Il genoma dell’anfiosso ci racconta le nostre origini

Il progenitore comune a tutti i vertebrati doveva probabilmente assomigliare molto a lui: stiamo parlano dell’anfiosso, un piccolo organismo marino che vive sui fondali sabbiosi e che appartiene al subphylum dei cefalocordati (Cephalochordata). Al giorno d’oggi si contano circa una trentina di specie di anfiosso, suddivise in due generi, Branchiostoma e Asymmetron. Data la sua posizione basale nell’albero filogenetico del

Il progenitore comune a tutti i vertebrati doveva probabilmente assomigliare molto a lui: stiamo parlano dell’anfiosso, un piccolo organismo marino che vive sui fondali sabbiosi e che appartiene al subphylum dei cefalocordati (Cephalochordata). Al giorno d’oggi si contano circa una trentina di specie di anfiosso, suddivise in due generi, Branchiostoma e Asymmetron. Data la sua posizione basale nell’albero filogenetico del phylum dei cordati, cui appartengono tutti i vertebrati, si capice l’importanza del sequenziamento del suo intero genoma (di quello della specie Branchiostoma floridae), annunciato sulla copertina dell’ultimo numero di Nature e in alcuni articoli pubblicati sulla rivista Genome Research.

La scoperta, portata a termine da un vasto gruppo internazionale di ricercatori, è rilevante in quanto tramite l’analisi approfondita di questo genoma saremo in grado di comprendere alcune caratteristiche fondamentali dei nostri progenitori, ancora privi di colonna vertebrale ma già dotati di notocorda (una struttura presente durante lo svilppo dei vertebrati), vissuti circa 520 milioni di anni fa. Nel complesso, il genoma dell’anfiosso contiene circa il 25% in meno di geni rispetto a quello dei vertebrati: questa differenza, secondo i ricercatori, sarebbe dovuta alla duplicazione di numerosi geni che nei vertebrati avrebbero acquisito nuove funzioni rispetto a quelle ancestrali.

Alcuni tratti che probabilmente contraddistinguevano il progenitore comune ai vertebrati, e che ora sono tipici dell’anfiosso, sono ad esempio la mancanza dell’immunità acquisita come nei vertebrati, a cui si accompagna la duplicazione di numerosi geni dell’immunità innata, come a garantire un sorta di “seconda linea di difesa”. Inoltre non presentava le cellule della cresta neurale, le cellule che, migrando dal tubo neurale dell’embrione in sviluppo, daranno origine a svariati tessuti, tra cui alcune componenti del sistema nervoso autonomo, le cellule pigmentate e le cartilagini della testa.

Ora si attendono futuri studi più approfonditi che ci forniranno ulteriori preziose informazioni sull’evoluzione dei primi vertebrati.

Andrea Romano