Il gibbone e l’evoluzione del piede umano

Secondo Evie Vereecke, della University of Liverpool, il piede umano si sarebbe evoluto nella sua forma moderna circa 1,8 milioni di anni fa: altri antenati della nostra specie, in precedenza, hanno sviluppato la capacità di camminare, ma i loro piedi erano molto più “scimmieschi” e “snodati” dei nostri. Il piede delle scimmie antropomorfe attuali ha un’articolazione a circa metà della

Secondo Evie Vereecke, della University of Liverpool, il piede umano si sarebbe evoluto nella sua forma moderna circa 1,8 milioni di anni fa: altri antenati della nostra specie, in precedenza, hanno sviluppato la capacità di camminare, ma i loro piedi erano molto più “scimmieschi” e “snodati” dei nostri.

Il piede delle scimmie antropomorfe attuali ha un’articolazione a circa metà della sua lunghezza. Anche gli esseri umani possiedono una struttura simile, ma ne è stata persa la flessibilità. Tale particolare anatomia potrebbe essere stata condivisa dai nostri antenati, che probabilmente tendevano a camminare nello stesso modo.

La ricerca di Vereecke si è concentrata sul piede del gibbone, anche se è noto che lavorare con questi primati è piuttosto difficile, soprattutto in cattività e in laboratorio. Per fortuna, la ricercatrice ha avuto la possibilità di studiare gibboni in semilibertà, presso il Wild Animal Park di Planckendael, in Belgio.

Dopo aver sistemato delle telecamere sulla recinzione, ad altezza del piede, Vereecke e Peter Aerts, l’altro Autore dello studio, non hanno dovuto fare altro che aspettare. Le riprese sono durate alcune settimane, permettendo di raccogliere materiale con cui digitalizzare il movimento del piede e costruire un modello computerizzato del suo movimento.

La prima particolarità evidenziata è che i gibboni non poggiano il calcagno a terra all’inizio del passo, ma appoggiano prima le dita del piede. In questo modo, secondo Vereecke, stirano i tendini accumulando in essi energia, modalità assai differente rispetto a quanto succede negli esseri umani.

Il piede umano funziona più come una molla tenuta in tensione da un tendine elastico che percorre la pianta. Spostando il peso del corpo sul piede, l’arco plantare si stira accumulando energia spendibile alla fine del passo.

Proprio alla fine del passo si rivela un’altra differenza: i gibboni non sollevano tutto il piede, ma solo il calcagno, in modo che il piede stesso formi un arco, le dita si stirino e accumulino di nuovo energia elastica.

Vereecke non pensa che i gibboni siano il modello ideale a cui ispirarsi per capire come i nostri progenitori camminavano, ma vivono in un habitat arboricolo e camminano su piedi flessibili, come probabilmente i nostri antenati. Il lavoro delle ricercatrice mostra come sia possibile camminare abbastanza efficientemente con piedi relativamente snodati e che i nostri antenati potrebbero aver utilizzato meccanismi di conservazione dell’energia simili a quelli dell’uomo attuale, nonostante le differenze anatomiche.

Tratto da Anthropos, Giornale online di antropologia, testo di Moreno Tiziani

Riferimenti:
Evie E. Vereecke, Peter Aerts, The mechanics of the gibbon foot and its potential for elastic energy storage during bipedalism, Journal of Experimental Biology, 211, 2008.

Foto di Andrea Romano