Dalla Cina con colore 2: Jurassic revenge!

Qualora il titolo avesse attratto orde di speranzosi ultras del compianto Michael Crichton, mi scuso per l’incomprensione: nessuna vittoria, nessun pareggio. Anzi, la sconfitta si fa sempre più bruciante. Dopo un tale e significativo incipit, molti di voi staranno sicuramente controllando la barra degli indirizzi, sempre più convinti di essere finiti sul sito sbagliato. Nessun timore, ora mi spiego. Alcuni

Qualora il titolo avesse attratto orde di speranzosi ultras del compianto Michael Crichton, mi scuso per l’incomprensione: nessuna vittoria, nessun pareggio. Anzi, la sconfitta si fa sempre più bruciante. Dopo un tale e significativo incipit, molti di voi staranno sicuramente controllando la barra degli indirizzi, sempre più convinti di essere finiti sul sito sbagliato. Nessun timore, ora mi spiego.

Alcuni ricorderanno i risultati, pubblicati qualche giorno fa, di uno studio sulla colorazione del piumaggio di un dinosauro teropode e di un uccello primitivo del Cretaceo. Altri ricorderanno anche il ritrovamento di un esemplare di dinosauro troodontide, chiamato Anchiornis huxleyi, che fece scalpore pochi mesi fa.

Era questo un piccolo e buffo animale vissuto in Cina più di 150 milioni di anni fa, nel tardo periodo Giurassico. Perché buffo? Beh, tanto per avere un’idea: immaginate un pollo (vedrete poi che il paragone non è poi del tutto azzardato) e aggiungeteci un altro paio di ali. Fan del colossal Avatar a parte (che nell’ultimo periodo di esseri a quattro ali ne hanno visti a bizzeffe), ammetterete che la creaturina non sarebbe passata inosservata. Per di più anche perché, al contrario delle poco docili – e ben più grosse – bestioline del film, questo nostro polletto aveva deciso che, con tutta quella superficie alare a disposizione, qualche piuma qua e là ci stava bene. Lasciatosi poi prendere la zampa, era finito con l’esserne completamente ricoperto.

Molti di voi avranno già capito dove sto andando a parare: in questo periodo infatti, dove ci sono penne, c’è colore! E una palla di piume come il nostro amico, come detto, si fa notare. I primi ad avere l’acquolina in bocca (dal punto di vista scientifico, si intende) sono stati alcuni ricercatori dell’Università di Yale, che hanno deciso di studiare le singole piume di Anchiornis huxleyi, così da poterne tracciare una completa e precisa descrizione cromatica.

Come a questo punto è lecito aspettarsi, tutto nasce da un calamaro! Jakob Vinther, del Dipartimento di Geologia e Geofisica, stava infatti studiando la sacca di inchiostro di un antico calamaro quando decise che i microscopici granelli che stava osservando all’interno dei fossili non erano resti di antichi batteri, bensì melanosomi: organelli cellulari contenenti melanina, il pigmento che negli animali assorbe la luce. Assieme al professor Derek E.G. Briggs e al docente di Ornitologia, Ecologia e Biologia Evolutionistica, Richard O. Prum, Vinther ha testato la sua teoria su una piuma basiliana vecchia di 112 milioni di anni (troppo vecchia, quindi, per provenire da Rio de Janeiro) e successivamente deducendo i colori di un uccello tedesco estintosi 47 milioni di anni fa.

Dopo cotanti successi, il gruppo di ricerca si è unito a scienziati delle università del Texas, di Akron e di Pechino, per esaminare minuziosamente con la stessa procedura un fossile di Anchiornis huxleyi recentemente descritto nella provincia di Liaoning, nella Repubblica Popolare Cinese. L’area è per i paleontologi ciò che per Ciccio sono le torte di Nonna Papera, in quanto – fra l’altro – ha fornito abbondanti prove che confermano la (fu!) controversa teoria che i moderni uccelli discendano dai dinosauri teropodi.

Finanziato dalla National Geographic Society e dalla National Science Foundation, il variopinto team (scusate il gioco di parole) ha analizzato attentamente 29 campioni di piuma e ha fatto un’esaustiva misurazione e localizzazione dei melanosomi all’interno delle penne. Le analisi hanno permesso agli scienziati di discernere con una precisione del 90% i colori delle singole piume e, quindi, i vivaci motivi cromatici del dipartito animale. Si è dunque scoperto che il dinosauro sfoggiava un corpo generalmente grigio, con macchie sulle guance e una cresta da Moicano rosso-brune. Le penne che ricoprivano ali e zampe erano invece bianche, con punte nero vivido. Insomma, una versione Giurassica e super-alata degli odierni Galli Amburghesi Pagliettati! Ve lo dicevo che pensare ai polli non era azzardato.

Questa somiglianza ha suggerito agli studiosi l’idea che tali colorazioni avessero funzione comunicativa, utile ad attirare i partner a scopo riproduttivo. Lo studio documenta inoltre che il motivo cromatico nel piumaggio si è evoluto prima di quanto si pensasse in precedenza. La ricerca aggiunge quindi peso alla teoria che in un primo momento le piume vennero selezionate per scopi di camuffaggio o esibizione. Per i dinosauri questi fini avevano un ruolo chiave, altrettanto importante rispetto allo sviluppo del volo, al miglioramento aerodinamico o alla termoregolazione.

Anche nel Giurassico si inizia ad abbandonare l’immagine dei rettili classici, sostituiti da esseri molto più barocchi. Insomma: Mr Gould si aggiudica anche il match di ritorno.  Very sorry, Mr Crichton…

Luca Perri

Riferimenti:
Quanguo Li, Ke-Qin Gao, Jakob Vinther, Matthew D. Shawkey, Julia A. Clarke, Liliana D’Alba, Qingjin Meng, Derek E. G. Briggs, Long Miao, Richard O. Prum. Plumage Color Patterns of an Extinct Dinosaur. Science, DOI: 10.1126/science.1186290, 2010. Link

L’immagine è di Luca Perri