Darwinismo e biologismo esasperato

L’articolo inizia tracciando i confini all’interno dei quali si puo’ muovere chi studia i processi evolutivi (“L’evoluzione della vita è un insieme di eventi di ordine scientifico, un fatto di cui prendere atto. È difficile contestare che siano avvenute per processi naturali che hanno portato a forme di vita via via più complesse”) che poi però si cerca subito di

L’articolo inizia tracciando i confini all’interno dei quali si puo’ muovere chi studia i processi evolutivi (“L’evoluzione della vita è un insieme di eventi di ordine scientifico, un fatto di cui prendere atto. È difficile contestare che siano avvenute per processi naturali che hanno portato a forme di vita via via più complesse”) che poi però si cerca subito di abbattere per entrare (come fanno i profeti dell’Intelligent Design) in territori in cui la scienza non ha strumenti per svolgere correttamente il suo lavoro di ampliamento della conoscenza (“Avviene però che le discussioni vadano molto al di là dell’aspetto scientifico, perché finiscono per coinvolgere l’ambito filosofico e teologico. Ed è qui che il dibattito si fa più vivo e può interessare un pubblico più vasto”) .

Il problema era già stato affrontato da F.Facchini in un articolo del 16/1/06 (“Evoluzione e creazione”) sempre sull’Osservatore Romano, ma la soluzione era stata diversa. Come antropologo e scienziato criticava infatti chi proponeva di portare la scienza fuori dai suoi ambiti: “… così non si fa scienza. Ci portiamo su un piano diverso da quello scientifico. Se il modello proposto da Darwin viene ritenuto non sufficiente, se ne cerchi un altro, ma non è corretto dal punto di vista metodologico portarsi fuori dal campo della scienza pretendendo di fare scienza”.

A volte è difficile capire il motivo per cui spesso nel mondo cattolico molti esperti si preoccupino preferibilmente di chi meno ha bisogno di essere aiutato a capire concetti e problemi su cui da tempo ha mostrato di avere le idee chiare ed aggiornate (in questo modo purtroppo lasciano che autorevoli prelati facciano fare pessime figure anche a loro come responsabili dell’aggiornamento che già nel 1988 GP2 riteneva fosse urgente fare).

A parte l’uso un po’ insolito oggi del termine “darwinismo” e l’insistenza su Darwin in parte oggi superato, è interessante notare come una delle frasi attribuite ai due filosofi della scienza (“il darwinismo ha emancipato la natura da Dio e da ogni possibile finalismo. Di Dio non c’è più bisogno [per spiegare la natura]”) sia una frase molto simile a quella detta in un’intervista da Peter Schuster, un biologo evoluzionista presidente dell’Accademia delle scienze austriaca che era stato invitato dal papa a partecipare nel 2006 al primo Schulerkreis organizzato a Castelgandolfo (“the point is that we don’t need a Creator to explain what we see. One hundred years ago, it was the common belief of Christians that God directly created every new species. Darwin showed how natural development can lead to new species. Today we understand this much better, and there’s no evidence that can’t be explained within this general framework”).

La frase quindi dimostra semplicemerte che si tratta di un opinone comune a gran parte dei biologi evoluzionisti attuali; stupisce che non si apprezzi che evita il ricorso, solitamente oggi sconsigliato anche in ambito religioso, al concetto di Dio tappabuchi: negli ultimi secoli la scienza ha dimostrato quanto fosse un concetto per fortuna destinato a veder svanire sempre più la sua utilità pratica, permettendo di concentrare l’azione e l’utilità delle religioni solo in contesti in cui la ragione non sempre riesce ad entrare e a dare i migliori risultati.    

Tratto da L’Antievoluzionismo in Italia, il blog di Daniele Formenti