Due fazioni l’una contro l’altra armate?

In un articolo di Nature due gruppi diversi di importanti studiosi dell’evoluzione fanno il punto su dove sta andando la ricerca evoluzionistica. La teoria corrente va soppiantata o riformata?

Ho sentito più volte un bravo giornalista scientifico dire che uno dei motivi per i quali il suo lavoro è difficile è che gli chiedono sempre di presentare la notizia sotto la forma delle “due campane”: uno scienziato dice una cosa e un altro ne dice un’altra. Chiaro l’imbarazzo del giornalista ad adeguarsi a una formula simile nei molti casi nei quali è evidente che una delle due campane ha posizioni faziose e insostenibili. È possibile che persino Nature sia cascata nella trappola delle due campane? Un articolo pubblicato sul numero del 7 ottobre scorso sembra proprio seguire questa strada: alcuni dei maggiori esponenti dell’evoluzionismo contemporaneo sono stati raggruppati in due fazioni, ognuna delle quali ha esposto le sue posizioni. Naturalmente, se il lettore ha la pazienza di leggere l’articolo, alla fine scoprirà che le due posizioni non sono affatto monolitiche, al punto che, addirittura, non è facile individuarle e definirle. I due gruppi di scienziati firmano assieme l’articolo, ma le loro posizioni sono mostrate su due colonne separate, ad affrontarsi l’un l’altra. La materia del contendere? La sopravvivenza o la morte della Sintesi Moderna.
Per capire le radici del dibattito, occorre fare un passo indietro, fino agli anni ’40 del secolo scorso, nei quali si è definita quella che sarà chiamata, a partire dal titolo di un libro di Julian Huxley, la Sintesi Moderna. La Sintesi Moderna nasce come una reazione alle posizioni apertamente antidarwiniane che si consolidarono all’inizio del ‘900 attorno alla genetica nascente, etichettate con il nome di “mutazionismo”: contrariamente al cuore del messaggio darwiniano (il meccanismo principale del cambiamento è la presenza nelle popolazioni di una grande quantità di minuta variabilità casuale, continuamente vagliata dalla selezione naturale) i mutazionisti – e con loro quasi tutti i “padri” della genetica nascente – affermavano la preminenza di grandi e “improvvisi” cambiamenti genetici (da essi appunto denominati “mutazioni”) relegando il ruolo della selezione naturale a semplice vaglio delle nuove specie così formate. Le piccole variazioni presenti ovunque nelle popolazioni, delle quali parlava Darwin, erano da essi definite “fluttuazioni”. A partire dagli anni ‘20 del ‘900 si comprese meglio la natura genetica della variabilità popolazionale e delle  mutazioni, e pian piano il nocciolo del pensiero darwiniano tornò in auge, tanto da spingere alcuni personaggi eminenti dell’evoluzionismo a costruire attorno ad esso, appunto, la Sintesi Moderna. Ma, come era ampiamente prevedibile, l’accordo sui punti fondanti dell’evoluzionismo moderno – il prevalere di piccoli cambiamenti e della selezione naturale come fattori dell’evoluzione – fu di breve durata, e poco dopo le strade dei diversissimi scienziati che l’avevano costruita (zoologi, botanici, paleontologi, citologi, genetisti di popolazione …) ricominciarono a divergere. E a partire dagli anni ’60 del ‘900 iniziarono le “eresie”, dalla teoria neutrale dell’evoluzione molecolare agli equilibri punteggiati, dalla costruzione della nicchia alla biologia evoluzionistica dello sviluppo, dall’eredità epigenetica all’assimilazione genetica … fino a quando qualcuno cominciò a chiedersi se non fosse arrivato il momento di costruire una nuova “Sintesi Estesa” sopra al, per così dire, cadavere della Sintesi Moderna.
E’ su questa base che si innesta l’operazione culturale di Nature, che ha riunito un gruppo di ricercatori favorevoli alla Sintesi Estesa e l’altro contrario. I due gruppi sono stati chiamati dai sostenitori della Sintesi Estesa con gli acronimi EES (Extended Evolutionary Sinthesis) e SET (Standard Evolutionary Theory) che useremo qui per brevità. Nature ha chiesto ai due schieramenti di esporre le diverse posizioni, e ha intitolato l’articolo, nel suo complesso, La teoria evoluzionistica ha bisogno di un ripensamento?
I sostenitori della EES intitolano il loro intervento Yes, urgently, sì, urgentemente, e basano la loro posizione sul fatto che la teoria attuale (SET) fa affidamento soltanto sui geni ed è concentrata sui processi che ne alterano le frequenze (vedi specchietto); al contrario, agenti importanti dell’evoluzione che non possono essere ridotti ai geni devono essere incorporati nella struttura profonda della teoria evoluzionistica darwiniana. Ad esempio: gli organismi sono generati attraverso un processo di sviluppo complesso e sottoposto a molti diversi fattori, non sono cioè semplicemente “programmati” dai geni. La biologia evoluzionistica dello sviluppo (EvoDevo in gergo) ha messo in luce che molte variazioni che alterano lo sviluppo (e quindi il suo risultato finale, l’organismo adulto) non sono casuali, come esemplificato da un gruppo di centopiedi dove più di mille specie diverse hanno un numero dispari di segmenti a causa del loro meccanismo di sviluppo. I pesci ciclidi dei laghi Malawi e Tanganica formano ciascuno un gruppo monofiletico con centinaia di specie, ma le forme che le diverse specie assumono si ripetono nei due laghi in modo impressionante. Convergenza, dice la SET. Rispondono i sostenitori della EES: ma quante coincidenze dobbiamo chiamare in causa? Non sarebbe più parsimonioso immaginare che modelli di sviluppo orientati, assieme alla selezione naturale, guidino la formazione delle nuove