Il morso velenoso degli anfibi

Una nuova ricerca sulle cecilie, anfibi la cui origine è più antica di quella dei serpenti, ha rivelato un adattamento evolutivo comune tra i vertebrati apodi: la presenza di ghiandole velenifere orali, ottima strategia per sopperire alla mancanza di arti

Senza arti, cacciare e combattere potrebbero rivelarsi missioni impossibili. A meno che, sulla testa, non si abbiano delle armi letali. Una ricerca dell’Istituto Butantan di São Paulo (Brasile), pubblicata sulla rivista iScience, ha scoperto nei vertebrati privi di arti uno stesso adattamento, evoluto per selezione naturale: la presenza di denti dotati di ghiandole velenifere.

Per ottenere questo risultato, i ricercatori hanno condotto uno studio su esemplari di Siphonops annulatus, o cecilia anellata, una specie di anfibi dell’ordine dei Gimnofioni. Le cecilie sono animali sconosciuti ai più, che vivono all’interno del suolo umido nelle foreste tropicali e subtropicali (America, Africa e India). Lunghe fino a 1,5 metri, sono simili ai lombrichi, con un corpo cilindrico percorso trasversalmente da solchi regolari. Si nutrono principalmente di insetti, pur non disdegnando qualche piccolo mammifero. Il nome della famiglia deriva dal latino “caecitas”, cioè “cecità”, proprio a sottolineare la presenza di occhi non funzionanti, adattati allo stile di vita fossorio. Come tutti gli anfibi, le cecilie possiedono ghiandole cutanee, utili negli ambienti umidi. Ma analizzandone il morso, i ricercatori hanno scoperto anche due file di ghiandole alla base dei denti, sia nell’arcata superiore che in quella inferiore, che producono enzimi litici, tipici dei veleni. A differenza delle ghiandole cutanee, quelle dentali non sono coperte da cellule epiteliali e possiedono lunghe scanalature alla base, che aiutano a iniettare omogeneamente il liquido nel corpo della preda. Le analisi hanno dimostrato che queste ghiandole, proprio come quelle dei serpenti, si sviluppano dalla lamina dentale, il tessuto che di solito dà origine ai denti, e non dall’epidermide, come normalmente accade nelle ghiandole cutanee degli anfibi.

A differenza dei serpenti, però, che nel corso dell’evoluzione hanno perso le ghiandole velenifere della mascella inferiore e le hanno solo nella parte superiore della bocca, la presenza di ghiandole in entrambe le arcate dentarie delle cecilie rappresenterebbe un carattere plesiomorfo, quindi la forma più primitiva di tale carattere. L’origine delle cecilie risale infatti al Carbonifero, circa 150 milioni di anni prima di quella dei serpenti. Inoltre, mentre i rettili hanno poche ghiandole con un grande quantitativo di veleno, le cecilie hanno più organi secretivi con piccole quantità di fluido. All’inizio della loro storia, quindi, i vertebrati senza arti hanno evoluto la stessa strategia per difendersi.

Per ora, l’analisi dell’attività delle molecole secrete ha confermato la presenza di enzimi che immobilizzano le prede (come la fosfolipasiA2, trovata in concentrazioni addirittura più abbondanti che nel veleno del Crotalus durissus). Il passo successivo sarà quello di analizzare chimicamente queste molecole e confrontarle con quelle presenti nelle tossine dei serpenti, per dare una prova definitiva della scoperta del primo anfibio velenoso, insospettabilmente il più antico vertebrato terrestre dotato di ghiandole velenifere orali.

Riferimento: 
Pedro Luiz Mailho-Fontana, Marta Maria Antoniazzi, Cesar Alexandre, Daniel Carvalho Pimenta, Juliana Mozer Sciani, Edmund D. Brodie, Carlos Jared. Morphological Evidence for an Oral Venom System in Caecilian AmphibiansiScience, Volume 23, Issue 7, 2020; 101234 DOI: 10.1016/j.isci.2020.101234

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