Gli insetti parassitoidi artici come bioindicatori del cambiamento climatico

Uno studio, frutto della collaborazione internazionale, evidenzia un cambiamento nella composizione delle specie parassitoidi degli artropodi artici, gettando luce sul cambiamento dell’intero ecosistema

Nonostante quando si parla dell’ecosistema artico, orsi polari e foche rubino la scena, i veri dominatori delle vaste lande di piante erbacee e arbustive sono gli artropodi. Ad alte latitudini troviamo i ditteri, importanti impollinatori delle piante che compongono le lande, mentre a latitudini inferiori prosperano lepidotteri come le falene, le cui larve brucano voracemente foglie e petali.

I predatori di questi artropodi sono gli insetti parassitoidi, a metà tra i predatori e i parassiti, il cui scopo è trovare una vittima all’interno della quale far sviluppare la propria larva carnivora. Queste specie di insetti, parassitoidi sia dei ditteri che dei lepidotteri, utilizzano due principali strategie: i parassitoidi idiobionti depongono l’uovo nella vittima e la larva, appena schiusa, inizia immediatamente a divorare l’ospite uccidendolo in brevissimo tempo; i parassitoidi koinobionti, invece, maturano all’interno del loro ospite lasciandolo in vita e aspettando che trovi un rifugio caldo per svernare, prima di ucciderlo.

Entrambe le strategie hanno vantaggi e svantaggi: gli idiobionti sono più generalisti e impiegano meno tempo a trovare una vittima. Dato, però, che la larva riduce o inibisce a colpi di morsi la capacità dell’insetto preda di muoversi, quest’ultimo e la larva al suo interno rimangono maggiormente esposti alle basse temperature, il che rende il freddo un fattore limitante. I koinobionti, invece, si sono specializzati su un ospite in particolare e nel corso dell’evoluzione sono diventati in grado sia di occultarsi al sistema immunitario della vittima ma anche ad attendere che il proprio ospite si sia messo al riparo dal gelo, prima di cominciare a divorarlo. In questo caso lo svantaggio sta nella stretta dipendenza da una particolare specie di artropode.

Uno studio pubblicato su Global Change Biology si è focalizzato proprio su questi insetti parassitoidi che popolano le regioni artiche ed, in particolare, sulla scelta dell’ospite e sulla strategia utilizzata. Attraverso lo studio di queste specie, gli scienziati sono stati in grado di ottenere altre importanti informazioni, come ad esempio il numero e la tipologia delle prede. Non è un caso infatti che gli insetti parassitoidi sono stati di fatto scelti come bioindicatori dei possibili cambiamenti all’interno del delicato ecosistema artico, provocati dall’innalzamento delle temperature medie sperimentato negli ultimi decenni.

La zona artica è quella che sta subendo gli effetti peggiori del surriscaldamento globale: è noto infatti che questa regione si sta scaldando due volte più velocemente rispetto ad altre zone del pianeta. Studiare i rapidi cambiamenti di questa regione può fornire dati che aiutino a prevedere i cambiamenti negli ecosistemi di altre regioni del mondo.

Più di 70 ricercatori provenienti da diversi paesi, riuniti in 21 team dislocati in 19 località attraverso tutta la regione artica si sono impegnati in questo studio. Hanno ricevuto dei kit per prelevare in maniera standardizzata dati su piante del genere Dryas, per poi confrontarli insieme. Queste piante, appartenenti alla famiglia delle rosacee, ricoprono le lande artiche e sono al centro di questa relazione tra parassitoidi e artropodi. Sono, infatti, il cibo delle larve dei lepidotteri che ne brucano i petali bianchi. Sono, inoltre, fonte di cibo per i ditteri ai quali forniscono delizioso nettare zuccherino in cambio del trasporto del polline. Le Dryas sono, pertanto, indispensabili anche per gli insetti parassitoidi perché forniscono cibo alle loro vittime.

I risultati ottenuti dalla ricerca, mostrano come nelle zone che hanno sperimentato un rapido aumento delle temperature medie, sia aumentato il numero di parassitoidi dei lepidotteri e la strategia maggiormente utilizzata sia pertanto quella idiobionte. Inoltre, sono aumentati i danni riportati alle piante del genere Dryas a causa del loro consumo da parte delle larve. L’aumento del numero di parassitoidi dei lepidotteri significa che anche questi ultimi sono in aumento, in accordo con l’aumento delle temperature medie che favorisce e spinge sempre più a Nord questi insetti. I ditteri, al contrario, sperimentano un calo del loro numero, essendo adattati a temperature più basse.

Anche l’aumento della strategia idiobionte è causata dall’aumento delle temperature: una strategia generalista senza più il fattore limitante del freddo garantisce una fitness ben più alta della raffinata strategia koinobionte, portando ad uno squilibrio all’interno dell’ecosistema in favore dei parassitoidi idiobionti.

Infine, l’aumento dei danni riscontrati sulle piante del genere Dryas correlano perfettamente con l’aumento di larve dei lepidotteri dedotto dall’aumento dei parassitoidi di quest’ultime. Le piante del genere Dryas sono, quindi, minacciate da un eccesso di larve erbivore e da una diminuzione dei suoi simbionti mutualisti impollinatori, tutto ciò a causa del rapido innalzamento delle temperature medie provocato dal surriscaldamento globale.

Questi risultati sono allarmanti, poiché la diminuzione delle piante del genere Dryas mette in pericolo la biodiversità dell’intero ecosistema artico, essendo le specie vegetali di riferimento per l’intera comunità di artropodi, su cui a sua volta si basano le reti trofiche di quella regione.

Fonti:
Kankaanpää T, Vesterinen E, Hardwick B, et al. Parasitoids indicate major climate-induced shifts in arctic communities. Glob Change Biol. 2020;00:1–20. https://doi.org/10.1111/gcb.15297

Immagne: Jörg Hempel / CC BY-SA 3.0 DE, via Wikimedia Commons