Diversità nei lemuri: dai geni alla dieta

Sequenziati i genomi di quattro specie di lemuri sifaka a rischio di estinzione: hanno rivelato una sorprendente variabilità genetica, forse merito di una dieta a base di foglie che, però, non disdegna altre pietanze.

Solcando gli oceani a bordo del brigantino Beagle, Darwin incappò in un fenomeno cardine dell’evoluzione: quando vengono separate, ad esempio da un tratto di mare, le popolazioni divergono, e nascono nuove specie. Ecco perché la vita, nelle isole, prende spesso strade particolari; ecco perché le foreste del Madagascar sono abitate da lemuri che non vivono in nessun altro luogo al mondo. Una fauna talmente unica merita di essere studiata, ma anche protetta dalla perdita di habitat. Per questo, l’antropologa Elaine Guevara e colleghi hanno realizzato uno studio, pubblicato il 23 aprile su Science Advances, che ha scavato nel genoma di quattro specie del genere Propithecus, comunemente detti lemuri sifaka. Nonostante si tratti di animali a rischio di estinzione, il gruppo ha trovato una notevole variabilità di geni; in più, ha riscontrato diversi adattamenti a una dieta di foglie, sebbene i sifaka non siano poi così schizzinosi quando si tratta di mangiare. Proprio questa dieta adattabile potrebbe aiutare i sifaka ad affrontare le sfide che hanno di fronte.

I lemuri e il loro ambiente minacciato

Lemure, in realtà, è un termine abbastanza generico. I primati si dividono in due sottordini, aplorrini (di cui facciamo parte) e strepsirrini. I secondi, gli strepsirrini, sono simili ai primati ancestrali, e si distinguono anzitutto perché la pelle intorno alle narici forma un “tartufo” simile a quello dei cani. Gli strepsirrini che abitano il Madagascar sono tanti e diversificati, e vengono generalmente chiamati lemuri. I Propitechus sono nove specie di lemuri diurni che usano lanciarsi di albero in albero facendo echeggiare i loro richiami caratteristici; il nome comune scelto per loro dai malgasci, sifaka, ricorda proprio questo suono. Guevara e colleghi si sono dedicati a quattro specie di Propithecus: P. coquereli, P. verreauxi, P. tattersalli e P. diadema. Il gruppo ha sequenziato il genoma di alcuni esemplari di ciascuna specie, usando in particolare una femmina di P. coquereli come riferimento. Gli esemplari, per la gran parte, erano nati in natura ma ospitati nel centro di ricerca del Duke Lemur Center.

Riserve come il Duke Lemur Center sono necessarie perché, purtroppo, il Madagascar è da tempo soggetto a un’intensa deforestazione. È ancora incerto se l’azione umana ne sia l’unica causa, o se il processo sia cominciato prima del nostro arrivo sull’isola (avvenuto circa 10500 anni fa secondo recenti stime) per via di cambiamenti climatici (non ancora antropogenici); quel che è certo è l’effetto della deforestazione sulla popolazione dei lemuri. Più del 90% delle specie di lemuri sono considerate attualmente a rischio, e tutte le nove specie di sifaka tranne una sono classificate a rischio critico nella lista IUCN delle specie minacciate. Nonostante questo, Guevara e colleghi hanno trovato un alto grado di eterozigosi nei genomi dei Propithecus: ciò significa che il loro DNA contiene un numero di varianti genetiche sorprendentemente elevato per lo scarso numero di individui.

Gli adattamenti alla dieta probabilmente favoriscono la diversità genetica

Come mai quest’abbondanza di alleli? È possibile che gli scarsi numeri delle popolazioni non si siano ancora riflessi nei geni, però Guevara e colleghi hanno considerato anche un altro meccanismo. Nei sifaka sono i maschi a cambiare il proprio gruppo di appartenenza, anche più volte nella vita, in modo da garantire il rimescolamento genetico: sembra che gli spostamenti avvengano nonostante le foreste siano sempre più frammentate. Il segreto dei Propithecus per attraversare ampi territori con foreste discontinue starebbe nella loro dieta. I sifaka sono folivori, ovvero si nutrono di foglie, ma non disdegnano la frutta o altri tipi di vegetali. In questo modo, possono sfruttare ogni occasione che incontrano, specie in territori cui non sono abituati; ma possono sempre ripiegare sulle foglie, visto che in Madagascar condizioni come le piogge altamente variabili fanno sì che la frutta non sia sempre disponibile.

Potersi nutrire di foglie, in ogni caso, non è banale come sembra. Il loro contenuto energetico è basso e sviluppano spesso sostanze tossiche per difendersi da folivori affamati; in più, i vertebrati non producono cellulasi, l’enzima che scinde la cellulosa vegetale, motivo per cui devono affidarsi a batteri nel tratto gastroenterico che la degradino con un processo di fermentazione. Una dieta folivora necessita di adattamenti specifici, ed è proprio quel che hanno trovato Guevara e colleghi nei genomi analizzati. Panda rossi e giganti, anch’essi adattati a una dieta vegetale, possiedono per convergenza geni analoghi. Tali geni, nei Propithecus, potrebbero significare che i loro antenati comuni fossero più strettamente folivori, o che le foglie siano un cibo fondamentale a cui tornare in caso di necessità.

Studi come questo sono fondamentali per capire, e per combattere, le minacce alla sopravvivenza delle specie a rischio. La ricchezza dei geni e la dieta adattabile dei sifaka sono dei barlumi di speranza in uno scenario che, per questi lemuri saltatori, rimane cupo.

Riferimenti: Guevara, Elaine E., et al. “Comparative genomic analysis of sifakas (Propithecus) reveals selection for folivory and high heterozygosity despite endangered status.” Science Advances, vol. 7, no. 17, 1 Apr. 2021, p. eabd2274, doi:10.1126/sciadv.abd2274.

ImmagineMark Thomas via Pixabay