La biogeografia degli uccelli interpretata attraverso la morfologia delle ali

Per la prima volta, uno dei tratti correlati alla dispersione viene analizzato in uno studio completo su un’intera classe di animali

Il fenomeno della dispersione consiste nella tendenza di un singolo individuo (o un gruppo di individui della stessa specie) ad allontanarsi dal sito di origine in modo temporaneo o permanente e gioca un ruolo fondamentale per qualsiasi specie e popolazione nell’influenzare i processi macroevolutivi, quali la speciazione e l’estinzione, e macroecologici, quali la distribuzione geografica e la sovrapposizione di areali. Ciononostante, i meccanismi che definiscono i pattern di dispersione e i fattori che ne influenzano la variabilità tra le specie non sono ancora del tutto chiari; questo perché nei sistemi naturali la dispersione viene quantificata in modo diretto attraverso metodi piuttosto dispendiosi, limitati a poche specie e non sempre precisi, come il CMR (cattura-marcatura-ricattura), la tracciatura con GPS e gli studi sui flussi genici.

Un metodo più pratico per condurre analisi comparative è invece quello che sfrutta gli indici biometrici standardizzati di dispersione: attraverso questo tipo di indicatori, gli individui possono essere classificati e suddivisi per categorie e la loro distribuzione geografica può essere più facilmente analizzata e monitorata sul lungo periodo. A tal proposito, gli uccelli si prestano molto bene per analisi di questo tipo riguardanti la dispersione su larga scala, dal momento che la loro distribuzione sul pianeta è ubiquitaria e molto ben studiata, così come la loro filogenesi, ecologia e comportamento.

In uno studio pubblicato su Nature Communications, è stato proposto proprio l’utilizzo di uno degli indici biometrici per descrivere la biogeografia delle specie aviarie. In particolare, è stato scelto il Hand-Wing Index (HWI), una metrica descrittiva della morfologia dell’ala frequentemente usata in letteratura per valutare l’efficienza del volo, e quindi l’abilità di dispersione. Sheard e colleghi hanno incluso nell’analisi 41.981 esemplari, tra campioni di museo e animali vivi, per un totale di 9945 specie di uccelli, e per ogni specie hanno calcolato il HWI: questo parametro è definito come il rapporto tra la cosiddetta “distanza di Kipp” (cioè la distanza tra la punta della prima penna remigante secondaria e la punta della penna remigante primaria più lunga) e la lunghezza totale dell’ala, misurata a partire dall’articolazione del carpo fino alla punta della più lunga penna remigante primaria.

Nello studio sono stati inclusi altri predittori della variabilità della dispersione: integrando infatti i valori di HWI riscontrati per ciascuna specie con la posizione lungo l’albero genealogico degli uccelli, insieme ad altre informazioni dettagliate riguardo all’ambiente, all’ecologia e al comportamento di ciascuna specie, gli autori hanno scoperto che esiste un gradiente geografico latitudinale. In base ai risultati ottenuti infatti, il team di ricercatori è stato in grado di elaborare una mappa biogeografica della variazione globale nella forma delle ali, dimostrando che i volatili con valori di HWI più elevati, cioè quelli meglio adattati al volo, si trovano soprattutto ad alte latitudini, mentre quelli più sedentari, con valori bassi di HWI, si distribuiscono per lo più nei tropici.

Tale gradiente sarebbe guidato da tre principali fattori tra loro interconnessi: la variabilità della temperatura, la propensione alla difesa del territorio e la tendenza alla migrazione. In tal senso, il HWI risulta più elevato nelle specie che si riproducono in ambienti molto stagionali, quindi migratorie e scarsamente territoriali, ed assume invece valori inferiori nelle specie che non subiscono variazioni climatiche notevoli e che sono residenti e molto più territoriali; ciò sarebbe inoltre coerente con la maggiore biodiversità dovuta che si riscontra alle basse latitudini, dovuta molto probabilmente alla bassa tendenza alla dispersione, correlata come si è visto a bassi valori di HWI, e ai conseguenti processi di speciazione allopatrica.

La dottoressa Catherine Sheard, della School of Earth Sciences dell’Università di Bristol, e il dottor Joseph Tobias, dell’Imperial College di Londra, autori della ricerca, sostengono l’innovatività del modello geografico proposto nel loro studio, non escludendo che, visto il ruolo chiave della dispersione nei processi evolutivi, questa relazione tra comportamento, ambiente e dispersione possa dare forma ad altri aspetti della biodiversità, e augurandosi che le analisi condotte abbiano numerose applicazioni pratiche in futuro, specialmente in ecologia e biologia della conservazione.

Riferimenti:
Sheard, C., Neate-Clegg, M. H., Alioravainen, N., Jones, S. E., Vincent, C., MacGregor, H. E., … & Tobias, J. A. (2020). Ecological drivers of global gradients in avian dispersal inferred from wing morphology. Nature communications11(1), 1-9.

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