Come si sta evolvendo il virus SARS-CoV-2?

La comunità scientifica in base alle risposte mutazionali del virus verso i suoi ospiti sta capendo la sua velocità di adattamento e la diversa frequenza di questi cambiamenti nei vari siti del suo genoma. Queste informazioni potrebbero risultare fondamentali per la ricerca di un vaccino

Attraverso lo studio di oltre 7600 mappature genetiche raccolte dai laboratori di tutto il mondo, i ricercatori dell’UCL Genetics Institute di Londra nel Regno Unito, hanno contribuito a delineare ulteriormente l’identikit del virus Sars-related coronavirus meglio noto come SARS-CoV-2, responsabile della pandemia in atto provocata dalla malattia denominata Covid-19.

Con questo studio è ora possibile avere un quadro relativamente al probabile periodo di trasmissione del virus dall’animale all’uomo e di tracciane indicativamente le rotte percorse a livello globale, ma soprattutto svela importanti indicazioni per la ricerca  del vaccino più idoneo in ambito biomedico.

Il Team dell’UCL ha identificato quasi 200 mutazioni genetiche ricorrenti nel virus, evidenziando come esso possa adattarsi ed evolversi ai suoi ospiti umani. I ricercatori hanno constatato che mutazioni omoplasiche (Pikaia ne ha parlato qui) sono emerse indipendentemente più volte e in diverse parti del mondo dove parte della popolazione è stata contagiata. Quasi l’80% delle mutazioni ricorrenti infatti ha suggerito un possibile adattamento continuo del SARS-CoV-2 nei sui ospiti.

Questo ci suggerisce che la migrazione virale non sia avvenuta linearmente ma seguendo un modello a cespuglio, in cui il virus ha utilizzato numerosi vettori umani per diffondersi in uno stesso territorio. A causa di tale trasmissione estensiva, la diversità genetica del virus in diversi paesi ricapitola una gran parte della sua diversità genetica mondiale.

Ma quello che ha maggiormente catturato l’attenzione su queste differenziazioni genetiche, è la loro non uniforme distribuzione nel genoma del virus stesso. Poiché in alcune siti del suo Rna si sono rivelate pochissime mutazioni, i ricercatori sostengono che quelle parti invarianti del virus potrebbero essere bersagli migliori per lo sviluppo di farmaci e vaccini.

Il fatto di concentrarsi su questi tratti genomici garantirebbe una maggior efficacia del vaccino a lungo termine, perché i nostri anticorpi, allenati per riconoscere quella porzione di virus, agirebbero di conseguenza e aumenterebbero le possibilità di impedire al patogeno di incunearsi nelle nostre cellule.

La mappatura delle sequenze rivela infatti una costante mutazionale che si ripresenta su siti localizzati nel genoma del SARS-CoV-2 accumulando un progressivo aumento di diversità (tre siti in Orf1ab nelle regioni che codificano Nsp6, Nsp11, Nsp13, e uno nella proteina Spike), mentre altri loci sono rimasti in gran parte invariati.

In altre parole quello che si può trarre da questi dati in vista di creare la vaccinazione più idonea e persistente per questo virus non riguarda la frequenza delle mutazioni, quanto invece la loro topologia genetica.

Questo articolo è stato pubblicato nella sezione “Infection, Genetics and Evolution” della rivista Science Direct.

Fonti:
Lucy van Dorp, Mislav Acman, Damien Richard, Liam P. Shaw, Charlotte E. Ford, Louise Ormond, Christopher J. Owen, Juanita Pang, Cedric C.S. Tan, Florencia A.T. Boshier, Arturo Torres Ortiz, François Balloux. Emergence of genomic diversity and recurrent mutations in SARS-CoV-2. Infection, Genetics and Evolution, 2020; 104351 DOI: 10.1016/j.meegid.2020.104351

Immagine: CDC/ Alissa Eckert, MS; Dan Higgins, MAM / Public domain, via Wikimedia Commons