Elisabetta Fiorini Mazzanti, la scienziata delle “piante imperfette”

Elisabetta Fiorini Mazzanti

Elisabetta Fiorini Mazzanti è stata una scrittrice e botanica, nota per i suoi lavori sui muschi e sulle alghe. Grazie ai suoi studi, nell’Ottocento, l’interesse per le crittogame acquisì un’enorme importanza per la biologia generale.

Nella prima metà dell’Ottocento non erano poche le donne che si dedicavano per diletto all’osservazione della natura, alla collezione di piante nonché allo studio dei lavori degli esperti. Raramente però questi passatempi dilettantistici raggiunsero alti livelli scientifici, fatta eccezione per i lavori della contessa Fiorini Mazzanti.
Elisabetta Fiorini Mazzanti nacque a Terracina il
3 giugno 1799, unica figlia del conte Giuseppe e di Teresa Scirocchi. Perse precocemente la madre e il padre si fece carico della formazione di sua figlia, conscio dei ruoli che una persona del suo rango avrebbe dovuto assumere in futuro, come i doveri amministrativi di erede delle tenute familiari. La sua educazione comprese la storia, la geografia, la letteratura e l’arte, il disegno e la figura, il pianoforte, oltre allo studio del latino e delle lingue (francese, inglese e tedesco). Fin da bambina mostrò “serietà di carattere, rendendola amante delle nobili occupazioni della mente, e sdegnosa di tutto ciò che era frivolo e inutile”, scrisse dopo la sua morte il conte Francesco Castracane, naturalista, negli Atti dell’Accademia Pontificia de’ Nuovi Lincei. La contessina abitava a Roma, ma nei mesi estivi raggiungeva le tenute presso il Circeo e la sua città natale: qui raccoglieva e collezionava piante. Ebbe inizio così la sua grande passione per la botanica. 

La botanica e tutto il resto 
Già a 7 anni aveva la passione per le piante, che raccoglieva nelle tenute di famiglia, sotto monte Leano, in zona Monticchio, presso il monte detto Circello (l’attuale Circeo). Si interessò sempre più alla botanica e, a 20 anni, trovò nel geologo e naturalista di fama internazionale Giambattista Brocchi (1772-1826) il suo primo mentore. Iniziò un ricco carteggio tra i due, nel corso del quale Elisabetta spediva piante essiccate per ricevere aiuto nella difficile identificazione e classificazione, e Brocchi gliele rimandava corredate di spiegazioni e correzioni. Inoltre, grazie a Brocchi, conobbe le figure scientifiche più illustri del tempo, tra le quali, solo per citarne alcune, i botanici Giuseppe De Notaris (1805-1877), Vincenzo Cesati (1806-1883) e Louis René Tulasne (1815-1885), i naturalisti Antonio Targioni Tozzetti (1785-1856) e Carlo Luciano Bonaparte. Il suo interesse per le scienze naturali era apprezzato e continuamente stimolato dagli illustri personaggi che frequentavano il salotto di casa sua. Man mano che le sue conoscenze e competenze progredivano, si inserì in vari circoli botanici inviando loro centinaia di esemplari di piante rare, spesso corredate di spiegazioni. Tuttavia, quando il dovere chiamava, non si tirava indietro, mettendo da parte i libri di botanica: esaminava vecchi libri di amministrazione, rovistava in polverosi fasci di carte e scritti legali per recuperare capitali o gestire affittuari ed inquilini, incontri e colloqui con periti agrari e legali. In tal modo, la sua accorta amministrazione fece risorgere il suo patrimonio, recuperò i crediti, ridusse l’agiatezza della sua casa. Finiti i suoi doveri amministrativi, poteva tornare alla sua amata flora. 

La prima pubblicazione 
Elisabetta mostrava una naturale predisposizione verso la botanica e i suoi progressi negli studi furono rapidi, facendola emergere nel panorama scientifico locale. Infatti, nel 1823, pubblicò un’appendice al Prodromus Florae Romanae di Ernesto Mauri (1791-1836), direttore dell’Orto botanico di Roma, sul “Giornale Arcadico”. Prodromus Florae Romanae giovò del lavoro di Fiorini che, nel complesso, l’arricchì di centro nuove specie tra il 1823 e il 1828. Inoltre, inviò centinaia di esemplari dei sobborghi romani a Bologna, dove Antonio Bertoloni (1775-1869) li inserì nell’opera Flora italica. 

