Darwin e il suo mastino-ma-non-troppo Thomas H. Huxley

Il commento di Telmo Pievani a “Il mastino di Darwin” di Alessandro Chiometti

Il mastino di Darwin, Thomas H. Huxley, l’agguerrito inventore della parola “agnosticismo”, non era poi un così fedele mastino. Contraddisse infatti l’amico, dal carattere assai più mite del suo, su almeno tre punti essenziali della teoria evoluzionistica. Il mastino di Darwin non era affatto convinto, in primo luogo, che l’evoluzione dovesse sempre avvenire in modo estenuantemente lento e graduale. Gli sembrava un’assunzione troppo rigida, un cappio inutilmente stretto al collo della teoria, e aveva ragione. Ci sono voluti più di cento anni di ricerche per mostrare che l’evoluzione e la speciazione in effetti possono avere ritmi diversificati (a volte molto lente, altre volte più veloci) e che la caduta del gradualismo esclusivo non implica la rinuncia al neodarwinismo come spiegazione dei meccanismi di base del cambiamento evolutivo. Quindi può succedere che mutazioni dagli effetti notevoli sopravvivano in una popolazione, anche se finora non risulta che abbiano prodotto vampiri!

In secondo luogo, Huxley aveva una visione opposta a quella di Darwin in materia di evoluzione niente meno che del senso morale umano. Mentre per Darwin l’etica e le norme morali umane discendono senza soluzioni di continuità dagli istinti sociali animali e dall’evoluzione della cooperazione in gruppo, per Huxley l’etica era da intendersi come un raro e prezioso giardino vittoriano, ben curato e protetto da un muro, circondato là fuori dalla giungla selvaggia della natura amorale e da un freddo universo del tutto indifferente alle nostre sorti. Homo sapiens si è insomma ricavato un cantuccio al riparo dall’insensata evoluzione cosmica, dandosi regole di comportamento civile che mitigano gli effetti delle sue origini ferine e brutali.

Le mitigano, ma non le annullano mai. Anche per Darwin le nobili facoltà umane – concependo la solidarietà umana e inventando medicina, igiene e welfare – indeboliscono, pur senza mai azzerare, il filtro spietato della selezione naturale. Non è un bene né un male, è successo. Il risultato è che la natura umana è sempre in bilico tra il suo passato animale e il suo presente urbanizzato, tra l’universalità di tratti che ci rendono tutti parimenti umani e l’irriducibilità della diversità individuale. Una diversità talvolta radicale e inquietante. Così le nature umane plurali si confrontano con scissioni, contraddizioni e ambivalenze. La nostra lunga evoluzione sociale in piccoli gruppi tribali, per esempio, ci porta ad essere contemporaneamente propensi all’altruismo verso chi riconosciamo come appartenente al nostro “noi” e propensi all’egoismo e al conflitto verso chi percepiamo (a torto o a ragione) come “altro da noi”. Siamo evolutivamente dottor Jekyll e mister Hyde, come il protagonista di questa bella storia neogotica scritta da Alessandro Chiometti

Certo, nello spettro della radicale diversità umana individuale, un prodigio vampiresco di velocità, forza e trasformismo come quello qui narrato non si è mai visto, né gli uomini-pipistrello sono ancora contemplati nell’immaginario fantascientifico delle biotecnologie prossime venture. Rendiamo per inciso giustizia ai poveri pipistrelli: su 1200 e più specie di chirotteri esistenti solo tre si nutrono solo di sangue, e i pipistrelli vampiro hanno sviluppato comportamenti di altruismo reciproco che non hanno nulla da invidiare alle società di mutuo soccorso umane. Sono animali strepitosi, con nervi facciali in grado di percepire minime differenze nella temperatura corporea delle loro vittime: in pratica riescono a “vedere” le vene sotto la pelle. Se poi gli umani, devastando la foresta amazzonica per estrarre petrolio e oro, spingono questi mammiferi volanti ad avvicinarsi ai villaggi indigeni, dove nottetempo mordono i bambini infettandoli con la rabbia, la colpa sta tutta nella stolta ingordigia di Homo sedicente sapiens.

Ma noi che siamo nati per credere, e non amiamo assumerci le nostre responsabilità, non esitiamo un momento ad attribuire a questi animali poteri occulti e intenzioni maligne. Nella diversità degli altri si rispecchia la nostra, spesso inconfessabile. Allo stesso modo facciamo fatica ad accettare che fino a poche decine di migliaia di anni fa sulla Terra esistevano almeno altre quattro forme umane, con due delle quali ci siamo occasionalmente ibridati. I figli di coppie miste sopravvivevano, il sangue si è mescolato e una piccola porzione del loro DNA è ora contenuta nel nostro. Addio purezza. Non risultano ibridazioni con sottospecie vampire, ma la realtà del nostro genoma plurale ci fa almeno sembrare più intuitivamente familiare la brillante invenzione narrativa di questo libro: un vampiro razionalista, scettico, e ovviamente anticlericale, assimilatore di conoscenze altrui per succhiamento, umanamente in cerca di una discendenza per ibridazione.

Ah, dimenticavo il terzo punto di disaccordo tra Darwin e il suo mastino-ma-non-troppo Thomas H. Huxley. Quest’ultimo era persuaso che in poco tempo il darwinismo avrebbe convinto tutti con la forza dell’evidenza empirica e sbaragliato una volta per tutte la teologia naturale, le teleologie, i creazionismi spacciati per scienza. Darwin era invece molto più cauto e pessimista. Calma e sangue freddo, gli ribatteva nelle lettere. Abbiamo vinto una battaglia, non la guerra. Ci vorranno generazioni prima che la teoria dell’evoluzione venga metabolizzata nel suo significato più profondo, quello della totale e affascinante contingenza della nostra vita. Ora che è passato un secolo e mezzo da quel dialogo fra i due amici naturalisti, possiamo un po’ amaramente constatare che il vecchio Charles aveva ragione. Ma guardiamo il lato positivo: la difesa di una visione laica, pluralista e razionale della natura è necessaria più che mai.

Tratto dal sito di Dalia Edizioni

“Il mastino di Darwin” di Alessandro Chiometti
Dalia edizioni
genere: Horror pp. 158
euro: 12,00