Il libro del mare

Pubblicata da Iperborea la traduzione italiana del libro di Morten Strøksnes, una riflessione sullo stato di salute del mare, in corso di pubblicazione in oltre venti paesi

Capita talvolta di entrare in libreria e scegliere un libro di getto senza saperne nulla, solo perché affascinati dalla copertina o dal suo titolo. Per me è stato così per “Il libro del mare” scritto dal giornalista norvegese Morten Strøksnes e di recente pubblicazione per Iperborea.

Dopo aver letto il sottotitolo, che recita “come andare a pesca di uno squalo gigante con un piccolo gommone in un vasto mare”, la mia aspettativa era di leggere una sorta di versione nordica del classico racconto del vecchio pescatore che per giorni e giorni insegue pesci senza riuscire a catturarli. Mai una prima impressione è stata più sbagliata!

Il libro di Strøksnes, pur raccontando anche di una serie di sfortunati tentativi di pesca di un esemplare di squalo della Groenlandia (fortunati però per lo squalo!), è in realtà un affascinante viaggio nei mari nel Nord tra creature reali e mostri fantastici. Come una sorta di abile ed esperto navigatore, Strøksnes guida il lettore in una riflessione sullo stato dei mari e in generale anche sul nostro rapporto con il mare.

Già nelle prime pagine il lettore è trasportato a Engeløya, l’isola dell’Angelo, nel comune di Steigen in Norvegia alla ricerca dello squalo della Groenlandia (Somniosus microcephalus o se preferite eqalussuaq, come lo chiamano gli Inuit). Questo squalo nuota negli abissi dei fiordi norvegesi, fin quasi al Polo Nord. Gli squali abissali normalmente sono più piccoli di quelli che vivono in acque basse, ma lo squalo della Groenlandia è una eccezione perché gli esemplari adulti di questa specie possono crescere fino ai 6-7 metri di lunghezza (con una media di 5 metri) e avere un peso che può superare la tonnellata.

La dimensioni non sono però l’unica peculiarità di questa specie, dato che lo studio di un esemplare di squalo della Groenlandia (finito per errore nella rete di un pescatore) ha permesso di identificarlo come l’animale più longevo al mondo. Le analisi al radiocarbonio di proteine provenienti da una parte dell’occhio hanno infatti  consentito ai ricercatori di stimare a 400 anni l’età di questo esemplare.. tanto da far risalire la sua nascita all’inizio del Seicento (come pubblicato sulla rivista Science).

La biologia di questo squalo è ancora scarsamente nota, sebbene questa specie sia pescata da molto tempo per estrarne olio dal fegato, utilizzato come combustibile per lampade e come lubrificante industriale. I popoli costieri della Groenlandia hanno cacciato in abbondanza questi squali per decenni, mentre oggi sembra siano abbastanza comuni perché non più di interesse commerciale. La carne dello squalo della Groenlandia non è infatti particolarmente apprezzata perché contiene l’ossido di trimetilammina, una sostanza che provoca effetti pari a quelli di una grandissima sbronza una volta ingerita.

Per molti versi, il libro di Strøksnes e il suo stile narrativo mi hanno ricordato Fredrik Sjoberg (di cui su Pikaia abbiamo recentemente scritto qui), perché in questo volume trovano spazio in realtà tante storie e tanti personaggi assolutamente interessanti. Grazie a Strøksnes, conoscerete i membri della famiglia Mork di Dalsfjord che per quattro generazioni sono stati tra i principali costruttori di fari in Norvegia e non potrete non immedesimarvi in Ellig Carlsen, che dopo essere stato scopritore e navigatore polare, divenne il guardiano del faro più a Nord della Norvegia.

Strøksnes vi porterà sulle montagne delle isole Lofoten per parlarvi del vescovo irlandese James Ussher che stimò a sabato 22 ottobre del 4004 a.C l’origine del nostro pianeta, per poi guidarvi tra le pagine della “Carta marina”, un incredibile libro in cui, alla fine del 1500, Olaus Magnus raccontò dei mostri che ai suoi tempi popolavano (o almeno lui credeva così!) i mari al largo delle coste della Norvegia e dell’Islanda. Il volume di Olaus Magnus raffigura “un’infinita varietà di animali marini: unicorni, giganteschi pesci volanti, rinoceronti, cavallucci grandi come buoni, lepri velenose, nonché un polpo capace, con uno dei suoi dieci tentacoli, di sollevare un uomo dalla barca e trascinarlo giù per la gioia della sua famiglia in attesa sul fondo”. Olaus Magnus racconta dello Ziphius, un gigantesco pesce dal muso di gufo con becco ricurvo, che usa la pinna dorsale per sfondare o segare il fondo delle barche e dell’irsuto maiale marino con i piedi di drago:  “un maiale marino fu avvistato nell’oceano tedesco nel 1537 <scriveva Olaus Magnus> il che spinse il Vaticano ad avviare un’indagine per scoprire cosa questo evento potesse presagire. I dotti a Roma stabilirono che la presenza del maiale marino non era un alcun modo un buon segno”. Nelle leggende di Olaus Magnus non poteva mancare il più grande mostro marino del mondo, il terribile Kraken, la mitica piovra gigantesca che si riteneva vivesse al largo delle coste norvegesi. Assieme a questo terribile mostro nuotavano, al largo delle isole Lofoten, anche sirene e tritoni… “una fu raccolta da un sindaco danese di nome Andreas Bussaeus, dopo che tre traghettatori avevano sostenuto di aver visto un tritone. Il fatto creò un tale trambusto che fu avviata una pubblica indagine. A quanto pareva il tritone era avanti con gli anni, ma molto forte e largo di spalle. La testa era piccola, gli occhi infossati e i capelli ricci non arrivavano oltre le orecchie. (…) Dalla vita in giù era a punta come un pesce”.

