Il panda: un carnivoro vegetariano

L’adattamento alla sua attuale dieta vegetale ha costretto il panda gigante ad adeguare fisiologia e comportamento all’ecologia del bambù di cui si nutre. Anche minime variazioni nell’habitat potrebbero però alterare il ciclo di vita del bambù e ripercuotersi pesantemente sulla sopravvivenza della specie

Il nome tassonomico Carnivora, che identifica un ampio ordine di mammiferi, può essere fuorviante: anche se l’alimento più consumato dai suoi membri è la carne, il suo peso nella dieta delle singole specie che lo compongono varia in modo notevole.  Il comune gatto domestico, per esempio, è un ipercarnivoro, potendosi nutrire quasi solo di carne. Il cane invece, pur necessitando di una dieta basata prevalentemente sulla carne, riesce a digerire anche alimenti di origine vegetale. La famiglia degli Ursidae è nota per la dieta ampiamente onnivora, con specie che, nei rispettivi habitat, sopravvivono per lunghi periodi solo con alimenti vegetali. Proprio a questa famiglia appartiene anche l’unico membro del gruppo totalmente vegetariano: il panda gigante (Ailuropoda melanoleuca). 
Dal momento che questa specie è diventata erbivora a partire da un antenato certamente carnivoro, l’apparato digerente del panda somiglia molto più a quello di un mangiatore di carne che a quello di un erbivoro: può nutrirsi infatti soltanto di poche specie di vegetali, appartenenti alla tribù tassonomica delle Bambuseae, di cui riesce a consumarne solo alcune parti. 
Un’importante serie di nuove osservazioni sulle abitudini del panda, in relazione al suo ambiente e alla sua alimentazione, sono state pubblicate in una ricerca su Functional Ecology. Mediante il monitoraggio tramite radiocollare GPS e l’osservazione a distanza ravvicinata di sei esemplari (tre maschi e tre femmine) presso la riserva naturale di FoPing nei monti Quinling in Cina, è stato possibile collezionare, quotidianamente e per ogni individuo, le specie vegetali consumate, le parti della pianta ingerita e la sua fase di sviluppo; oltre a prelevare e analizzare campioni di pianta simili a quelli scelti dai panda, insieme a campioni di feci dei sei individui.
La quasi totalità del cibo ingerito dagli animali è risultato provenire da due sole specie di bambù: Bashania fargebsii conosciuta con il nome comune di Wood Bambù e Fargesia qinlingensis nota come Arrow Bambù. Le due piante crescono ad altitudini differenti con cicli di fioritura e maturazione sfasati. Poiché le loro proprietà nutritive decrescono con lo stadio sviluppo, i panda sono costretti a vari spostamenti annuali per avere a disposizione le parti di cui si nutrono, germogli e giovani foglie, quando queste sono ancora fresche. 
La ricerca ha messo in evidenza che, anche con questa faticosa attività di ricerca, l’apporto di nutrienti fornito dal bambù è appena sufficiente alla sopravvivenza degli animali. In particolare la sua alimentazione sottopone il panda a un pesante stress nel periodo fra il tardo inverno e l’inizio della primavera, quando l’animale è costretto a nutrirsi solo di vecchie foglie, spuntate a tarda estate, in attesa della nuova fioritura di bambù. Esaminando i documenti messi a disposizione dal parco, che nel corso dei 37 anni della sua esistenza ha registrato 25 casi di decesso o gravi malattie negli esemplari sotto la sua tutela; i ricercatori hanno scoperto che ben il 52% di questi casi sono avvenuti proprio nei mesi di marzo e aprile.
Un altro pesante limite imposto al ciclo vitale del panda dalla sua dieta è quello relativo alla riproduzione. La gravidanza è infatti la più breve fra tutti gli ursidi e i suoi cuccioli quelli che alla nascita sono maggiormente inetti. Questa caratteristica è dovuta a un meccanismo di blocco nello sviluppo degli embrioni, della durata di alcuni mesi, chiamato diapausa embrionale. Una possibile spiegazione del fenomeno è stata trovata dai ricercatori esaminando i valori nutritivi delle varie parti del bambù di cui il panda si nutre, con i germogli, consumati in tarda primavera, molto nutrienti ma contenenti calcio in una forma difficile da assorbire; e le foglie, consumate il resto dell’anno, meno nutrienti ma più ricche di questa sostanza. L’ipotesi è che le femmine, che si accoppiano poco prima della comparsa dei germogli, mettano in pausa la gravidanza nel periodo in cui si nutrono di questa parte della pianta, per accumulare le sostanze nutrienti necessarie alla formazione di placenta e tessuti molli. È solo quando esse tornano a consumare le foglie però, che ricominciano ad assorbire il calcio necessario alla gravidanza e all’allattamento. Soltanto a questo punto la diapausa viene interrotta e lo sviluppo dell’embrione riprende. 
Se l’ipotesi dei ricercatori è corretta la gravidanza del panda dipende dal successo nell’accumulare nutrienti diversi e non disponibili contemporaneamente. Anche ammesso che tutto vada per il meglio, pertanto, la dieta a base di bambù non è in grado di sostenere più di una gravidanza per femmina ogni anno.    
Dal momento che il panda è ancora una specie a forte rischio di estinzione, tutte queste nuove indicazioni sugli effetti dell’abbondanza stagionale di cibo dovranno essere tenuti in considerazione se si vogliono impostare politiche efficaci di conservazione di questa specie minacciata, soprattutto in previsione di possibili cambiamenti climatici. 
Più in generale, la ricerca contribuisce a sfatare l’illusione di animali “progettati” per adattarsi perfettamente al loro ambiente; mostrando invece un’evoluzione che “lavora” adeguando come può ciò che già ha a disposizione alle necessità del momento, per esempio plasmando un carnivoro che sopravvive con una dieta vegetariana.
Daniele Paulis
Riferimenti:
Yonggang Nie, Zejun Zhang, David Raubenheimer , James J. Elser, Wei Wei and Fuwen Wei
Obligate herbivory in an ancestrally carnivorous lineage: the giant panda and bamboo from the perspective of nutritional geometry. Functional Ecology 2014 doi: 10.1111/1365-2435.12302