I policheti e i loro fotorecettori

Alcuni policheti riescono a percepire la luce anche da strutture presenti in luoghi diversi dal capo

Come percepisce il mondo un animale diverso da noi è difficile, forse impossibile, da comprendere. Ad ogni modo, i tipi di stimoli (esempio, il suono o la luce) che possono essere percepiti e alcuni aspetti del come sono percepiti possono essere descritti, e, così, una vaga idea della percezione di animali diversi da noi può essere immaginata. Il principale senso dell’uomo è la vista ed è quindi facile immaginare come animali con occhi più o meno simili ai nostri vedano come noi o, eventualmente, peggio di noi. Molti animali però hanno occhi piuttosto diversi dai nostri, ne hanno più di due, o possiedono altri organi (in alcuni casi, oltre agli occhi propriamente detti) in grado di percepire la luce. Questi altri organi in grado di percepire la luce si trovano generalmente nel capo, ma non sempre. In alcuni anellidi policheti (vermi marini con un capo ed un tronco composto da una serie di segmenti ognuno con un paio di strutture simili a zampe; vedi immagine) oltre agli occhi sul capo, infatti, sono presenti strutture in grado di percepire la luce in ogni segmento del tronco.
Molti tipi di animali diversi possiedono occhi nel capo; gli occhi sono tipicamente un insieme di cellule (chiamate fotorecettori) che riescono a percepire la luce ed altre che in qualche modo le aiutano (per esempio, nutrendole, dandole sostegno o modificando l’entrata o la direzione della luce). Tra queste ultime si trovano le cellule pigmentate, le quali hanno spesso la funzione di assorbire la luce (troppa luce potrebbe danneggiare i fotorecettori) e che appaiono colorate. Le presenza di cellule pigmentate (e quindi colorate) ha permesso di notare facilmente un elevato numero di occhi e di altri organi (più semplici degli occhi) in grado di percepire la luce in animali diversi, a volte presenti in zone diverse dal capo.
Come ha recentemente mostrato una ricerca su PNAS, nel polichete Platynereis dumerilii (si veda un maschio ed una femmina nell’immagine in alto) sono presenti non solo gli occhi sul capo, ma ogni segmento del tronco possiede anche altri insiemi di fotorecettori: alcuni di questi sono localizzati in una zona pigmentata, nella parte dorsale delle strutture simili a zampe, mentre altri sono localizzati nella parte ventrale del tronco, una zona senza alcuna cellula pigmentata. La funzione di tali fotorecettori non è chiara, ma è stato dimostrato che l’animale riesce a distinguere il buio e diverse intensità di luce grazie a questi.
Oltre all’interesse per la biologia dei policheti, questa scoperta è potenzialmente rilevante per tutti gli invertebrati in genere sotto vari punti di vista; il più importante di questi è la presenza di fotorecettori senza cellule pigmentate. In tutti gli altri animali dove insiemi di fotorecettori erano stati scoperti in vari parti del corpo diverse dal capo (esempio, altri anellidi, larve di insetti, ricci di mare e nell’anfiosso), questa scoperta era avvenuta grazie alla presenza di cellule pigmentate. Ora sappiamo che i fotorecettori possono essere presenti nel corpo anche senza essere associati a pigmenti. 
Come sempre, nella scienza ogni scoperta porta ad un numero maggiore di domande piuttosto che di risposte. Quanto comune è questo fenomeno? Potrebbe essere un tratto relativamente comune ma non notato prima per semplici difficoltà tecniche? E, se ciò fosse corretto, come potremmo cercare noi umani di immaginare la percezione del mondo che ha un animale che vede aspetti diversi del mondo esterno da punti diversi del suo corpo?
Diego Maruzzo
Riferimenti:
Backfish B., Rajan V.B.V., Fischer R.M., Lohs C., Arboleda E., Tessmar-Raible K. e Raible F. Stable transgenesis in the marine anellid Platynereis dumerilii sheds new light on photoreceptor evolution. Proceedings of the National Academy of Science of the USA vol. 110, pp.193-198 (2013). 
L’immagine è modificata da: Fischer A.H.L., Henrich T. e Arendt D. The normal development of Platynereis dumerilii (Nereididae, Annelida). Frontieres in Zoology vol. 7, 31 (2010). Link