Come addomesticare una volpe. Diario di una lunga avventura scientifica

Come addomesticare una volpe

Pikaia ha letto per voi “Come addomesticare una volpe” (Adelphi, 2022), diario di un’avventura scientifica lunga decenni che mostra al lettore due volti della ricerca.

Titolo: Come addomesticare una volpe.
Autore: Lee Alan Dugatkin, Ljudmila Trut. Traduzione di Valentina Marconi.
Editore: Adelphi
Anno: 2022
Pagine: 282
Isbn: 9788845985331

In un tiepido luglio siberiano degli anni Settanta, una donna si siede su una panchina davanti alla propria casa per riposarsi insieme alla sua fedele Pušinka (in russo, “piccola palla di pelo”), che si aggomitola ai suoi piedi per rilassarsi. Si sentono dei passi presso la vicina recinzione: l’animale scatta verso il presunto intruso e abbaia. Una situazione comune se non fosse che Pušinka non è un cane, ma una volpe.

Un ambizioso esperimento sulla domesticazione
La donna in compagnia di Pušinka era Ljudmila Trut, professoressa di genetica evolutiva presso l’Istituto di Citologia e Genetica di Novosibirsk (Siberia), e autrice insieme a Lee Alan Dugatkin, biologo e scrittore, di “Come addomesticare una volpe”, pubblicato in Italia nel 2022 per Adelphi e tradotto da Valentina Marconi. Il libro racconta la storia dell’ambizioso esperimento ideato dal genetista russo Dmitrij Beljaev, il cui obiettivo era comprendere il processo della domesticazione tentando quello che sembrava impossibile, ossia “trasformare la volpe in cane”. Un progetto iniziato negli anni Cinquanta e ancora oggi in corso, che pian piano si trasformò da sogno pericoloso a orgoglio nazionale. In cosa consisteva? Come si fa a disegnare un esperimento su un processo che ha richiesto migliaia e migliaia di anni per plasmare il migliore (e più antico) amico dell’uomo? Con la prospettiva di decenni di lavoro, Beljaev e i suoi colleghi, tra cui il suo braccio destro Ljudmila Trut, facevano riprodurre selettivamente gli esemplari di volpi meno aggressivi nei confronti dell’uomo, osservandone i cambiamenti nel comportamento, nell’aspetto, nella fisiologia e, solo molto più tardi, nella genetica.

La scienza sul filo sottile della politica e della storia
Il racconto dell’esperimento di Dmitrij Beljaev, più che un saggio, è il diario di un’avventura scientifica lunga decenni, che mostra al lettore due volti della ricerca. Da un lato c’è una comunità scientifica costretta a procedere sul filo sottile della politica di regime. È la storia di uno studioso costretto a trovare un escamotage per iniziare la sua ricerca: negli anni Cinquanta le autorità sovietiche non guardavano di buon’occhio la genetica moderna. Le teorie di Gregor Mendel, che nel resto del mondo stavano iniziando a ridisegnare i confini della ricerca scientifica biologica, in Russia erano considerate borghesi e reazionarie.

Scienziati come Nikolaj Ivanovič Vavilov, biologo, genetista russo e viaggiatore instancabile, che studiava varietà vegetali selvatiche per trovare piante che resistessero alle proibitive condizioni siberiane, vennero rinchiusi in carcere. Lo stesso fratello di Beljaev, anche lui genetista, morì in un campo di lavoro, ma questo non fermò Dmitrij, che riuscì a iniziare il suo lavoro proponendolo come un piano per migliorare la qualità delle pellicce delle volpi d’allevamento, un business che fruttava parecchio e a cui il regime non avrebbe potuto dire di no. Solo dopo alcuni anni l’esperimento sarebbe potuto proseguire alla luce del sole, continuando però a scontrarsi con i grandi ostacoli della storia: la Guerra fredda, che rendeva difficili i rapporti con la comunità scientifica occidentale, la perestrojka, l’insieme di riforme politico-economiche attuate nell’URSS negli anni Ottanta, fino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica nel 1991, che condusse gli allevamenti delle volpi sull’orlo della chiusura per mancanza di fondi.

Il cuore della ricerca
E l’altra faccia della medaglia? La curiosità, l’impegno per raggiungere risultati, la collaborazione tra scienziati di altri paesi, lo scambio di esperienze, la solidarietà tra colleghi e il progresso dell’etologia e delle tecnologie a disposizione per studiarla. E le volpi. Leggendo le pagine del libro, al di là del rigore scientifico con cui tutti i controlli e le analisi sono state portate avanti da scienziati e operatori dell’allevamento di Novosibirsk, emerge la relazione che si stabilì tra gli umani e quegli animali che lentamente, di generazione in generazione, stavano cambiando: i musi più tondi, gli strani versi, le code scodinzolanti e il desiderio di contatto. Persino Dmitrij Beljaev, descritto come un uomo intelligente, affascinante e granitico, si lasciava andare a giochi e risate con queste volpi in via di domesticazione.
Come riportato nel libro, in un’intervista rilasciata poco prima della sua morte, un giornalista gli domandò quale fosse il suo augurio per le persone del XXI secolo. Lo scienziato rispose:

“Che diano valore alla generosità e si prendano cura gli uni degli altri, che si sforzino di andare d’accordo e vivere in pace tra loro, che si sentano responsabili dei nostri ‘fratelli minori’, cioè di tutte le altre specie che abitano la Terra. Siamo parte della natura e dobbiamo vivere in armonia con essa, visto che ne studiamo le leggi e utilizziamo le conoscenze che ne derivano a nostro vantaggio”

Sono parole attuali. L’eredità di un uomo che tanto aveva dato e ricevuto dal rapporto con gli altri. Che fossero umani o non umani. “Come addomesticare una volpe” non è solo un saggio su uno degli esperimenti più famosi in campo etologico, è una storia di ostacoli, vittorie e legami. È quel libro che Beljaev non riuscì a scrivere e con cui Ljudmila Trut e Lee Alan Dugatkin stanno facendo conoscere la sua vita e la sua ricerca.