Il 20 settembre 1829 sposò il conte e giureconsulto Cav. Luca Mazzanti, morto nel 1841. Ebbe tre figlie, due delle quali morirono in tenera età; la terza, Veneranda, ancora adolescente, morì e, poco dopo, venne a mancare anche il conte Fiorini. Elisabetta aveva 40 anni, ed era sola. La sua famiglia era costituita solo da sé stessa. Dopo alcuni anni dai lutti, riprese le sue attività di ricerca, rifugiandosi nell’amore per la natura e per gli studi naturalistici. Adottò, educò e amò come una figlia Enrichetta, la nipote del suo maestro Ernesto Mauri.  

La crittogamologia diventa scienza 
Nel 1831 Elisabetta Fiorini Mazzanti pubblicò Specimen Bryologiae Romanae, che suscitò ammirazione sia in Italia che all’estero. L’opera fu seguita, dieci anni dopo la prima pubblicazione, da una seconda edizione ampliata e aggiornata. Specimen riguardava un ambito di studio che perfino i botanici del tempo reputavano inutile e insignificante: la crittogamologia, lo studio di funghi, alghe, muschi e licheni. Piante imperfette, prive di radici, di foglie, di fiori e di frutti”, così venivano chiamate le crittogame a quel tempo.

Probabilmente, per i più era un ambito insignificante perché richiedeva molto lavoro, attenzione e dedizione. Le dimensioni minutissime dei muschi rendevano difficile qualsiasi approccio scientifico: la loro descrizione e distinzione in specie diverse era ostica perché si basava spesso su piccolissimi dettagli, riscontrabili solo dopo una paziente indagine microscopica. Elisabetta seguì il metodo di classificazione delle specie dei muschi proposto da
Johann Hedwig (1730-1799), noto botanico tedesco, basato sulle caratteristiche della capsula e del peristoma (il complesso dei prolungamenti che proteggono la bocca dell’urna contenente le spore). Le specie erano descritte secondo la morfologia, la collocazione, il sinonimo coniato da altri autori. Fiorini aveva l’esperienza, le conoscenze e le competenze per compiere questi studi in una scienza giovane e senza una tradizione importante. Era il momento storico giusto perché nel corso dell’Ottocento l’interesse per le crittogame acquisì un’enorme importanza per la biologia generale. E questo fu senz’altro merito anche degli studi di Elisabetta Fiorini, come le attestarono, con stima, parecchi botanici italiani e francesi:  

“Quantunque sentisse la difficoltà di mettersi in un nuovo campo di studio, eccitata  dall’attesa del piacere che deriva dall’ostacolo superato diesi animosa all’impresa, cercando da qualche libro su la materia…” (Conte Ab. Francesco Castracane, Atti dell’Accademia Pontificia de’ Nuovi Lincei, Sessione VI del 25 maggio 1879, pag. 315) 

Gli studi terracinesi e sulle alghe 
I suoi interessi non si esaurirono e compì importanti studi di ampelografia, la disciplina che descrive morfologicamente i differenti vitigni e li classifica secondo determinati criteri sistematici. Tali studi le valsero l’ingresso all’Accademia Reale delle Scienze di Torino. Elisabetta Fiorini amministrò sempre con rigore le sue terre pontine, ma si dedicò anche agli studi naturalistici nell’agro terracinese, nelle zone palustri, nei pressi dei corsi d’acqua e nei boschi sui rilievi dei Monti Lepini ed Ausoni. Tali studi le consentirono, nelle estati comprese fra il 1858 e il 1868, di scoprire nuove specie e dare alle stampe numerose pubblicazioni che sono agli Atti dell’Accademia de’ Lincei.  

Successivamente, si dedicò molto allo studio delle alghe d’acqua dolce e termale, di cui scoprì numerose specie: per esempio, Hypnum formianum, trovato in provincia di Napoli; Amphora bullosa, specie inedita di diatomea, nelle acque salso-acidule presso Terracina. 

Negli anni Cinquanta pubblicò lo studio dettagliato dell’anatomia e del ciclo di sviluppo dell’alga azzurra Nostoc comune. Secondo la biologia odierna Nostoc appartiene al genere di cianobatteri azotofissatori (batteri capaci di accoppiare la fissazione dell’azoto atmosferico con la fotosintesi), ma, ai tempi di Elisabetta Fiorini, questi venivano considerati ‘alghe’ e pertanto appartenevano al regno vegetale. Inoltre, Fiorini li descriveva come Collemi “immaturi” (Collema Pulposum della famiglia dei licheni). Grazie alle osservazioni fatte nel giardino di Boboli a Firenze, Fiorini condusse anche uno studio sul rapporto tra Nostoc e Collema (Sulla identità del Nostoc con il Collema): avanzò l’ipotesi che si trattasse di due organismi identici e li analizzò. Purtroppo la sua ipotesi era sbagliata perché non si trattava di un organismo ma di due, “un’alga” e un fungo, che vivono in simbiosi. L’errore fa parte della scienza. L’aspetto importante è che Fiorini operò con metodo: svolse un’attenta analisi microscopica citologica, istologica e chimica.  

