divide un ufficio con Francis Crick. Parlano in continuazione, fra battute e risate fragorose. Sulla lavagna e sui fogli scrivono appunti per migliaia di ipotesi, criticano aspramente le idee l’uno dell’altro per metterle alla prova, prima con il ragionamento, poi con esperimenti da pionieri ricchi solo di pensiero. I soldi non c’erano e le tecniche erano tutte da inventare.

Francis Crick, Sydney Brenner e la biologa Leslie Barnett che lavorava con loro, in una foto del 1986 (Sydney Brenner Memorial, Cold Spring Harbor Laboratory).

Dei due, Brenner è la mente più sperimentale e inoltre conosce profondamente la biologia, diversamente da Crick che è un teorico e un fisico di formazione. L’ambiente è eccezionale: Max Perutz, Aaron Klug, successivamente Fred Sanger, e Cesar Milstein, fra gli altri. Per non dire di tutti quelli che passano di lì.

Una sera di aprile del 1960 un gruppo di ricercatori, fra cui François Jacob in visita da Parigi, si ritrova nelle camere che Brenner occupa al King’s College a Cambridge. Si parla degli ultimi esperimenti e soprattutto della misteriosa molecola X, instabile, transitoria, che sembra spuntare tra un gene e i ribosomi necessari alla sintesi di una proteina. A quel punto – Crick ricorda – Brenner emette un grido di eccitazione. Gli altri diranno poi che lui e Crick iniziano a parlare veloci, ad altissima voce. Quella molecola X, Brenner aveva capito, era ciò che François Jacob e Jacques Monod chiameranno RNA messaggero o mRNA: la copia dell’informazione, che da un un gene fatto di DNA, è trasferita alla macchina che assembla le proteine.

Sydney Brenner, secondo da sinistra, con, fra gli altri, Francois Jacob e James Watson a Cambridge nel 1961 (Sydney Brenner Memorial, Cold Spring Harbor Laboratory).

Brenner ha detto più volte che era felice di essere stato premiato con due Nobel, il primo dei quali non aveva mai ricevuto. Evidentemente per Brenner quell’intuizione, e gli esperimenti sul meccanismo del codice genetico, erano gli apici intellettuali non sufficientemente riconosciuti della sua carriera. 

Il premio Nobel per la scoperta del mRNA non è mai stato attribuito. Almeno dodici persone, fra cui primariamente Brenner, vi hanno contribuito teoricamente e con esperimenti cruciali in più Paesi. Dati i vincoli limitanti del premio, che può essere conferito a non più di tre persone, ogni scelta sarebbe stata un imbarazzo da evitare.

Alla fine il Nobel Brenner giustamente lo ha preso, preceduto dal Lasker, anche se per altre scoperte, che a noi piccoli osservatori della storia della biologia sembrano altrettanto gigantesche. Andiamo con ordine. Nel 1971 con il Lasker gli riconoscono, insieme a Seymour Benzer e a Charlkes Yanofsky, contributi brillanti in genetica molecolare, su ereditarietà e mutazioni.

La testa mai ferma di Brenner aveva scelto un umile vermetto trasparente di sole 959 cellule, il Caenorhabditis elegans, per mapparne il sistema nervoso (ne avevo scritto qui). Il compito troppo ambizioso per gli anni Settanta, lo ha portato però alla scoperta di un altro meccanismo cruciale in biologia, l’apoptosi o morte cellulare programmata, riconosciuto dal Nobel condiviso con Robert Horvitz e John Sulston nel 2002.

Lo zio Syd, come firmava i suoi spiritosi articoli su Current Biology, è morto il 5 aprile 2019 a 92 anni a Singapore, dove si era stabilito negli ultimi anni, dopo avere passato decenni di ricerche straordinarie fra Cambridge e la California.

Lisa Vozza, da Zanichelli Aula di Scienze

Immagine da: Sydney Brenner Memorial, Cold Spring Harbor Laboratory