Il primo caso di primate ibernante non malgascio

Sono pochi i primati ibernanti conosciuti e tutti vivono in Madagascar, ma di recente questo comportamento è stato riscontrato anche in una specie originaria dell’Asia orientale

Nell’ordine dei primati, sono decisamente rare le specie che si avvalgono dell’ibernazione e del torpore come strategie di superamento della stagione avversa. Fino a poco tempo fa infatti si credeva che questi due fenomeni interessassero solamente alcune specie di lemuri del Madagascar. L’unica eccezione è rappresentata dalla specie africana Galago moholi (appartenente al sottordine Strepsirrhini, ossia primati dal naso ricurvo), la quale però utilizzerebbe lo stato di torpore solo in maniera occasionale, in particolare solo in condizioni ambientali estreme. Tuttavia, alcuni primatologi sostengono che l’ibernazione sia un carattere antico plesiomorfico, che si sarebbe successivamente perso nei gruppi di primati africani, americani e asiatici.

Le scelte dell’ibernazione e del torpore nascono dalla necessità dell’animale di ridurre i costi energetici, modificando la sua temperatura corporea (eterotermia) e rallentando il suo metabolismo (ipometabolismo), in una situazione minimamente ottimale per l’individuo (p.es. basse temperature ambientali, mancanza di risorse). Ciò nonostante, sono conosciute numerose specie ibernanti anche nella fascia tropicale e subtropicale, quali diversi roditori, pipistrelli, marsupiali e perfino monotremi. Quindi, data l’ampia distribuzione geografica e tassonomica di questo comportamento, può sembrare al quanto insolito che per i soli primati non esistano casi di specie ibernanti al di fuori del Madagascar.

Per colmare questa lacuna, un gruppo di ricercatori è andato alla ricerca di possibili altre specie di primati ibernanti partendo da alcuni presupposti che potrebbero favorire tale comportamento. Innanzitutto, sono state considerate regioni con una forte stagionalità, in cui sia le condizioni climatiche (temperature e precipitazioni) che le risorse alimentari seguono ampie oscillazioni nel corso dell’anno. Inoltre sono state privilegiate specie di piccole dimensioni, in quanto la dispersione del calore aumenta col ridursi della taglia corporea. Per facilitare ulteriormente le indagini, gli autori hanno anche ristretto il campo di ricerca al sottordine Strepsirrhini, al quale appartengono tutte le specie di lemuri ibernanti conosciuti.

Quindi, mettendo insieme tutti questi elementi, i primatologi hanno focalizzato le loro ricerche sul lori lento pigmeo (Nycticebus pygmaeus), un piccolo primate degli Strepsirrhini (peso corporeo di circa 400g) presente in Cina, Cambogia, Laos e Vietnam. I ricercatori hanno tenuto costantemente monitorata la temperatura corporea di alcuni individui provenienti dalle foreste del Vietnam. In questa regione infatti le stagioni sono ben distinte le une dalle altre: estati calde e umide, inverni freddi e asciutti, durante i quali la specie deve fronteggiare anche un prolungato periodo di scarsità di risorse alimentari (p.es. insetti e vegetazione fresca). Dai risultati, pubblicati su Scientific Reports, è emerso che durante l’intero periodo di studio (da Ottobre a Aprile), tutti gli animali alternavano periodi di ibernazione (durata media di 63 h) e giorni con fasi brevi di torpore (circa di 15-16 h) durante i quali le temperature corporee tornavano a livelli pressoché normali (in quei momenti i primati si alimentavano). Le fasi di inattività erano fortemente concentrate nei mesi invernali e in particolare nelle giornate più fredde. Questo significa quindi che la specie utilizza questa strategia per favorire il risparmio energetico durante le rigide condizioni invernali.

C’è però un prezzo da pagare per questo comportamento: rimanendo immobile, la specie risulta maggiormente vulnerabile ai predatori. Tuttavia, il lori lento pigmeo riesce comunque a ridurre la possibilità di essere avvistato grazie al suo efficace mimetismo e alla capacità di non emanare odori durante la dormienza. Infine, un ultimo aspetto della ricerca suggerisce quale sia il “motore” che scandisce il ritmo di dormienza e di veglia in N. pygmaeus. È stato mostrato che nonostante venisse messo a disposizione sufficiente cibo, la specie presentava comunque l’alternarsi del torpore-dormienza con la veglia, suggerendo quindi che non sarebbe la disponibilità di risorse ad indurre l’ibernazione, quanto un orologio biologico interno che probabilmente si basa sul fotoperiodo. Questo studio ha quindi messo in evidenza come l’ibernazione nei primati non sia più un fenomeno ristretto al Madagascar, ma che anzi, potrebbe riguardare molte più specie della famiglia Lorisidae anche al di fuori dell’isola.

Riferimenti:
Ruf T., Streicher U., Stalder G.L., Nadler T. et Walzer C. (2015). Hibernation in the pygmy slow loris (Nycticebus pygmaeus): multiday torpor in primates is not restricted to Madagascar. Sci. Rep. 5, 17392; doi: 10.1038/srep17392

Immagine: By David Haring / Duke Lemur Center (email) [CC BY-SA 3.0 (http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons