La migrazione delle balene raccontata dai crostacei

Dall’analisi delle piastre calcaree dei cirripedi è possibile ricostruire le rotte migratorie dei misticeti

I cetacei misticeti (genericamente definiti “balene”) compiono durante l’anno spostamenti di moltissimi chilometri, attraversando gli oceani dai poli ai tropici: sono vere e proprie migrazioni stagionali, che consentono loro di nutrirsi in estate, in acque fredde e ricche di nutrienti, e di trascorrere la stagione invernale riproducendosi in acque calde. Come si può quindi intuire, le rotte migratorie compiute dalle balene sono correlate alla distribuzione dei nutrienti e dunque variano a seconda della produttività stagionale degli oceani. Pertanto, gli ecologi ipotizzano che il comportamento migratorio, influenzando il successo di foraggiamento e di conseguenza la fitness, abbia giocato un ruolo chiave nell’evoluzione dei cetacei. Per indagare ipotesi di questo tipo solitamente si ricorre ai ritrovamenti fossili, che purtroppo nel caso dei misticeti sono scarsi e frammentari, non consentendo una ricostruzione completa delle rotte migratorie e di come si sono modificate nel corso del tempo.

In un lavoro pubblicato di recente su PNAS, Taylor e colleghi, in collaborazione con STRI (Smithsonian Tropical Research Institute), propongono un approccio innovativo per comprendere il ruolo della migrazione nella storia evolutiva dei misticeti attraverso lo studio dei loro simbionti. Sulla superficie di molti rettili e mammiferi marini, come tartarughe, serpenti, lamantini e cetacei, vivono infatti dei particolari crostacei, i Coronuloidei, appartenenti alla infraclasse dei cirripedi: questi animali, tipico esempio di foresìa, sono in grado di ancorarsi agli ospiti e di approfittare delle loro escursioni transoceaniche per disperdere le proprie uova su lunghe distanze. I cirripedi vivono all’interno di teche formate da piastre di carbonato di calcio, materiale che depositano continuamente durante tutto il ciclo vitale: man mano che l’animale cresce, include nei suoi depositi calcarei gli elementi contenuti nell’ambiente circostante, tra cui anche gli isotopi di ossigeno e carbonio. In questo modo, ogni cirripede contiene una sorta di firma rappresentata dalle caratteristiche chimiche della sua teca, che dipendono dalla temperatura e dalla composizione dell’acqua marina.

I ricercatori hanno analizzato le piastre calcaree dei due cirripedi moderni Coronula diadema e Cryptolepas rhachianecti, rispettivamente simbionti della megattera (Megaptera novangeliae) e della balena grigia (Eschrichtius robustus), delle quali si conoscono le attuali rotte migratorie. Misurando le concentrazioni di isotopi nei vari strati delle piastre calcaree è stato possibile dedurre le caratteristiche delle acque che i crostacei, e quindi i loro ospiti, hanno attraversato nel corso dell’anno: in generale, in acque a basse temperature, alta evaporazione o con fenomeni di upwelling vi sono alte concentrazioni dell’isotopo 18O e basse concentrazioni di 13C, mentre le concentrazioni si invertono in oceano aperto, in acque calde e con pochi nutrienti. In seguito, l’analisi degli isotopi è stata estesa ai cirripedi fossili (generi Cryptolepas e Coronula) risalenti al periodo del Pleistocene (da circa 2,58 milioni a circa 11.000 anni fa), che hanno mostrato un profilo isotopico analogo a quello delle specie moderne. In base a questi risultati, i ricercatori hanno potuto osservare che le specie fossili e moderne portano le stesse “firme isotopiche”, relativamente alla stagione estiva di foraggiamento e a quella riproduttiva invernale dei loro ospiti: ciò suggerisce che i misticeti dei generi Megaptera e Eschrichtius hanno iniziato a manifestare il comportamento migratorio già diverse centinaia di migliaia di anni fa.

In effetti, si ritiene verosimile che i misticeti abbiano iniziato a migrare nel Plio-Pleistocene, quando la produttività degli oceani divenne stagionale, localizzata a basse latitudini e legata ai cicli glaciali-interglaciali: in tal senso, questi animali avrebbero potuto accedere a risorse limitate spazio-temporalmente proprio grazie alle migrazioni su lunghe distanze, favorite anche dalla contemporanea comparsa del gigantismo all’interno del taxon. L’analisi isotopica proposta dai ricercatori si è rivelata un approccio promettente per poter ricostruire le rotte migratorie dei misticeti preistorici, che potrebbe essere ampliato ad altre specie fossili di cirripedi e impiegato in combinazione con modelli paleoceanografici, per studiare in modo più approfondito come è cambiato il comportamento migratorio dei cetacei e di altre specie marine migratrici nel corso delle ere geologiche.

Riferimenti:
Taylor, L. D., O’Dea, A., Bralower, T. J., & Finnegan, S. (2019). Isotopes from fossil coronulid barnacle shells record evidence of migration in multiple Pleistocene whale populations. Proceedings of the National Academy of Sciences

Immagine: Aleria Jensen, NOAA/NMFS/AKFSC. [Public domain], via Wikimedia Commons