Il mondo senza di noi

Più di due anni or sono, è stato pubblicato in traduzione italiana “Il mondo senza di noi” di Alan Weisman, edito da Einaudi. Il titolo mi aveva incuriosito, ma dopo aver letto in alcune recensioni che era un “catastrophe book” che mostrava come si sarebbe modificato il pianeta dopo la nostra scomparsa, ho deciso di non leggerlo pensando a tutti

Più di due anni or sono, è stato pubblicato in traduzione italiana “Il mondo senza di noi” di Alan Weisman, edito da Einaudi. Il titolo mi aveva incuriosito, ma dopo aver letto in alcune recensioni che era un “catastrophe book” che mostrava come si sarebbe modificato il pianeta dopo la nostra scomparsa, ho deciso di non leggerlo pensando a tutti i classici film catastrofici americani con cui avevo già perso sin troppo tempo.

Un paio di settimane fa, durante una sorta di spedizione libraria a Milano, mi è capitato di trovarne una copia in una bancarella dell’usato e ho deciso di prenderlo… ed è stata una vera sorpresa. Il libro non è il classico “catastrophe book” e sebbene l’idea generale sia la scomparsa dell’uomo e il tutto prenda il via da un  invito dell’autore: “Guardatevi intorno, nel mondo d’oggi. La vostra casa, la vostra città. Il terreno circostante, con il manto stradale e il suolo nascosto al disotto. Lasciate tutto com’è, ma togliete gli esseri umani. Cancellateci, e osservate ciò che rimane“, il libro è molto di più di una narrazione di ciò che accadrebbe con la nostra scomparsa. Weisman illustra infatti i numerosi contesti in cui l’uomo è stato un “fattore di evoluzione” di piante coltivate e animali allevati, di come e perchè gli effetti antropici abbiamo influenzato l’evoluzione dei viventi, del fatto che la normale attività umana sia più devastante per la biodiversità animale e vegetale del peggiore incidente in una centrale nucleare e di come l’uomo stesso si sia evoluto acquisendo strumenti sempre più efficaci (e talvolta nefasti) per creare/costruire ciò di cui necessita.

Per scrivere questo libro, Weisman ha visitato alcuni luoghi già oggi abbandonati dall’uomo, come la Bialowieza Puszcza, l’ultima foresta primordiale in Europa presente tra Polonia e Bielorussia, la zona demilitarizzata alla frontiera tra Corea del Nord e Corea del Sud, dove sono tornate specie in via d’estinzione e la zona intorno alla centrale di Chernobyl in Ucraina, ormai dominio di piante e animali, a dispetto delle radiazioni. Da tutti questi luoghi emerge che l’assenza dell’uomo ha fatto bene e la natura si è riconquistata questi spazi.

La scomparsa dell’uomo è quindi solo un trucco di Weisman per parlarci dell’evoluzione dei viventi mettendo a confronto ciò che c’era prima dell’uomo e ciò che potrebbe esservi dopo. Tra l’altro gli scenari immaginati e che hanno colpito l’immaginazione di tanti lettori sono forse la parte più debole del libro perchè quello che l’evoluzione ci riserverà non possiamo prevederlo, come ben sugerito nel libro di Weisman da Doug Erwin: “Ci saranno un bel po’ di soprese. Diciamocelo: chi avrebbe potuto immaginarsi l’esistenza delle tartarughe? Chi avrebbe mai immaginato che un organismo si rivoltasse come un guanto tirando la cintura scapolare dentro la gabbia toracica in modo da formare un carapace? Se le tartarughe non esistessero, nessun biologo dei vertebrati ne avrebbe potuto postulare l’esistenza: si sarebbe fatto ridere dietro. L’unica vera previsione che si può fare è che la vita andrà avanti”.

Descrivendo il post-scomparsa dell’uomo, Weisman fa anche alcune “previsioni” legate al fatto che alcuni elementi che l’uomo ha cercato di domare all’interno delle proprie città torneranno a riconquistarsi lo spazio originale e, visti i recenti eventi carastrofici in Liguria, mi ha particolarmente colpito leggere che “in una città che ha sepolto i suoi fiumi, la pioggia continua a cadere e da qualche parte l’acqua deve pur andare”.

Non è quindi un libro sulla fine del mondo, ma su come si sono formati gli ambienti che ci circondano, allo scopo di capire come essi potrebbero evolvere non solo in nostra assenza, ma anche se l’uomo riducesse il suo impatto sull’ambiente. Se come me avete fatto quindi l’errore di non leggere questo libro, siete ancora in tempo a rimediare e vi assicuro che ne vale la pena, anche per capire il futuro della nostra specie… eventualmente dopo aver visto nella mostra organizzata da Telmo Pievani come la nostra specie si è evoluta sino ad oggi.

Mauro Mandrioli