Il Viaggio e L’Origine: idee a confronto

Molte delle idee sviluppate ne L’Origine delle specie erano già state abbozzate in testi precedenti di Charles Darwin, tra cui Viaggio di un naturalista intorno al mondo

Arruolato come naturalista di bordo nella spedizione, al comando del capitano Robert FitzRoy, allestita per completare la ricognizione delle coste meridionali del Sud America, il giovane Darwin pubblica il resoconto del suo viaggio (1831-1836) a bordo del brigantino Beagle sotto forma di diario nel 1839. Ne ristampa una seconda edizione nel 1845, in cui afferma di aver ‘condensato e corretto alcune parti […], allo scopo di rendere il libro più agevole come lettura popolare (p.35)’. Il testo non può essere ascritto a una precisa categoria letteraria. Il Viaggio può essere considerato un romanzo d’avventura e al contempo di formazione: Darwin si sofferma minuziosamente su quanti più dettagli riesce ad osservare e registrare su carta, riportando anche le emozioni e gli stati suscitati dalle sue esperienze. Il lettore si perderà facilmente fra le descrizioni di paesaggi esotici con le sue caratteristiche flore e faune, popoli e culture. Nonostante ciò, il testo è estremamente utile per comprendere l’evoluzione del pensiero darwiniano nel corso dei venti anni seguenti, fino alla pubblicazione de L’Origine e oltre. I numerosi riferimenti alla documentazione fossile, alla biogeografia, variazione degli organismi e geologia verranno in parte rielaborati, in maniera più estesa, nello scritto del 1859. Questo articolo cerca di riportare quelle parti ritenute di qualche utilità al lettore al fine di comprendere tale trasformazione, tenendo presente le corrispettive discussioni ne L’Origine.

Un dei primi riferimenti degni di nota, che incontriamo nel diario, appare il 29 febbraio 1832. Darwin, riflettendo sulla vasta estensione temporale richiesta affinché la superficie terrestre possa mutare, scrive: ‘Possiamo credere che una qualche forza possa aver denudato il granito su di una superficie di tante decine di migliaia di chilometri, se non operando per un tempo quasi infinito? (p.50)Si trovava allora sulle coste del Brasile, ma non mancherà di esprimere il suo stupore giunto nell’entroterra cileno (luglio-agosto 1834): ‘Come non chiedersi quale sia mai la forza che ha sollevato queste montagne, e come non chiedersi delle infinite epoche necessarie per spezzare, rimuovere, livellare tutta la loro massa? (p.298)E infine, riferendosi alla geologia delle isole Ascension (luglio 1836) ebbe a dire: ‘Ma dov’è quel luogo sulla faccia della terra in cui un’attenta ricerca non riveli quel ciclo interminabile di mutamenti cui essa è andata soggetta (p.540)? Ne L’Origine, Darwin dedica un intero paragrafo (cap. IX, pp. 301-306) alla questione del tempo profondo: ‘Un numero infinito di generazioni, che la mente non può afferrare -scrive-devono essersi succedute l’una dopo l’altra nel lungo procedere degli anni! Ora, considerate i nostri più ricchi musei geologici e vi renderete conto di quali misere esposizioni possiamo osservare! (p.306)’.

