Conchiglie di moda

La storia dell’archeologia si può, volendo, raccontare dal punto di vista dell’Africa, che nel 900 ha guadagnato uno spazio sempre più ampio come luogo in cui la linea evolutiva degli ominidi ha visto il proprio sviluppo. Da quando Louis Leakey ha confermato le previsioni di Darwin sull’origine africana dei nostri più antichi predecessori, difatti, una serie di scoperte ha trasformato

La storia dell’archeologia si può, volendo, raccontare dal punto di vista dell’Africa, che nel 900 ha guadagnato uno spazio sempre più ampio come luogo in cui la linea evolutiva degli ominidi ha visto il proprio sviluppo. Da quando Louis Leakey ha confermato le previsioni di Darwin sull’origine africana dei nostri più antichi predecessori, difatti, una serie di scoperte ha trasformato il continente nero dal semplice luogo d’origine al palcoscenico principale della storia dell’umanità: dapprima gli studi molecolari degli anni 80 sul DNA mitocondriale l’hanno eletto luogo d’origine della nostra stessa specie (comparsa circa 200.000 anni fa) e in seguito numerosi ritrovamenti archeologici hanno chiarito una volta per tutte che la “modernità cognitiva” è comparsa molto prima che lo abbandonassimo per diffonderci in tutto il mondo. Ma quanto era diffuso, e quanto era moderno, questo comportamento simbolico comparso in Africa già agli albori della nostra specie? In un studio pubblicato su PNAS,  un gruppo di ricerca guidato da Francsco d’Errico del Centro Nazionale Francese di Ricerca Scientifica (CNRS) presenta una nuova scoperta e fa il punto della situazione. Lo studio si inserisce nel programma di ricerca sull’”Origine dell’uomo, del linguaggio e dei linguaggi” portato avanti dall’Eropean Science Foundation EUROCORES.

Ancora una volta è  la Grotta dei Piccioni a Taforalt in Marocco, la stessa grotta dove sono stati trovati i più antichi manufatti di questo tipo (Pikaia ne ha parlato qui), a restituire reperti ricchi di informazioni sul comportamento simbolico dei nostri antenati, nuovamente conchiglie forate e utilizzate per inanellare collane e ornamenti simili, queste risalenti a 82.000 anni fa. Alcune caratteristiche interessanti di questi reperti sono la presenza di tracce di ocra rossa, un pigmento naturale largamente utilizzato da Homo sapiens per decorare persone e cose in questa e nelle successive epoche della sua storia, e i chiari segni lasciati dal filo con cui queste conchiglie erano tenute assieme. Come se non bastasse, il fatto che fossero utilizzate a scopo puramente ornamentale è confermato dal fatto che appaiono chiaramente come raccolte sulla spiaggia dopo la morte piuttosto che pescate per essere consumate e in seguito lavorate e riutilizzate.

In aggiunta, queste conchiglie provengono da almeno 40 km di distanza rispetto al luogo del ritrovamento, e nessun fenomeno naturale può spiegare uno spostamento così consistente; il quadro che ne risulta, mettendo assieme questo dato con la notevole mole di ritrovamenti simili in altre regioni africane nello stesso lasso di tempo, è quello che vede la presenza di un ramificato sistema di scambi commerciali all’interno del quale semplici ornamenti, o il materiale per produrli, avevano acquisito un valore che andava oltre la loro effettiva utilità. Questa rete commerciale era probabilmente molto estesa se conchiglie perforate appartenenti allo stesso genere, Nassarius, sono state ritrovate sia nella regione del Maghreb (Taforalt, Djebbana) che in Sudafrica (Blombos) e in Medio Oriente (Es-Skuhl); anche senza ammettere  per forza di cose effettivi rapporti commerciali tra siti tanto remoti, comunque, la distribuzione archeologica di questa pratica ornamentale sembra rispondere a un pattern tipicamente culturale di diffusione di un’usanza nello spazio e nel tempo.

In qualche maniera, quindi, l’Africa di 110.000-70.000 anni fa (curiosamente i millenni successivi vedono una scomparsa, e una successiva ripresa intorno a 40.000 anni fa, del fenomeno) ospitava un umanità già in grado di dedicare il proprio tempo e le proprie energie a qualcosa di più della semplice sussistenza, e non solo in pochi luoghi privilegiati: era già una caratteristica diffusa a tutta la nostra specie, e sarebbe presto diventata la più interessante.

Marco Michelutto
 

Riferimenti:
Abdeljalil Bouzouggara, Nick Bartonb,c, Marian Vanhaerend,e, Francesco d’Erricof,g, Simon Collcutth, Tom Highami,Edward Hodgej, Simon Parfittk,l, Edward Rhodesm, Jean-Luc Schwenningeri, Chris Stringerk, Elaine Turnern, Steven Wardo, Abdelkrim Moutmirp, and Abdelhamid Stamboulip, 82,000-year-old shell beads from North Africa and implications for the origins of modern human behavior, PNAS 104 no. 24 9964-9969