I nostri primi passi. A cura di Luca Sciortino, giornalista scientifico del settimanale Panorama

Prologo Erano meno di un migliaio. Tra loro, 550 donne al massimo. Tutto quello su cui potevano contare era una straordinaria abilità nella caccia e nella pesca e una approfondita conoscenza di piante e radici commestibili. Con imbarcazioni di fortuna varcarono un breve tratto di mare, che ora chiamiamo Mar Rosso, e si lasciarono alle spalle l’angolo dell’Africa nordorientale in

Prologo
Erano meno di un migliaio. Tra loro, 550 donne al massimo. Tutto quello su cui potevano contare era una straordinaria abilità nella caccia e nella pesca e una approfondita conoscenza di piante e radici commestibili. Con imbarcazioni di fortuna varcarono un breve tratto di mare, che ora chiamiamo Mar Rosso, e si lasciarono alle spalle l'angolo dell'Africa nordorientale in cui erano nati. Davanti a loro, il vastissimo continente euroasiatico inesplorato, che dell Homo sapiens non aveva visto nemmeno l'ombra. Iniziava così l'avventura della nostra specie e la colonizzazione di tutto il globo.

Sull'espansione dall'Africa dei nostri progenitori più antichi abbiamo ora dettagli suggestivi come questi. Infatti, una ricerca appena pubblicata su Science, cui hanno partecipato genetisti italiani guidati da Antonio Torroni dell'Università di Pavia insieme con un gruppo internazionale, svela nuovi stupefacenti particolari, per esempio in quali tempi e lungo quale percorso l' uomo moderno si è spinto in Asia ed Europa. Conoscenze preziose che vanno ad aggiungersi a quelle consolidatesi negli ultimi anni: la nostra specie sarebbe comparsa in Africa 200 mila anni fa; sarebbe poi migrata in Asia e in Europa, sostituendo le popolazioni indigene che si erano stanziate ed evolute in seguito alla migrazione dalla «culla» africana di Homo ergaster (un sottoinsieme della specie Homo erectus), circa 1 milione e mezzo di anni prima. Inoltre, almeno 125 mila anni fa, dicono gli ultimi ritrovamenti archeologici, una popolazione di Homo sapiens aveva occupato le coste dell Eritrea, scoprendo le risorse marine. Questo è quanto si sapeva finora.

Ma quale rotta avevano seguito quegli antichi uomini, quali regioni avevano colonizzato per prime e in quali tempi, restava un fatto controverso. Come per altri grandi misteri della nostra storia evolutiva, la chiave di volta stava nel dna dei mitocondri, organelli delle cellule esterni al nucleo. Questo dna ha infatti una caratteristica: si eredita esclusivamente dalla madre, e le differenze tra individui imparentati per via materna sono dovute solo a mutazioni casuali che si accumulano nel tempo. Dall'ammontare di queste differenze è possibile quindi ricostruire un albero genealogico: nel senso che individui che differiscono per una sola mutazione hanno antenate comuni più vicine nel tempo di quelli che differiscono per molte mutazioni. «Comparando il dna mitocondriale di popolazioni asiatiche con quello di popolazioni della Malesia e delle isole Andamane, da sempre isolate geneticamente e discendenti delle prime popolazioni giunte in quelle terre» spiega Torroni «abbiamo determinato l'epoca di uscita dall'Africa e il percorso tracciato dalle successive colonizzazioni, nonché il numero approssimativo di donne che migrarono».

La data scoperta è quella di circa 85 mila anni fa. «Questo ha cambiato le carte in tavola: prima si riteneva che l uomo moderno fosse uscito dall Africa molto più tardi, risalendo il Nilo e passando attraverso l'entroterra della penisola del Sinai» dice Fulvio Cruciani, genetista dell Università La Sapienza di Roma. «Ma ora che l'evento è stato retrodatato, occorre considerare che le condizioni climatiche e le zone abitabili erano altre» aggiunge Torroni. E quindi il percorso per sfuggire al ghiaccio o ai deserti era quasi obbligato: quei nostri progenitori colonizzarono prima migliaia di chilometri di costa. Le comparazioni non hanno fatto altro che confermare. Insomma, ora sappiamo molto di più su come andarono le cose. Eravamo nel pieno di un epoca glaciale: una spessa coltre di ghiaccio ricopriva gran parte dell emisfero settentrionale fino a lambire l attuale Europa centrale; il deserto del Sahara era smisuratamente più ampio e ricopriva quasi tutta l Africa centrosettentrionale e il Medio Oriente; il livello degli oceani era più basso e le linee costiere molto più avanzate; foreste pluviali e aree boschive erano presenti solo nel Sud-Est asiatico e le coste erano gli unici luoghi davvero favorevoli alla vita. Così i primi sapiens scelsero le coste. Passarono a sud, dal Corno d Africa, poi lungo la costa di quello che oggi è lo Yemen, dove potevano ancora sfruttare le risorse del mare. Successive colonizzazioni li spinsero fino alla foce del Tigri e dell Eufrate, circa 70 mila anni fa. A quel punto la via verso nord, che li avrebbe condotti in Europa, non avrebbe però dato scampo: migliaia di chilometri di terre senza vegetazione, per giungere in un continente ghiacciato. L'unica alternativa era proseguire lungo la costa. Vennero così colonizzate le coste dell attuale India e dell Indonesia (dove forse incontrarono l'Homo floresiensis, discendente dell Homo erectus di Giava) e 50 mila anni fa, isola dopo isola, raggiunsero prima il nord e poi il sud dell Australia. Più o meno 45 mila anni fa, il clima era intanto mutato e il deserto arretrato. Allora dalle colonie più antiche sulle coste del Medio Oriente, risalendo il corso del Tigri e dell'Eufrate, probabilmente ruscelli rispetto a ora, partirono popolazioni che raggiunsero l'Europa.

Il resto è storia più nota. Trovarono una specie diversa da loro: gli uomini di Neandertal, creature tozze e dotate di grande resistenza al freddo, che si estinsero soccombendo nella lotta per la sopravvivenza. Poi, 25-30 mila anni fa, dall'attuale Stretto di Bering i sapiens approdarono nel continente americano. La strada per divenire i signori incontrastati del pianeta era compiuta.

Luca Sciortino