Darwin il meccanicista

In biologia (e non solo) ci sono due principali modi per approcciare lo studio della natura: la descrizione degli eventi naturali e la spiegazione degli stessi. Le descrizioni portano ad evidenziare i pattern della natura, le spiegazioni invece portano a formulare i possibili meccanismi per cui si producono i pattern. David Penny dell’Università di Massey, Nuova Zelanda, cerca di capire

In biologia (e non solo) ci sono due principali modi per approcciare lo studio della natura: la descrizione degli eventi naturali e la spiegazione degli stessi. Le descrizioni portano ad evidenziare i pattern della natura, le spiegazioni invece portano a formulare i possibili meccanismi per cui si producono i pattern. David Penny dell’Università di Massey, Nuova Zelanda, cerca di capire quale fosse il modus operandi di Darwin in un interessante saggio, pubblicato su Trends in Evolutionary Biology, una nuova rivista dell’Università di Pavia.

A partire dagli scritti di Darwin, ed in particolare dai suoi taccuini, Penny ritiene ingiusto considerare Darwin “solo” un attento osservatore ed accumulatore di dati, l’uomo giusto al tempo giusto. Darwin era infatti un anticipatore del metodo popperiano: cercava di testare le ipotesi di lavoro, che riteneva temporanee, che, a loro volta, servivano come cornice alla raccolta dei dati. Questa impostazione non era derivata dalla biologia dell’epoca, bensì dalla geologia di Lyell: egli infatti attraverso l’uniformitarianismo rifiutò ogni interpretazione che non fosse basata su meccanismi ben conosciuti e leggi generali.

Il risultato è che Darwin fu un campione del metodo ipotetico-deduttivo, essendo riuscito per primo a trasporre la logica meccanicistica da una disciplina della scienza, la geologia, ad un’altra, la biologia. Prima di Darwin, infatti, era ancora dominata da forme vitalistiche che, per lo più, fornivano descrizioni della vita e non meccanismi.

Infine Penny esorta a proporre la teoria dell’evoluzione attraverso i suoi meccanismi, facendola assomigliare più ad hard science che soft science. A questo proposito lamenta un’eccessiva esaltazione dei pattern nella biologia evoluzionistica odierna a scapito dei meccanismi: in questo modo è facile produrre spauracchi e false dicotomie, come “equilibri punteggiati Vs. gradualismo filetico”, queste poi vengono sfruttate come breccia per la penetrazione di dibattiti altrettanto falsi e ben più odiosi, quale l’ormai proverbiale “creazionismo Vs. evoluzione”.

Giorgio Tarditi Spagnoli