Darwin ebbe modo di suffragare l’antichità delle formazioni geologiche anche attraverso una conspicua documentazione fossile, che regolarmente spediva in Inghilterra per essere studiata (cfr. le lettere dal Beagle in Burkhardt, F., 2008; pp. 20-57). Oltre ai numerosi depositi conchigliferi, il giovane naturalista rimase attratto dalla grandiosità della megafauna estinta (pp.118-126 e pp.167-170; a Bahia Blanca rinvenne resti di numerose forme simili a pachidermi ed armadilli). A Darwin non sfuggì la stretta affinità fra le forme estinte e viventi, come nel caso della Macrauchenia patachonica, appartenente all’ordine dei pachidermi (Pachydermata) , ma che ‘nella struttura del collo e delle vertebre mostra un’evidente parentela col lama e col guanaco (p.210)’. Questi fatti interessantissimi (p. 211) portarono Darwin ad asserire che ‘Non v’è dubbio che questa meravigliosa affinità fra morti e vivi sul medesimo continente, più di qualsiasi altra conoscenza, getterà in avvenire molta luce sull’apparizione e sulla scomparsa degli esseri viventi sul nostro globo (p.211)’. La comparsa delle specie, il ‘mistero dei misteri’ herscheliano che a lungo tormentò Darwin, gli sembrò potersi ravvisare nelle forme dell’arcipelago delle Galapagos (p.422). Al contrario, meno problematico appariva il fenomeno dell’estinzione. E’ sempre bene tenere a mente che la crescita in progressione geometrica delle popolazioni è in qualche modo ostacolata (p.213; Darwin lesse Malthus nell’autunno 1838, e dedicò il cap. III de L’Origine a tale discussione.

Invece di invocare un diluvio universale, la scomparsa delle specie poteva spiegarsi come un fatto di ordine naturale (p.171), e non bisognava meravigliarsi per un tale avvenimento poiché ‘Ammettere che le specie di solito divengano rare prima di estinguersi, non provare sorpresa per la rarità di una specie rispetto a un’altra, e tuttavia attribuire a qualche causa straordinaria l’estinzione totale di una specie e meravigliarsene grandemente sembra a me proprio lo stesso che ammettere che la malattia di un individuo sia preludio alla morte, non sorprendersi della malattia, e poi, quando l’uomo muore, meravigliarsene e credere che sia morto per cause violente (p.214)’.

Il viaggio permise a Darwin di notare la distribuzione geografica delle varie specie animali e vegetali. Lo colpì in particolar modo la distribuzione degli areali dello Struthio rhea e Struthio darwinii  (Oggi Rhea indica il genere: le specie cui Darwin si riferisce sono note rispettivamente come Rhea americana  e Rhea pennata) che andavano gradatamente sostituendosi l’un l’altro da nord a sud nell’America meridionale; affinità erano poi presenti fra le specie dei generi Thinocorus (volatile; classe Aves) e Attagis (anch’esso un volatile) e quelle del continente sudamericano (pp.130-131). Ancora, notevole era l’affinità fra forme vegetali sudamericane ed europee (p.274) e, al contrario, la diversità di flora e fauna fra due aree della Terra del Fuoco, con simile struttura geologica (p. 276). Ne L’Origine, Darwin dedicò poi due capitoli alla distribuzione geografica (XI e XII) per spiegare questi fenomeni in apparenza complessi. Sono le stesse sezioni in cui egli approfondisce la discussione sui mezzi di dispersione occasionali (XI, pp. 376-386): un’ argomentazione che, nel Viaggio, esporrà per spiegare la comunanza di specie vegetali fra Terra del Fuoco e Isole Falkland (p.86), il trasporto di insetti a largo della Patagonia e delle coste sudafricane (pp.197-200), di roditori sulle isole sudamericane (p.329), e di semi dall’Australia sulle Isole Keeling (p.498-501).

Una breve digressione è dedicata all’uso e disuso lamarckiano , con riferimenti al tuco-tuco (genere Ctenomys), roditore rinvenuto nei pressi di Maldonado (p.89): ‘L’uomo che me li procurò affermava di averne trovati moltissimi del tutto ciechi […] Lamarck sarebbe stato felicissimo di conoscere questo fatto quando meditava (probabilmente con più verità del solito) sulla cecità gradualmente acquisita dello spalace, roditore che vive sottoterra, e del proteo, che è un rettile [1] che vive nelle acque sotterranee…’ Ne L’Origine la trattazione dell’uso e del disuso viene affidata ad un paragrafo a parte (cap. V; pp.148-154), con una differenza: per Darwin l’acquisizione o perdita di un carattere può essere stabilizzata dalla selezione naturale; inoltre, la convergenza evolutiva spiega la cecità dei roditori sul continente europeo e americano.

Alcuni riferimenti al tema dell’istinto (il cap. VII de L’Origine è interamente dedicato all’istinto), brevemente trattato, riguardano le abitudini parassitarie del cuculo (pp. 90-91), e della paura ereditariamente acquisita dagli uccelli alla vista dell’uomo (pp.443-445), rispettivamente trattati ne L’Origine alle pp. 235-237 (cap. VII, con l’aggiunta della schiavitù negli insetti sociali) e a pagina 230.

I capitoli che si soffermano su una trattazione più sistematica e diffusa delle osservazioni raccolte sono il XVII (arcipelago delle Galapagos) e il XX (Isole Keeling: formazioni coralline).

Approdato sulle coste dell’arcipelago sudamericano (Darwin dedica all’argomento una breve sezione all’interno del cap. XI de L’Origine [pp.419-424]) nel settembre 1835, Darwin compì approfondite ispezioni geologiche e biologiche del luogo. Con sua sorpresa, notò l’endemicità di molte specie (rettili e volatili) e la loro gradazione nelle forme, specialmente nel becco dei fringuelli e nell’esoscheletro delle tartarughe che, seppur simili, mostravano caratteristiche peculiari nella forma e colorazioni diverse fra le varie isole. Egli scrive ‘ma il fatto che più mi meraviglia è che parecchie isole abbiano le loro specie di tartarughe, di fringuelli e di numerose piante, e che questa specie abbiano il medesimo posto nell’economia naturale naturale dell’arcipelago (p.441)’. Inoltre, la sorprendente affinità con le forme continentali, lo indusse ad affermare che ‘l’arcipelago delle Galapagos può essere chiamato un satellite dell’America, ma si potrebbe meglio chiamarlo un gruppo di satelliti, simili fisicamente, organicamente distinti, e tuttavia intimamente uniti l’uno con l’altro, e tutti affini in modo marcato, anche se inferiore, al grande continente americano (p.443)’. Solamente vent’anni dopo Darwin avrebbe fornito, in pubblico, una spiegazione esplicitamente evoluzionistica di tale variabilità.

Particolarmente interessante è la teoria sulla formazioni coralline, tutt’oggi valida. Secondo il naturalista inglese, atolli e barriere sorgono durante periodi di subduzione, mentre le scogliere costiere si formano durante un’epoca di sollevamento tellurico, accompagnati da una crescita verso l’alto dei coralli. Durante il viaggio, Darwin ebbe modo di leggere i Principi di Geologia di Lyell.

Questo capitolo del Viaggio assume a fondamento il gradualismo dei cambiamenti geologici, un’idea fatta propria da Darwin in numerosi studi. Nelle pagine precedenti (p.131; cap V), egli accenna anche alla variazione graduale dei caratteri: un gradualismo filetico, in termini moderni, che lo avrebbe accompagnato ne L’Origine e molte altre sue opere, e che lo avrebbe esposto a serie obiezioni da parte degli avversari.

[1] in realtà il proteo (genere Proteus) non è un rettile ma un anfibio

Bibliografia:

Burkhardt, F. (2008), Origins: selected letters of Charles Darwin 1822-1859, Cambridge University Press, pp. 253

Darwin, C. (1845 [2010]), Viaggio di un naturalista intorno al mondo, a cura di  Paolo Costa, pp. 561, Universale Economica Feltrinelli

Darwin, C. (1859 [2009], L’Origine delle specie, a cura di Giuliano Pancaldi, pp. 565, BUR

Darwin, C. (1836-1844 [2009]). 1836-1844 (Taccuino Rosso, Taccuino B, Taccuino E), , a cura di T. Pievani, Edizioni Laterza