Insetti e simbionti nucleotidici

L’evoluzione degli insetti deve molto a rapporti “simbiotici” tra l’organismo e le sequenze mobili nel loro genoma. Questa relazione, proprio come nelle simbiosi tradizionali, prevede costi e benefici. Il punto sulle ricerche in un articolo pubblicato su Annual Review of Entomology

I biologi sono ormai ben consapevoli della variabilità dei rapporti simbiotici tra organismi. Le relazioni tra ospiti e simbionti possono infatti modificarsi in base allo sviluppo dell’ospite o a variabili ecologiche specifiche, all’interno di uno spettro che contempla, ai due estremi opposti, i rapporti mutualistici più altamente benefici e quelli di tipo parassitario più confinanti con la vera e propria predazione. Da molti anni si fa riferimento a questo spettro di interazioni con l’espressione continuum mutualismo-parassitismo.

Secondo alcuni autori, però, questi rapporti si sviluppano non solo tra specie diverse, ma anche tra gli organismi e particolari sequenze di DNA chiamate elementi trasponibili, cioè sequenze di DNA capaci di spostarsi nel genoma, come i trasposoni.

Un articolo pubblicato a gennaio sulla rivista Annual Review of Entomology ha fatto il punto sul ruolo di questi elementi trasponibili nell’evoluzione degli insetti, e gli autori fanno suggestivamente ricorso proprio al termine “simbionti” per riferirsi a queste sequenze mobili.

Come dicevamo, gli elementi trasponibili sono porzioni del genoma in grado di spostarsi da una particolare posizione cromosomica a un’altra, per esempio per mezzo di un’escissione e di una successiva reintegrazione in un altro locus o attraverso la copiatura in un filamento di RNA che possa poi compiere trascrizione inversa in un altro segmento del genoma (retrotrasposoni, già trattati da Pikaia per esempio qui). Gli elementi trasponibili possono essere acquisiti dai propri antenati, infatti c’è una correlazione positiva tra vicinanza filogenetica e somiglianza nella distribuzione degli elementi genetici mobili nel genoma. Ma possono anche venire da altri organismi per trasferimento genico orizzontale, come può succedere nei “classici” rapporti parassitari tra animali (un esempio è il trasferimento di alcuni trasposoni a DNA tra un insetto come Rhodnius prolixus e diverse specie di vertebrati).

I primi dati sugli elementi trasponibili, come la loro quantità, varietà e distribuzione, nel caso degli insetti, sono stati ricavati dall’analisi del famoso moscerino della frutta Drosophila melanogaster. Per questa specie è stato stimato fino a un 15% dell’intero genoma composto da elementi mobili, con una netta prevalenza di retrotrasposoni. Ancora una volta, la varietà del mondo vivente si manifesta nelle notevoli differenze tra questa specie pioniera e le molte altre per le quali sono state effettuate indagini genomiche dettagliate: solo concentrandosi sulla quantità totale di materiale trasponibile presente nei cromosomi, si spazia infatti dal risicato 6% del coleottero Tribolium castaneum all’enorme 48% della zanzara Aedes aegypti.

Ma cosa fanno queste sequenze? Gli elementi mobili del genoma hanno spesso effetti neutrali o negativi, per esempio perché possono “sabotare” la funzione del gene in cui si inseriscono. In questo caso dovremmo considerarli parassiti. Ma ci sono diversi casi dove, invece, hanno donato un vantaggio all’organismo. Lo storico caso del melanismo industriale della falena Biston betularia, per esempio, è stato ricondotto all’azione di un trasposone. Altrettanto sorprendente è stata la scoperta della capacità di questi elementi mobili di incrementare la resistenza nei confronti di tossine batteriche e pesticidi attraverso modificazioni dell’espressione genica. Ma c’è di più. Gli autori dell’articolo notano che, dai lavori più recenti, è emersa una relazione tra gli elementi mobili e l’immunità virale negli insetti.

In moscerini e zanzare, infatti, l’attività dell’enzima trascrittasi inversa dei retrotrasposoni è direttamente associata, nel contesto specifico delle infezioni virali, a una maggiore probabilità di sopravvivenza. Si tratta, come sottolineato dagli autori, di una delle maggiori scoperte degli ultimi anni nell’ambito dell’immunità degli invertebrati. È su questo versante che emerge con maggiore evidenza l’alternanza tra cooperazione e conflitto nei complessi rapporti tra gli insetti e i loro simbionti genomici, perché questa “simbiosi” non è a costo zero.

Nei moscerini, infatti, si è visto che l’inibizione dell’attività dei retrotrasposoni riduce gli effetti deleteri dell’invecchiamento, aumentando la longevità degli insetti. Queste ultime constatazioni sono ulteriormente supportate dai recenti studi condotti sugli insetti sociali come le termiti Macrotermes bellicosus: se i membri delle caste riproduttive (re e regine) vivono fino a 20 anni grazie alla stabilità temporale nell’espressione degli elementi trasponibili, l’incremento dell’espressione negli individui delle classi lavoratrici porta questi ultimi a non sopravvivere più di alcuni mesi.

Come spiegano gli autori, gli stessi elementi in grado di proteggere gli insetti da virus, batteri e sostanze nocive, perciò, possono essere artefici della loro ridotta longevità, mostrando come, anche nel caso di trasposoni e retrotrasposoni, si possa a buon diritto parlare di un continuum simbiotico fatto di relazioni dinamiche, contesto specifiche, e di esiti imprevedibili.

Riferimenti:

Gilbert, Clément, et al. “Transposable Elements and the Evolution of Insects.” Annual Review of Entomology, vol. 66, no. 1, 7 Jan. 2021, pp. 355-72, doi:10.1146/annurev-ento-070720-074650

Nakazawa, Takefumi and Noboru Katayama. “Stage-Specific Parasitism by a Mutualistic Partner Can Increase the Host Abundance.” Frontiers in Ecology and Evolution, vol. 0, 2020, doi:10.3389/fevo.2020.602675.

Ewald, P. W. “Transmission modes and evolution of the parasitism-mutualism continuum.” Annals of the New York Academy of Sciences, vol. 503, no. 295-306., 1987, p. ;, doi:10.1111/j.1749-6632.1987.tb40616.x.

Immagine: geralt via pixabay