Infanticidio? Questione di infedeltà

L’unica contromisura evolutiva efficace delle femmine contro l’infanticidio praticato dai maschi è promuovere la promiscuità riproduttiva: l’incapacità da parte dei maschi di distinguere i propri figli da quelli altrui ne rende controproduttiva l’uccisione

L’infanticidio è una pratica abbastanza diffusa fra i mammiferi. È risaputo che l’investimento di tempo ed energia profuso dalle femmine nell’allevamento della prole è molto maggiore rispetto a quello dei maschi; come conseguenza una femmina nel corso della vita è in grado di allevare un numero limitato di figli. Per un maschio, bloccare questo investimento di energia a favore dei figli di un competitore significa aumentare le probabilità di dirottarla verso un figlio proprio. L’evoluzione di comportamenti di infanticidio nei maschi di molte specie è ritenuta la diretta conseguenza di questa situazione.

Femmine imbelli?

I biologi evoluzionisti si sono domandati se e come le femmine di specie caratterizzate da infanticidio si siano evolute per contrastare questa pratica deleteria al loro successo riproduttivo. Tra le ipotesi proposte ci sono strategie di tipo sociale: per esempio la formazione di un legame riproduttivo con un partner fisso, con cui una femmina si accoppia solo dopo un lungo corteggiamento; oppure la formazione di clan matriarcali che permettono l’accesso solo a maschi selezionati, ai quali è richiesto anche di difendere la prole da maschi estranei. In alternativa le contromisure possono essere di tipo riproduttivo: la strategia denominata di diluizione della paternità prevede l’accoppiamento con numerosi maschi che in questo modo non sono in grado di distinguere i figli propri da quelli altrui, praticando l’infanticidio infatti i maschi rischierebbero di uccidere i propri figli invece di quelli dei rivali. Fino ad oggi queste ipotesi non erano però state verificate in modo statisticamente rigoroso e alla luce di una ricostruzione filogenetica accurata della genealogia dei mammiferi. 

Indipendentemente e più volte

Dieter Lukas e Elise Huchard delle Università di Cambridge (UK) e Montpellier (Francia) hanno esaminato il fenomeno dell’infanticidio e riferito i risultati del loro lavoro tramite una comunicazione breve pubblicata sulla rivista Science. Un primo dato che risulta evidente dai loro risultati, ed esaminando l’albero filogenetico dei mammiferi, è che il fenomeno dell’infanticidio deve essere comparso indipendentemente e più volte nel corso dell’evoluzione di questa classe di animali. Un altro dato importante riguarda il fatto che l’infanticidio è raro, se non assente, in tutte quelle specie che vanno incontro all’estro in un periodo fisso dell’anno. In queste specie l’uccisione di un piccolo non aumenterebbe le possibilità riproduttive di un maschio, non avendo come esito automatico un nuovo estro nella femmina. Un lungo periodo di allattamento, in relazione al tempo di gestazione, aumenta la possibilità di infanticidio (ma solo nelle specie che non hanno una stagione di estro fissa); mentre la capacità delle femmine di entrare in estro anche se stanno ancora accudendo un piccolo precedente riduce la portata del fenomeno.

Più causa che effetto

I ricercatori hanno invece potuto stabilire una relazione statistica evidente tra infanticidio e sistema socio-sessuale della specie: le specie che hanno un modello sociale con gruppi sessualmente misti sono le più esposte, soprattutto se caratterizzate dal dominio riproduttivo di pochi maschi; sono seguite dalle specie con individui solitari e da quelle con gruppi di sole femmine; per arrivare a un minimo in quelle che praticano una monogamia duratura che sono quelle in cui l’uccisione dei cuccioli è più rara. Ma se è vero che le medesime strutture sociali sono spesso diffuse tra specie che appartengono allo stesso ramo filogenetico, inducendo a pensare che questa struttura sia l’eredità di un antenato comune, i risultati mostrano che spesso in uno stesso gruppo, con gruppi sessuali misti e maschi dominanti, non tutte le specie praticano infanticidio. Il comportamento sembra quindi essere comparso in rami evolutivi più di recente della struttura sociale e invece di contrastarlo potrebbe invece addirittura averlo favorito. Non ci sono d’altra parte prove di rami evolutivi che, dopo aver sviluppato infanticidio, abbiano adottato una struttura sociale differente da quella degli antenati precedenti alla comparsa del comportamento. Le risposte di tipo sociale non sembrano quindi una contromisura comunemente adottata dalle femmine in specie in cui i maschi uccidono i piccoli.

Questione di…testicoli 

Se le femmine di una specie si accoppiano indifferentemente con più maschi è inutile che questi competano fisicamente fra loro; conviene piuttosto che siano in grado di produrre una gran quantità di spermatozoi che possono poi rivaleggiare fra loro per la fecondazione nel corpo della femmina. Era già noto che nelle specie sessualmente promiscue i maschi tendono a sviluppare testicoli di più grandi dimensioni, in relazione al peso corporeo totale, di quanto facciano gli appartenenti a specie non promiscue. Lukas e Huchard hanno potuto stabilire che tanto più antica è la comparsa dell’infanticidio in un ramo evolutivo, tanto maggiori sono le dimensioni dei testicoli nei maschi delle sue specie. Questa tendenza è totalmente assente prima della comparsa del comportamento. In più all’interno di questi rami filogenetici la scomparsa dell’infanticidio è tanto più probabile quanto più sono cresciuti i testicoli nei maschi.

Strategia efficace

Un comportamento sessualmente promiscuo da parte delle femmine sembra essere allora un’efficacissima contromisura alla strategia maschile di uccidere i piccoli altrui per aumentare le proprie possibilità riproduttive, al punto che questa abitudine sembra comparire e scomparire a intermittenza nel corso dell’evoluzione di varie specie. La breve durata, in termini evolutivi, dei comportamenti di infanticidio, spiega probabilmente anche perché le altre contromisure di tipo sociale non sembrano utili né diffuse.

Daniele Paulis

Riferimenti:

Dieter Lukas and Elise Huchard. The evolution of infanticide by males in mammalian societies. Science 346, 841 (2014)

Credit immagine: Cornelia Kraus