Il nascondino evolutivo delle piante

Una specie di pianta molto utilizzata nella medicina tradizionale cinese presenta varianti in grado di mimetizzarsi con l’ambiente circostante, selezionate a seguito della pressione antropica

Una ricerca effettuata da un gruppo di ricercatori cinesi ha evidenziato come una specie di pianta molto utilizzata nella medicina tradizionale cinese, chiamata Fritillaria delavayi, si adatti alla pressione selettiva causata dalla sua raccolta da parte dell’uomo, dando origine a varianti che si mimetizzano con l’ambiente circostante.

È noto come l’uomo possa influenzare in molteplici modi l’ambiente che lo circonda o imporre una pressione selettiva sulle specie, che porta all’emergere di fenotipi adattati alle nuove condizioni ambientali. Il caso più famoso è quello di Biston Betularia, la falena delle betulle, solitamente di colore bianco (come il tronco delle betulle), le cui popolazioni inglesi viventi in prossimità delle centrali a carbone divennero in pochi anni di colore nero a causa dell’inquinamento durante la Prima rivoluzione industriale. Tuttavia, quando furono promulgate delle leggi contro l’inquinamento, esse ritornarono alla colorazione originaria (dagli anni ‘50 del novecento in poi). Sono stati inoltre segnalati casi di adattamento delle popolazioni naturali alle condizioni imposte dall’uomo anche in tempi molto più recenti (Pikaia ne ha parlato, ad esempio, qui, qui e qui).

Il gruppo di ricercatori cinese ha studiato le diverse varietà di colore di Fritillaria delavayi, una pianta molto raccolta in Cina perché ritenuta di valore curativo da parte della medicina tradizionale locale (a causa del suo alto contenuto di alcaloidi), scoprendo in esse un fenomeno di adattamento dovuto alla pressione antropica. Per prima cosa, è stato osservato come questa pianta presentasse una variazione geografica nella colorazione e che le varietà con foglie e stelo di colore grigio e marrone fossero meglio camuffate con l’ambiente circostante. Si tratta infatti di una specie che cresce su un substrato roccioso, quindi gli individui con la classica colorazione verde risaltano maggiormente. I ricercatori si sono quindi chiesti se le piante avessero nemici naturali o fossero brucate frequentemente da animali erbivori, ma non hanno trovato elementi a favore di questa ipotesi, né analizzando la letteratura scientifica né osservando sul campo le piante nel loro ambiente naturale.

 

Hanno quindi ipotizzato che la pressione selettiva all’origine della selezione del colore fosse dovuta all’uomo. Hanno investigato questa ipotesi analizzando quali varianti della pianta fossero più raccolte, in proporzione alla loro abbondanza, e evidenziando come le piante di popolazioni più raccolte tendessero a “camuffarsi” di più.

 

Hanno prodotto anche un simpatico gioco online, in cui vengono presentate in sequenza diverse foto delle varianti di Fritillaria delavayi, scattate nel loro ambiente naturale: lo scopo del gioco consiste nell’individuarle nel minor tempo possibile. Questo permette di testare sperimentalmente quale colore di Fritillaria delavayi risalti più alla vista in ambienti diversi. Il tempo di individuazione è maggiore per le specie col colore meglio camuffato coll’ambiente.

 

I ricercatori hanno così potuto concludere che fosse proprio l’intensa raccolta da parte dell’uomo a selezionare varianti meglio mimetizzate con l’ambiente circostante.

 

Ci troviamo di fronte a una specie di paradosso del fuggitivo: si ritiene che queste piante producano un’alta concentrazione di alcaloidi proprio per sfuggire agli animali erbivori, ma questo le ha rese più “ghiotte” per la medicina tradizionale cinese, invogliando l’uomo a raccoglierle. E selezionando quindi ulteriori varianti.

Riferimenti:
Yang et al., “Commercial Harvesting Has Driven the Evolution of Camouflage in an Alpine Plant”, 2020, Current Biology. doi: https://doi.org/10.1016/j.cub.2020.10.078

Immagine: William Bliss Baker, Public domain, via Wikimedia Commons