Flora romana 
Negli ultimi anni della sua vita si occupò della vegetazione del Colosseo e di altre rovine romane, protestando contro il governo italiano che, conquistata Roma (1870), voleva ripulire tutti i monumenti dalle “erbacce”. In Florula del Colosseo, dimostra che le “erbacce”, a cui aveva dedicato quattro anni di ricerche, erano scientificamente importanti. L’opera è un compendio di oltre 300 piante tra fanerogame (piante con organi riproduttivi ben visibili, caratterizzate dalla presenza del seme) e crittogame, pubblicata dall’Accademia dei Nuovi Lincei e presentato dall’autrice presso la sede dell’Accademia dal 1874 al 1878. Non era solo un trattato scientifico ma anche un appello per la preservazione delle crittogame e delle piante in genere. 

Una scienziata alla pari 
Elisabetta Fiorini Mazzanti mantenne un vivace rapporto con i pari ed era interessata anche alle più piccole conquiste degli altri nel campo della botanica. Fu una scienziata non accademica di alto livello che, durante i 55 anni delle sue ricerche, pubblicò più di trenta lavori e creò una raccolta di muschi europei apprezzata dai suoi colleghi. All’età di 74 anni, partecipò a Firenze al Congresso internazionale di botanica: fu ben accolta e strinse nuove amicizie con i botanici presenti. È stata membro di diverse società accademiche, come la Reale Accademia delle Scienze di Torino, l’Accademia di orticoltura di Bruxelles, l’Accademia agraria di Pesaro, l’Accademia Tiberina di Roma, l’Accademia economico-agraria dei Georgofili e Società Medico – Fisica Fiorentina di Firenze, la Pontificia Accademia dei nuovi Lincei (prima e unica donna dall’inizio della sua istituzione. Tuttavia, dopo la sconfitta dello Stato pontificio e la proclamazione di Roma come capitale del Regno d’Italia, rifiutò l’invito di diventare socia), la Leopoldina curiosorum naturae di Dresda. Fu un’osservatrice scrupolosa, ben istruita nella classificazione linneiana e straordinariamente seria nell’indagine naturalistica. Si spense a Roma il 23 aprile 1879.   

Fare scienza e autofinanziarsi 
Una nota sempre presente nelle figure finora analizzate dalla rubrica “L’evoluzione non ha genere” riguarda l’errore perché è parte del lavoro di uno scienziato o di una scienziata. E’ il punto di partenza per porsi nuove domande e formulare ipotesi. I lavori della botanica romana non erano privi di errori: Fiorini, però, seppe dimostrare sempre la rigorosità e l’originalità dei suoi studi. Inoltre, Elisabetta aveva allestito il suo laboratorio attingendo alle sue personali risorse economiche, curando le relazioni e partecipando, per quanto le era concesso, alla vita scientifica dell’epoca. I riconoscimenti ricevuti, le manifestazioni di stima da parte dei colleghi, le iscrizioni accademiche, l’importanza delle sue ricerche non lasciano dubbi sul fatto che il suo contributo alla botanica non fu marginale. Ma i limiti imposti dalla società e dalla cultura del tempo, confinarono la sua ricerca “nella stanza della colazione”, come osserva la storica Federica Favino nel libro Donne e scienza nella Roma dell’Ottocento riferendosi alla dimensione domestica, lontana dai laboratori e dall’istruzione riservata ai colleghi, in cui erano costrette a operare tante botaniche dell’epoca. Donne che, secondo Ann B. Shteir, professoressa emerita all’Università di York, riferendosi anche a Mary Kirby (1817–1893, scrittrice e illustratrice di scienze naturali), erano attive in campo botanico e al passo sullo stato dell’arte del campo, ma venivano offuscate dalla scienza botanica mainstream, cioè quella più tradizionale e anche più seguita dal grande pubblico. 

Stima e riconoscenza per merito 
La notizia della sua morte fu diffusa dalle più importanti riviste botaniche europee e le dimostrazioni di stima furono diverse: Giuseppe Balsamo Crivelli (1800-1874) e Giuseppe De Notaris le dedicarono l’opera sui muschi delle Alpi lombarde, Prodromus bryologiae mediolanensis. Diversi botanici chiamarono nuove specie con il suo cognome: per esempio, Camille Montagne (1784-1866) le dedicò il genere Mazzantia. 

“Quale fosse la meraviglia dei Botanici Italiani più provetti nel vedere una giovine Signora muovere con piè sicuro nell’arduo arringo degli studi briologici e crittogamici, ce ne fanno fede i Professori Balsamo Crivelli e De Notaris, i quali nel pubblicare la Briologia Milanese non credettero poter far meglio che dedicare il loro lavoro alla Fiorini” (Conte Ab. Francesco Castracane, Atti dell’Accademia Pontificia de’ Nuovi lincei, Sessione VI del 25 maggio 1879, pag. 315). 

Conclusioni 
Fiorini visse e lavorò all’interno di una società e di una famiglia di tipo patriarcale fortemente gerarchizzata, in cui il ruolo della donna era totalmente subalterno, indipendentemente dalla classe di provenienza. Non c’è dubbio che Elisabetta Fiorini Mazzanti fu pioniera nello studio di crittogame e briofite. Per il resto, Elisabetta condivise il destino di tutte le scienziate a lei coeve: un padre illuminato, un mentore maschio, l’esclusione dagli enti in cui si esercitava la scienza. Il suo ritratto è presente anche nella raccolta Iconografia dei Botanici, conservata presso l’Orto botanico di Padova.

I suoi Erbari fanno parte dell’Erbario Romano e dell’Erbario Generale, conservati presso il Museo Erbario del Dipartimento di Biologia Ambientale della Sapienza Università di Roma. 

La diligenza e l’impegno, però non bastarono del tutto. Mancavano una formazione universitaria, che non poteva essere sostituita dalle esperienze di laboratorio, e maestri a Roma da cui poter apprendere dal vivo. I suoi lavori apparivano a tratti dilettantistici e i suoi mentori non mancavano di sottolinearlo con critiche che, spesso, la lasciavano sconsolata. Fiorini rispondeva nell’unico modo possibile: lavorare, studiare e fare ricerca. 

“In Elisabetta Fiorini Mazzanti, la di cui perdita deploriamo, si ebbe il compimento di tutte le più alte qualità…le doti tanto meritate da Lei, che avemmo attiva collaboratrice, possa essere eccitamento ad emularla in tutto a quelle, che dotate di mente elevata sentansi portate a fare che il tempo (…) sia impiegato nello studio attraente e nella meditazione della Natura” (Conte Ab. Francesco Castracane, Atti dell’Accademia Pontificia de’Nuovi lincei, Sessione VI del 25 maggio 1879, pag. 308-309) 

Riferimenti:
Fiorini Mazzanti Elisabetta — Scienza a due voci. (2022, November 12). Retrieved from https://web.archive.org/web/20221110094254/http://scienzaa2voci.unibo.it/biografie/52-fiorini-mazzanti-elisabetta

Cenni biografici su la contessa Elisabetta Fiorini Mazzanti / 25 maggio 1879 – Atti della Accademia Pontificia de’ Nuovi Lincei (1878 – 1879, Annata 32, Tomo 32, nessun fascicolo). (2022, November 12). Retrieved from http://emeroteca.braidense.it/beic_attacc/sfoglia_articolo.php?IDTestata=921&CodScheda=00AB&Alph=All&OB=progetto&OM=DESC&SearchString=&SearchField=&PageRec=50&PageSel=19&PB=2&IDT=27&IDV=457&IDF=0&IDA=14966

Favino, F. (2021). Donne e scienza nella Roma dell’Ottocento. Viella Libreria Editrice. Retrieved from https://books.google.it/books?id=6mghEAAAQBAJ&pg=PA136&lpg=PA136&dq=muschi+genere+Fiorinia&source=bl&ots=1YvH24XxcC&sig=ACfU3U1UZL6moaBQGIKTUXRU8w0-qSTMBA&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwj2g_6lxsP5AhXf8LsIHVrABfsQ6AF6BAgREAM#v=onepage&q=muschi%20genere%20Fiorinia&f=false

Storia della micologia italiana e primo contributo alla nomenclatura corretta dei funghi. (2016, March 21). Retrieved from https://www.isprambiente.gov.it/it/pubblicazioni/manuali-e-linee-guida/storia-della-micologia-italiana-e-primo-contributo-alla-nomenclatura-corretta-dei-funghi