specie? Un altro tipo di sviluppo orientato accade in seguito ad un fenomeno ben noto, chiamato plasticità dello sviluppo, ossia il fatto che individui dotati dello stesso corredo genetico possono dare luogo a fenotipi diversi, a volte diversissimi, se sviluppatisi in ambienti diversi. In tal caso, un intervento della selezione successivo alla produzione di varianti fenotipiche, potrebbe, dato un tempo sufficiente, “fissare” fenotipi diversi generando speciazione: in tali casi il cambiamento genetico segue, piuttosto che precedere, l’evoluzione. È questo il fenomeno dell’assimilazione genetica, noto fin dagli anni ’50 del ‘900. Abbastanza simile a questo meccanismo è la “speciazione ecologica”, quel fenomeno per il quale popolazioni dotate di plasticità fenotipica sviluppano fenotipi diversi in ambienti diversi, ma identici in ambienti ecologicamente simili, anche se geograficamente lontani. Negli spinarelli (Gasterosteus aculeatus) si è verificata interfecondità maggiore fra “popolazioni” ecologicamente simili ma geograficamente separate che non fra popolazioni ecologicamente diverse che vivono nel medesimo lago. 
Un altro tema caro ai sostenitori della EES è quello della relazione fra organismi e ambiente. C’è una bella differenza fra l’adattamento che consente alle termiti di costruire i loro nidi e un’eruzione vulcanica, dicono gli autori; un’eruzione vulcanica è un fenomeno a sé stante, indipendente dalla vita degli organismi, mentre la costruzione dei termitai è legata alla biologia di un gruppo di viventi, che con il loro lavoro modificano l’ambiente, e quindi la nicchia ecologica delle generazioni successive. È la teoria della “costruzione della nicchia”. L’ambiente dunque non “giudica” le varianti genetiche prodotte a caso, ma viene, almeno in parte, continuamente costruito e modificato dai viventi. Ma non è solo un ambiente modificato che una generazione lascia alla successiva come un’eredità non-genetica. Vi è pure un’eredità epigenetica – che non passa attraverso il DNA, all’interno delle cellule. L’azione dei geni può venire modificata o alterata da molecole che si attaccano al DNA senza modificarne la sequenza. Insomma, nel complesso in questi casi “la variazione non è casuale, c’è molto più da ereditare oltre ai geni, e vi sono molte strade per adattare gli organismi all’ambiente”. Naturalmente, i fenomeni descritti sono noti anche alla SET, che però li interpreta altrimenti: ad esempio, i fenomeni di sviluppo orientato sono letti come “vincoli” a ciò che la selezione può fare, ostacoli all’adattamento. Al contrario l’EES vede i processi di sviluppo come elementi creativi dello sviluppo.
L’intervento dei favorevoli alla SET è intitolato No, all is well, no va tutto bene. Dopo aver ricostruito brevemente la storia della Sintesi Moderna, essi presentano le scoperte ad essa successive, non come sovvertimento dei suoi fondamenti, ma come sviluppi della sintesi. Ad esempio, la teoria neutrale dell’evoluzione molecolare sarebbe prevedibile se consideriamo tutto lo spettro dei valori della selezione naturale, dai più negativi ai più positivi. Nella “zona mediana” ci sarà posto pure per valori neutrali della selezione! Passano poi a considerare i quattro temi più sottolineati dai sostenitori della EES: la plasticità fenotipica, la costruzione della nicchia, l’eredità inclusiva e lo sviluppo indirizzato. Naturalmente quei dati sono da essi accettati e considerati, anzi essi affermano di studiare attivamente tali fenomeni, ma di considerarli più espansioni dell’evoluzionismo – visto come una disciplina in crescita continua – che non come eresie in grado di scalzare i fondamenti di una disciplina universalmente accettata grazie all’accumulo ormai irreversibile di prove. I sostenitori della SET aggiungono addirittura altri fenomeni importanti, non considerati a loro dire nella parte dell’articolo scritto dai sostenitori della EES: l’epistasi, il fenomeno che si verifica quando una coppia di alleli copre l’espressione fenotipica di un’altra coppia di alleli; la variazione genetica criptica (mutazioni che si manifestano solo in particolari condizioni ambientali); l’estinzione; l’adattamento al cambiamento climatico… ma affermano che ogni evoluzionista avrebbe una lunga lista di fenomeni altrettanto degni di attenzione. E aggiungono “oppure potremmo rimboccarci le maniche, tornare al lavoro, identificare i fondamenti teorici e costruire uno schema solido sulla base di casi empirici.”  
L’atteggiamento che la EES deride come gene-centrico è stato il programma più potentemente predittivo, largamente applicabile, ed empiricamente validato, della teoria evoluzionista. Al contrario, l’importanza della plasticità fenotipica è ben nota, ma, afferma la SET, essa ha comunque una base genetica, e le osservazioni e gli esperimenti di Waddington sulla assimilazione genetica sono stati recentemente reinterpretati come dovuti a selezione a carico delle heat shock proteins. Sulle forme di eredità epigenetica essi affermano che non esiste alcun caso provato di un evento evolutivo rilevante che abbia una base solo epigenetica. I quattro fenomeni che i sostenitori della EES pongono alla base della loro critica sono invece da considerarsi come “aggiunte” ai processi fondamentali del cambiamento evolutivo: selezione naturale, deriva genetica, mutazione, ricombinazione e flusso genico. “Anche noi – concludono i sostenitori della SET – vogliamo una sintesi estesa, ma per noi queste parole sono in minuscolo, perché questo è il modo nel quale il nostro campo ha sempre proceduto”.
  
