Il lupo? Il migliore amico dell’antilocapra americana

L’antilocapra (Antilocapra americana), l’unica specie sopravvissuta della famiglia Antilocapridae, è un mammifero secondo solo al ghepardo in quanto a velocità (può raggiungere infatti i 100 km/h). Si tratta di una specie endemica della regione neoartica, il cui areale si estende dalle province meridionali del Canada fino al deserto americano della Sonora, ed è diffusa anche nella zona delle Montagne Rocciose.

L’antilocapra (Antilocapra americana), l’unica specie sopravvissuta della famiglia Antilocapridae, è un mammifero secondo solo al ghepardo in quanto a velocità (può raggiungere infatti i 100 km/h). Si tratta di una specie endemica della regione neoartica, il cui areale si estende dalle province meridionali del Canada fino al deserto americano della Sonora, ed è diffusa anche nella zona delle Montagne Rocciose. Tuttavia in molte di queste regioni è ormai scomparsa e si rischia di ridurne ulteriormente la presenza sul territorio se non si agisce in modo opportuno. La decisione da parte di alcuni Stati dell’Ovest degli USA di cancellare il lupo grigio (Canis lupus) dalla lista delle specie protette dall'”Endangered Species Act” rende libera la caccia nei confronti di questo predatore: Wyoming e Idaho si sono detti pronti a eliminare rispettivamente il 50% e l’80 % delle popolazioni di lupi attualmente presenti sul loro territorio.

 

Ma questa decisione non avrà ripercussioni solo sul lupo: attraverso una ricerca condotta dalla Wildlife Conservation Society, risulta infatti che il lupo sia fondamentale per mantenere buone popolazioni di antilocapre grazie al controllo che esercita sullo sviluppo delle popolazioni di coyote (Canis latrans), che sono i più incisivi predatori di questo erbivoro. Può sembrare strano che la presenza di un predatore come il lupo possa mantenere buone popolazioni di antilocapre, eppure è proprio così: i lupi infatti non investono energie nella ricerca di prede come le antilocapre, avendone molte altre a disposizioni e più facili da catturare (alci, cervi altri grandi ungulati, roditori, coyote, ed altri animali di taglia più piccola).

 

In uno studio condotto nel Grand Teton National Park per un periodo di tre anni, è stata investigata la sopravvivenza delle antilocapre in due aree che differivano tra loro per l’abbondanza di lupi. Su 100 soggetti monitorati, si è evidenziato un tasso di sopravvivenza decisamente inferiore (10%) nella zona dove i lupi erano scarsamente presenti rispetto alla zona dove invece i lupi erano più abbondanti (tasso di sopravvivenza del 34%). I lupi infatti mantenevano basse le popolazioni di coyote nelle aree in cui erano presenti o tramite predazione o inducendoli a spostarsi in altre zone a bassa densità di lupi. Un altro dato a confermare l’importanza di questo grande predatore nella rete ecologica viene dallo stesso Grand Teton National Park: da quando il lupo è stato reinserito in questa zona, la popolazione di antilocapre è aumentata del 50%.

 

Ecco dunque un eccellente esempio di come sia complesso l’insieme delle relazioni trofiche presenti in un certo ecosistema: la mancata tutela di una specie, se messa in atto, rischia di causare un effetto a catena riducendo notevolmente la popolazione di un’altra, che peraltro essendo endemica del paese considerato dovrebbe essere controllata con grande attenzione.

 

Federico Ossi

 

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons