I variegati gusti alimentari dei primi mammiferi

Quando erano ancora confinati all’ombra dei dinosauri, i primi mammiferi già manifestavano un’ampia specializzazione alimentare

Quando si pensa all’evoluzione dei mammiferi si tende a immaginarne l’inizio come una improvvisa entrata in scena, avvenuta 65 milioni di anni fa alla fine del periodo Cretaceo, dopo l’estinzione dei dinosauri. Un po’ come se uscissero fuori dalle catacombe, per affacciarsi in un mondo quasi disabitato. In realtà i mammiferi che sopravvissero all’estinzione di massa della fine del Cretaceo avevano alle spalle una lunga storia evolutiva che ha preparato la loro successiva radiazione e diversificazione. 
I primi organismi classificabili come mammiferi, di cui si abbiano testimonianze fossili, risalgono infatti a circa 220 milioni di anni, nel tardo periodo Triassico. L’immagine ancora predominante di questi primi mammiferi è quella di piccoli animali simili agli odierni toporagni, dalle abitudini notturne e insettivori, senza particolari preferenze per il tipo di preda. Tuttavia, alcuni ritrovamenti fossili hanno iniziato a suggerire che l’ecologia e le abitudini alimentari di questi organismi potessero essere, già in questa prima fase della loro evoluzione, più diversificate di quanto si sospettasse.
Un importante contributo in questa direzione viene da una ricerca pubblicata su Nature. Gli autori hanno testato l’ipotesi che Morganucodon watsoni e Kuehneotherium praecursoris, due mammiferi vissuti a cavallo tra Triassico e Giurassico e tra i più antichi finora noti, potessero avere differenti abitudini alimentari, riscontrabili dall’analisi strutturale e meccanica delle articolazioni mandibolari e dai segni di microusura presenti sui denti. 
L’analisi biomeccanica è stata eseguita su ricostruzioni digitali delle mandibole delle due specie, ottenute combinando la radiazione di sincrotone a tecniche di tomografia computerizzata. L’applicazione di queste tecnologie permette di studiare nel dettaglio l’anatomia delle mandibole fossili e di valutare l’efficienza del sistema mandibolare nel trasferire la forza meccanica dalla muscolatura al punto in cui l’animale morde la preda. Inoltre viene calcolata la forza che esercita la mandibola durante i suoi movimenti di curvatura e torsione durante il morso, determinando il punto di maggiore resistenza a questo movimento lungo l’arcata dentale.
Gli autori si sono avvalsi anche di una tecnica computazionale utilizzata in ingegneria, l’analisi agli elementi finiti. Questa tecnica, attraverso la soluzione di un sistema di equazioni, permette di valutare gli effetti che le sollecitazioni meccaniche provocano sui diversi elementi componenti di una struttura complessa, registrandone per esempio lo stato di deformazione e di tensione. In questo caso la simulazione è servita ad analizzare il comportamento meccanico delle mandibole dei due mammiferi, calcolando lo sforzo e la deformazione durante il loro movimento.
L’ipotesi che Morganucodon e Kuehneotherium si cibassero di prede di tipo differente è stata testata, come accennato, anche mediante l’analisi dei segni di microusura rimasti sui denti fossili. Questi sono stati confrontati con quelli riscontrabili sui denti di odierni insettivori di cui fossero note le differenze nel comportamento alimentare. Gli autori hanno scelto quattro specie di pipistrelli, che si sono mostrati particolarmente adatti al confronto anche per le loro dimensioni, simili a quelle dei due mammiferi fossili. 
Dallo studio emergono differenze significative tra le due specie. Morganucodon, infatti, mostra un apparato mandibolare più robusto e in grado di sviluppare una maggiore forza, rispetto a quello di Kuehneotherium. Le caratteristiche della mandibola e dei denti di Morganucodon sono compatibili con quelle di organismi viventi simili che preferiscono prede dalla consistenza dura, come i coleotteri, mentre il cibo preferito di Kuehneotherium dovevano essere insetti di consistenza più morbida, come le odierne farfalle e falene.
Se i mammiferi della fine del Cretaceo sembrano spuntare fuori dal nulla, è perché i loro antenati, come Morganucodon e Kuehneotherium, hanno vissuto per oltre 100 milioni di anni in modo, per così dire, “clandestino”, in un mondo in cui i vertebrati terrestri dominanti erano i dinosauri. La scomparsa di questi ultimi, liberando le nicchie ecologiche occupate fino ad allora, ha contribuito a spianare la strada alla radiazione dei mammiferi, ma i risultati di questo studio confermano la possibilità che la loro diversificazione abbia mosso i primi passi non molto tempo dopo la loro comparsa.
Antonio Scalari
Riferimenti:
Pamela G. Gill, Mark A. Purnell, Nick Crumpton, Kate Robson Brown, Neil J. Gostling, M. Stampanoni, Emily J. Rayfield. Dietary specializations and diversity in feeding ecology of the earliest stem mammals. Nature, 2014; 512 (7514): 303 DOI: 10.1038/nature13622 
Credit image: FunkMonk (Michael B. H.), da Wikimedia Commons