Di uccelli, uomini e topi. E balene ed elefanti

Melodie soavi, fischi insistenti o versi simili a un kazoo suonato da un ubriaco – analogia proposta da Ed Yong per la voce di un cetaceo famoso. Fatto sta che gli animali producono e apprendono una gran varietà di suoni, e alcuni di loro modificano le vocalizzazioni proprio in accordo alle esperienze acustiche. “Chi comanda al racconto non è la

Melodie soavi, fischi insistenti o versi simili a un kazoo suonato da un ubriaco – analogia proposta da Ed Yong per la voce di un cetaceo famoso. Fatto sta che gli animali producono e apprendono una gran varietà di suoni, e alcuni di loro modificano le vocalizzazioni proprio in accordo alle esperienze acustiche. “Chi comanda al racconto non è la voce: è l'orecchio”, per dirla con Italo Calvino (Le città invisibili). La visione prevalente fino alla fine degli anni ’50 non riconosceva la plasticità del comportamento vocale agli animali non umani, sebbene altri tipi di comportamento fossero ritenuti facilmente modificabili in risposta all’esperienza. Nonostante fosse già nota la variazione geografica dei canti in alcune specie di uccelli, la reticenza a considerare apprese le vocalizzazioni fu scalfita in modo decisivo solo dai lavori di Peter Marler e colleghi sui dialetti locali di tre popolazioni di passeri corona bianca (Zonotrichia leucophrys) nella baia di San Francisco (Marler, Tamura 1962).

Come altri caratteri rari, l’apprendimento vocale è comparso più volte nella storia dei mammiferi e degli uccelli. Ad oggi, gli apprendisti della vocalizzazione ufficialmente riconosciuti sono pappagalli, colibrì e uccelli canterini (sottordine degli Oscini), cetacei (delfini e balene), pipistrelli, elefanti, pinnipedi (foche, leoni marini e trichechi) e uomini. La dipendenza dal feedback uditivo è stata proposta per le vocalizzazioni ultrasoniche dei topi maschi in uno studio pubblicato in ottobre su PLoS ONE. Tradizionalmente ritenuti degli innati cantori, questi piccoli roditori avrebbero scoperto le proprie carte di apprendisti: davanti a un rivale in amore, i maschi modificano il proprio canto ultrasonico finché non collima con quello che la femmina più gradisce. Chiudete in una stanza due topi maschi con una femmina e otterrete una canzone stereotipata. In otto settimane i canti dei maschi convergono infatti per tonalità e struttura. Lo studio è corredato di una mappa comparativa dei percorsi neurali sottesi all’apprendimento vocale. Una curiosità: in topi, uccelli e uomini il percorso vocale posteriore coinvolge un nucleo detto ambiguo (Amb) proprio per la sua promiscuità funzionale, in questo caso utile nel controllare i muscoli della laringe – della siringe per gli uccelli.

Sebbene ci sia sempre il rischio di una non-specificità negli esperimenti su animali manipolati geneticamente (è stata soppressa l’espressione di un gene), i risultati combinati dei topi congenitamente e meccanicamente resi sordi indicano che i topi maschi abbiano bisogno di una certa esperienza uditiva per sviluppare le caratteristiche spettrali di un canto stereotipato, che assomigli più a fischi che a urla. Inoltre, le vocalizzazioni dei maschi di topo e quelle degli uccelli canterini hanno anche altri aspetti in comune: possiedono una melodia e una struttura nelle sequenze vocali, a differenza dei richiami che sono piuttosto sillabe isolate o ripetute di un solo tipo, e presentano differenze individuali nella composizione del repertorio. Queste caratteristiche non sono state trovate in uguale misura nei mammiferi e nelle specie di uccelli che non apprendono le vocalizzazioni.

Altri due studi recenti sull’imitazione vocale non sembrano a prima vista dire molto di più su questo comportamento. Dopo aver più volte sentito dei suoni simili a conversazioni in lontananza, Ridgway e colleghi di San Diego hanno identificato in un beluga (Delphinapterus leucas, detto anche balena bianca) di nome NOC la loro sorgente, e li hanno interpretati come tentativi spontanei di imitare la voce umana. Non si capisce molto cosa voglia dire in questa registrazione, ma pare che stia proprio cercando di imitare il linguaggio umano, come risulta dall’analisi dei ritmi e delle frequenze, inusuali per una balena e vicine a quelle umane (qui). NOC, ospite al National Marine Mammal Foundation sin dal 1977, non aveva certo bisogno di un addestramento specifico per far ciò: ha imitato i suoni che ormai facevano parte del suo ambiente uditivo – le voci umane fuori dall’acqua e quelle provenienti dagli strumenti che i sommozzatori usavano per comunicare sott’acqua – e la stretta relazione con l’uomo ha probabilmente influenzato il modo e la quantità del suo comportamento speech-like. D’altra parte i cetacei, insieme a foche e leoni marini, sono i classici protagonisti delle leggende di marinai e delle narrazioni naturalistiche in merito ad animali dalla voce umana. Grazie alle registrazioni e alle analisi acustiche di lavori come questo, possiamo essere un po’ meno scettici.

Gli elefanti sono forse imitatori meno scontati. Nondimeno, Koshik, un elefante asiatico che vive in Sud Corea e “scovato” da Angela Stoeger (Università di Vienna), sa pronunciare qualche parola in coreano come ‘siediti’ e ‘bene’ (qui). Come? Infilando la proboscide in bocca, un po’ come fanno certi esseri umani per fischiare.

Come fanno notare gli autori dell’articolo (qui l’abstract), tra l’età di 5 e 12 anni gli umani furono gli unici animali con cui Koshik abbia avuto a che fare. I casi di imitazione vocale interspecifica non dicono molto altro che sulle capacità di imitazione vocale. Sono però anche indizi che le vocalizzazioni hanno un ruolo nello stringere legami individuo-specifici, in tali circostanze inter-specifici, almeno nelle società di fissione e fusione come quelle di uomini, elefanti e cetacei.

Proprio per la loro semplicità, tali casi insegnano che l’apprendimento vocale, la difficile corrispondenza tra percezione acustica e produzione vocale, non sia qualcosa di estremamente arduo da trovare fra i vertebrati sociali. Forse la sua funzione di collante tra individui in società in costante cambiamento, dove piccoli gruppi si riuniscono in gruppi più ampi per poi dividersi nuovamente, potrebbe aver favorito il mantenimento del linguaggio umano, nonostante il suo straordinario peso cognitivo.

Irene Berra

 

Riferimenti

Arriaga G, Zhou EP, Jarvis ED. 2012. Of Mice, Birds, and Men: The Mouse Ultrasonic Song System Has Some Features Similar to Humans and Song-Learning Birds. PLoS ONE 7: e46610.

Marler P, Tamura A. 1962. Song "Dialects" in Three Populations of White-Crowned Sparrows. Science 146: 1483-1486. (qui)

Stoeger AS, Mietchen D, Oh S, de Silva S, Herbst CT, Kwon S, Fitch WT. 2012. An Asian Elephant Imitates Human Speech. Current Biology 22: 2144-2148.

Ridgway S, Carder D, Jeffries M, Todd M. 2012. Spontaneous Human Speech Mimicry by a Cetacean. Current Biology 22(20): R860-R861.

In alto: beluga all'acquario di Atlanta. Foto di Greg Hume. Wikimedia Commons.