I racconti di mare sono da sempre pieni di mostri ed anche la cinematografia moderna ha dato un contributo significativo nel distrarci dal principale mostro marino: la nostra specie.

Sul pianeta esistono, ad esempio, più di 500 specie di squali, molte delle quali  sono state a lungo pescate senza limiti e, tutt’oggi, molti squali sono ancora a rischio di estinzione perché vengono pescati illegalmente. Tra i vertebrati, gli squali rappresentano alcuni dei gruppi più in pericolo: le loro caratteristiche biologiche (tarda maturità sessuale, pochi piccoli per volta, lunghi periodi di gestazione) unitamente a una pesca professionale e sportiva sconsiderata, li stanno portando vicino all’estinzione.  Secondo la Lista Rossa dell’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (IUCN), il 24% delle specie sono minacciate di estinzione.

La caccia commerciale alle balene è illegale dal 1986, ma già dall’anno successivo il Giappone e altre nazioni (tra cui anche la Norvegia) hanno continuato a uccidere questi animali sfruttando impropriamente una scappatoia della Commissione Baleniera Internazionale, che vede la ricerca scientifica come possibile motivazione, come denunciano da tempo diverse associazioni ambientaliste.  “Oltre duecento milioni di diverse specie di balene sono state catturate in poco più di un secolo, fino agli anni Settanta <scrive Strøksnes>. Nell’arco di poche decine di anni, popolazioni locali di decine di migliaia di cetacei venivano ridotte a pochi spauriti esemplari”.

Il problema non riguarda però solo squali e balena, ma è ben più generale, tanto che come Strøksnes scrive: “un tempo durante la stagione di pesca invernale alle Lofoten, la baia era piana di pescherecci, barche da esca, da sale e da trasporto. La popolazione locale raddoppiava e per un paio di mesi la città di Skrova diventava come una piccola città. Dagli anni Settanta sono state chiuse sempre più stazioni per ragioni diverse e complesse”, ma principalmente perché aringhe, ippoglossi (ai più noti come halibut) e scorfani di fondale sono stati sfruttati in eccesso, così come i pescherecci-fabbrica per la pesca a strascico hanno quasi esaurito gli stock di merluzzo di alcune aree di pesca.

Ai problemi della pesca, vanno poi aggiunti i pericoli derivanti dagli inquinanti (tra cui anche la plastica), oltre che una altra grande passione norvegese… il petrolio, di cui la Norvegia è il massimo produttore europeo.  Da alcuni anni la multinazionale norvegese Statoil  spinge per estrarre idrocarburi anche attorno agli arcipelaghi delle Lofoten e delle Vesterålen, isole di pescatori nel Nord del Paese, rimaste finora off limits… ma il crollo del prezzo del petrolio rischia di riaprire una questione che sembrava chiusa. Se si verificasse una fuoriuscita incontrollata di greggio in queste aree, si avrebbe un danno incalcolabile sia a livello economico (per la pesca) che ambientale. “Se la Tanzania si fosse messa a trivellare nella pianura del Serengeti in cerca di petrolio <scrive Strøksnes>, la comunità mondiale, probabilmente con la Norvegia in testa si sarebbe indignata. L’avremmo considerata una barbarie, a magari gli avremmo anche sganciato un miliardo di corone perché lasciasse perdere. La Norvegia distribuisce miliardi per salvare la foresta pluviale in Brasile, Ecuador, Indonesia, Congo e altri luoghi tropicali. Eppure noi abbiamo un posto altrettanto eccezionale, un Serengeti subacqueo. Ed è in questo posto di fecondità senza pari, rinomato al mondo per la sua bellezza, che la Norvegia, benché già tra i paesi più ricchi del mondo, vuole mettersi a trivellare”.

<Ma in che idiozia di missione assassina ci siamo imbarcati?> si chiede Strøksnes pensando al suo progetto di pescare uno squalo della Groenlandia, “sarà per soddisfare la nostra curiosità? Per confrontarci con le nostre paure? Per un istinto di caccia che ci spinge a uccidere la preda più grossa a cui possiamo ambire?” Vi assicuro che leggendo “Il libro del mare” non vi verrà il desiderio di pescare uno squalo perché sarebbe come cacciare una divinità marina. “Alle Hawaii aumakua, considerato il più potente angelo custode, si manifestava sotto forma di squalo. I giapponesi pensavano invece allo squalo come al signore delle tempeste marine. In alcune comunità insulari intorno alla Nuova Guinea, gli incantatori di squali sono tra i più stimati membri della società. Alle isole Fiji un tempo pregavano un dio squalo chiamato Dakuwaqa, in quanto antenato dei loro capi supremi”. Leggendo Strøksnes forse vi verrà invece voglia (come è venuta a me) di salire su un gommone e navigare tra i mari della Norvegia per poi… alla sera… sentire “il sjybårdurn,  il suono del mare che arriva dalla finestra della camera da letto in una mite notte d’estate, lambendo dolcemente la battigia”.