Mi sembra che una conclusione forte che si può trarre dalla lettura di questo articolo sia che il limite maggiore all’accettazione generalizzata della proposta della EES sia la mancanza di un nucleo fondante centrale: essa, per ora, è più orientata ad una critica di molti aspetti, anche importanti, della SET, piuttosto che alla proposta di una nuova teoria solida e comprensiva.
 
Marco Ferraguti
  
Questo specchietto è nei materiali aggiuntivi dell’articolo 
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La teoria evoluzionistica standard (SET) è gene-centrica, e considera processi evolutivi solo quelli che cambiano le frequenze geniche
 
Mutazione: introduce nuove varianti a caso. L’occorrenza ripetuta delle stesse varianti geniche si chiama pressione mutazionale
Selezione naturale: rende le varianti adattative più comuni attraverso sopravvivenza e riproduzione differenziali
Deriva genetica: fluttuazioni casuali nella frequenza delle varianti genetiche causate dal campionamento in piccole popolazioni
Flusso genico: le varianti entrano ed escono da una popolazione per migrazione, dispersione o incrocio
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La sintesi estesa (EES) è centrata sugli organismi e riconosce altri processi in aggiunta a quelli che cambiano le frequenze geniche
 
Influenza dello sviluppo: il processo di sviluppo guida le forme degli organismi lungo percorsi particolari
Plasticità: nuove forme, potenzialmente funzionali, sono indotte dall’ambiente e successivamente stabilizzate dalla selezione
Costruzione della nicchia: gli organismi modificano sistematicamente le risorse ambientali fino ad influenzare lo sviluppo e l’evoluzione dei discendenti attraverso una modificazioni delle pressioni selettive
Eredità inclusiva: gli organismi ereditano una gran  varietà di materiali dai loro antenati, inclusi marcatori epigenetici, ormoni, simbionti, conoscenze ed abilità apprese, retaggi ecologici.
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Riferimenti:
Kevin Laland, Tobias Uller, Marc Feldman, Kim Sterelny, Gerd B. Müller, Armin Moczek, Eva Jablonka, John Odling-Smee, [a favore della EES] Gregory A. Wray, Hopi E. Hoekstra, Douglas J. Futuyma, Richard E. Lenski, Trudy F. C. Mackay, Dolph Schluter & Joan E. Strassmann [a favore della SET]. Does evolutionary theory need a rethink? Nature, Vol. 514, n. 7521, pp. 161-164.
J. Huxley Evolution, the Modern Synthesis. Allen and Unwin, London, 1942.  trad. it. della seconda edizione inglese Evoluzione, la sintesi moderna, Ubaldini Editore, 1966