Cosa rendeva i Neanderthal diversi da noi?

Al di là delle somiglianze comportamentali tra uomini moderni e Neanderthal, le differenze fisiche tra le due specie sono sempre state molto marcate. Una delle principali cause di tutto questo potrebbe essere stata la necessità dei nostri parenti di adattarsi a una dieta ricca di proteine

Fino a 30-40.000 anni fa, in Europa convivevano due specie di Homo: H. sapiens e H. neanderthalensis. Sempre più studi e ricerche sembrano dimostrare che l’uomo di Neanderthal non fosse poi così diverso dai nostri antenati, in particolare come abitudini comportamentali e capacità, ed è stato dimostrato e ribadito che le due specie si siano talvolta ibridate, al punto che il nostro genoma è tuttora riconducibile, in parte, al nostro vecchio estinto coinquilino europeo (Pikaia ne ha parlato qui). Nonostante questi punti di avvicinamento, tuttavia, restano tra le due specie molte differenze, le cui più marcate, oltre ai due destini diametralmente opposti, sono sicuramente quelle che riguardano l’aspetto e la conformazione anatomica.

I Neanderthal sono stati spesso descritti come i nostri “cugini brutti”: tozzi, ingobbiti, dai fianchi prominenti e dall’ampio torace. Se da un lato questa visione è leggermente esagerata dalla nostra immagine stereotipata di uomo primitivo, dall’altra è effettivamente vero che H. sapiens era più alto e snello. Un gruppo di paleontologi dell’Università di Tel Aviv, ha condotto uno studio per capire dove originasse questa differente conformazione fisica e cosa implicasse nella vita e nelle abitudini di H. neanderthalensis e la risposta potrebbe risiedere nella dieta del nostro scomparso parente.
Pur avendo di recente assodato che l’alimentazione degli uomini di Neanderthal comprendeva anche cibi di origine vegetale (Pikaia ne ha parlato qui), l’alimento preferito di questi uomini preistorici era indubbiamente la carne. Nei climi freddi in cui si è insediato H. neandertalensis dopo le prime migrazioni, le fonti di carboidrati e di grassi erano decisamente limitate, mentre abbondavano le fonti di proteine, ovvero i mammut e gli altri grandi animali che componevano il menù neandertaliano.

Questa situazione potrebbe aver innescato un adattamento a una dieta ricca di proteine, che si è tradotto in un ingrossamento del fegato, necessario per metabolizzare grandi quantità di proteine, in un ampliamento del sistema renale (reni e vescica), in modo da rimuovere le alte quantità di urea prodotte dalla digestione, e nelle loro corrispondenti manifestazioni morfologiche, come l’espansione del bacino e della cassa toracica.

Dal canto suo, H. sapiens ha prolungato il suo soggiorno nelle aree meridionali e relativamente più calde, prima di spingersi verso i ghiacci del nord. In questo modo ha potuto facilmente seguire una dieta ricca soprattutto in alimenti di origine vegetale, di grassi e carboidrati e a basso apporto proteico, che non implicava la necessità di un apparato digerente altrettanto sovradimensionato, sviluppando un fisico più snello e longilineo.

Si tratta, ovviamente, di un’ipotesi difficile da dimostrare, ma ci sono numerose evidenze, nel mondo attuale, in suo sostegno. È dimostrato, infatti, che gli animali che seguono una dieta ad alto contenuto proteico hanno fegato e reni particolarmente sviluppati, proprio come nel caso dell’uomo di Neanderthal. Al tempo stesso, gli abitanti indigeni delle regioni artiche, la cui dieta, più di quella di altre popolazioni, si è nel tempo basata su carne e proteine, hanno fegati più sviluppati della media e tendono a bere quantità d’acqua superiori, segno di una maggiore attività renale.

Riferimenti:
Miki Ben-Dor, Avi Gopher, Ran Barkai. Neandertals’ large lower thorax may represent adaptation to high protein diet. American Journal of Physical Anthropology, 2016; DOI: 10.1002/ajpa.22981

Immagine: By Photaro (Own work) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons