Gli alti e bassi della vita

Da tempo gli scienziati vanno alla ricerca di periodicita’ nelle esplosioni della biodiversita’ e nelle estinzioni di massa: ecco una storia piuttosto interessante…. Brian Hayes, giornalista di American Scientist, racconta una storia di fossili e funzioni matematiche nell’articolo lavoro pubblicato su Nature lo scorso Marzo dal fisico R. Muller (Lawrence Berkeley National Laboratory) coadiuvato dallo studente Robert Rohde (UC Berkeley):

Da tempo gli scienziati vanno alla ricerca di periodicita’ nelle esplosioni della biodiversita’ e nelle estinzioni di massa: ecco una storia piuttosto interessante….

Brian Hayes, giornalista di American Scientist, racconta una storia di fossili e funzioni matematiche nell’articolo Life Cycles, pubblicato su American Scientist di Luglio/Agosto. Tutto prende origine dal lavoro pubblicato su Nature lo scorso Marzo dal fisico R. Muller (Lawrence Berkeley National Laboratory) coadiuvato dallo studente Robert Rohde (UC Berkeley): i due cercano possibili oscillazioni periodiche nella storia della vita attraverso metodi computazionali. Gli ingredienti della ricerca sono fondamentalmente tre: uno e’ costituito dal database che rappresenta gli eventi temporali importanti per la ricerca, e cioe’ le progressive comparse ed estinzioni di organismi, ottenute da evidenze fossili. Sapete chi e’ il paziente paleontologo che negli anni ha strutturato questo database? Si chiamava John Sepkoski ed era uno studente di Stephen J. Gould: dai primi anni ’70 fino al 1999, anno della sua prematura scomparsa, John ha raccolto le “date” di “nascita” e di “morte” di moltissimi generi, registrando cioe’ lo strato geologico rispettivamente piu’ vecchio e quello piu’ giovane dove sono presenti organismi di un dato genere. Il suo compendio, contenente piu’ di 36000 generi di organismi marini vissuti nell’eone Fanerozoico (0-542 Milioni di anni fa), e’ stato pubblicato nel 2002, ed e’ disponibile anche in CD-ROM. Il secondo importante ingrediente serve per tradurre gli intervalli geologici in tempi assoluti: proprio nel 2004 la International Commission on Stratigraphy ha pubblicato una nuova calibrazione delle sequenze geologiche, la cosiddetta Geologic Time Scale 2004. A questo punto i circa 300 intervalli geologici di Sepkoski diventano per Muller e Rohde date vere e proprie, espresse in milioni di anni, e si possono costruire grafici che mostrano il numero di generi presenti in un dato tempo. Questi grafici non sono certo linee rette: mostrano picchi e valli di diversa profondita’, ed e’ difficile ad occhio nudo poter scorgere una determinata periodicita’. E’ qui che entra in gioco il terzo, fondamentale ingrediente della ricerca: la Trasformata di Fourier. Detto in termini molto semplici, questo e’ uno strumento matematico capace di mettere in evidenza eventuali segnali periodici in una curva funzione del tempo. Se applichiamo, per esempio, l’analisi di Fourier al nostro grafico della diversita’ fossile nel tempo, ci verra’restituito un grafico che mostra quali intervalli di tempo (periodicita’) contribuiscono maggiormente alla forma finale della curva stessa. Si scopre cosi’ che svettano i contributi di due precise periodicita’: 62 milioni di anni e (meno intensa) 140 milioni di anni. Sono contributi significativemente (dal punto di vista statistico) piu’ intensi rispetto al background, e quindi “reali”? E’ la domanda che qualsiasi analista si pone dopo aver ottenuto i propri risultati. Muller e Rohde rispondono con una simulazione MonteCarlo: si dimostra che generando migliaia di grafici casuali di diversita’ fossile si ottiene il medesimo risultato di periodicita’ di 62 milioni di anni in meno di un caso su cento (meno sicuro e’ il dato sulla periodicita’ di 140 milioni di anni). La periodicita’ di 62 milioni di anni nella fluttuazione di biodiversita’ e’ stata suggerita gia’ negli anni ’70 da Keith Stewart, allora alla Yale University. Naturalmente regolarita’ a cosi’ lungo termine suggeriscono motivi esterni ai sistemi biologici stessi: fenomeni astronomici (anche con effetti climatici) o geologici (vulcanismo ricorrente) vengono invocati anche dagli autori. La storia potrebbe finire qui, ma la cosa interessante e’ che Brian Hayes ha pensato bene di usare egli stesso gli ingredienti della ricerca, aiutato dal materiale messo a disposizione dagli autori del lavoro (e’ disponibile per tutti, basta cliccare su Supplementary Info nel link di Nature). Con un po’ di “rodaggio” sull’uso dei dati e della Trasformata di Fourier, Hayes e’ giunto agli stessi risultati dell’articolo: un modo simpatico per stimolare il lettore, laddove sia possibile, a verificare metodi e risultati ed anche a cimentarsi con gli strumenti degli “addetti ai lavori” per simulare a casa propria una personalissima esplosione o estinzione di massa!!! Paola Nardi