La guerra delle staminali

La bozza originale del bando non escludeva le staminali embrionali, né la legge italiana impedisce del tutto la ricerca. E a questo si appellano Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’Università di Firenze, Elena Cattaneo, dell’Università di Milano, e Silvia Garagna, dell’Università di Pavia. Quel bando ha una lunga storia, iniziata nel 2007, quando il ministro della Salute era Livia Turco. Ma non

La bozza originale del bando non escludeva le staminali embrionali, né la legge italiana impedisce del tutto la ricerca. E a questo si appellano Elisabetta Cerbai, farmacologa dell’Università di Firenze, Elena Cattaneo, dell’Università di Milano, e Silvia Garagna, dell’Università di Pavia.

Quel bando ha una lunga storia, iniziata nel 2007, quando il ministro della Salute era Livia Turco. Ma non se ne è fatto nulla finché Ferruccio Fazio, sottosegretario al Welfare, ha istituito una commissione di esperti per stilare un testo che, nelle parole del sottosegretario, avrebbe dovuto essere amministrato secondo criteri di trasparenza.

Invece, a quanto pare, non è andata così. Secondo Giuseppe Cossu, biologo dello sviluppo al San Raffaele di Milano e membro del comitato, il gruppo avrebbe formulato un testo preciso, accurato e non equivocabile, che non escludeva staminali di nessun tipo (embrionali comprese, evidentemente) dalle possibili proposte.

Ma il 26 febbraio, quando il testo è diventato pubblico, scrive Alison Abbott, qualcuno ci aveva infilato una frase che escludeva esplicitamente i progetti in cui fossero coinvolte le staminali embrionali umane. Fazio ha liquidato la questione (anche se tutti conosciamo le granitiche certezze con cui l’altro sottosegretario, Eugenia Roccella, si oppone alla ricerca in questo campo) asserendo che la frase era stata introdotta su richiesta delle Regioni durante la Conferenza Stato-Regioni. Ma Enrico Rossi, rappresentante della Regione Toscana, nega che la richiesta sia mai stata fatta. E, in teoria, il ministero potrebbe cambiare il testo soltanto con l’assenso delle Regioni stesse.

Il caso dovrebbe arrivare in tribunale prima del 20 luglio, la data in cui si dovrebbe chiudere la presentazione delle proposte, ma a giudicare dai tempi della giustizia italiana le cose potrebbero andare parecchio per le lunghe, e il processo di assegnazione dei fondi potrebbe arenarsi per anni. Impedendo alla ricerca italiana di essere competitiva in un settore così promettente e in rapida evoluzione. Insomma, un rischio – tra i tanti – è che quando saranno finanziate, le proposte di ricerca saranno già vecchie…

Quello che più fa rabbia, in questa vicenda, è la patetica ipocrisia con cui chi ci governa espone in pubblico le proprie, presunte virtù etiche, continuando in privato a esercitare i propri (legittimi, sia chiaro) vizi. Usando due pesi e due misure quando si tratta di giudicare i propri comportamenti (devono forse essere solo loro, gli unici beneficiari delle tanto decantate delle libertà?) e quando invece si tratta di garantire i diritti dei cittadini, ricercatori inclusi. Senza nemmeno rendersi vagamente conto della miopia di certe scelte, di quanto questa miopia rischi di compromettere il futuro del paese. Senza neppure vagamente sospettare che una morale imposta con la meschinità del sotterfugio non vale nulla.

P.S. A quanto scrive “Nature”, Elena Cattaneo, Elisabetta Cerbai e Silvia Garagna stanno sostenendo la causa con fondi propri. Se aprissero una sottoscrizione per pagare le spese processuali, sarei il primo a contribuire.

Tratto dal blog di Marco Cattaneo