La prima conquista delle Americhe

La comunità scientifica è unanime nel ritenere che la colonizzazione delle Americhe iniziò da ovest, in seguito all’attraversamento dello stretto di Bering ghiacciato, ad opera di popolazioni di origine asiatica, tuttavia vi sono ancora molti dubbi su quando questo avvenne. La risoluzione temporale della prima migrazione (o migrazioni) è ancora bassa, in quanto i diversi studi la fanno risalire ad

La comunità scientifica è unanime nel ritenere che la colonizzazione delle Americhe iniziò da ovest, in seguito all’attraversamento dello stretto di Bering ghiacciato, ad opera di popolazioni di origine asiatica, tuttavia vi sono ancora molti dubbi su quando questo avvenne. La risoluzione temporale della prima migrazione (o migrazioni) è ancora bassa, in quanto i diversi studi la fanno risalire ad un periodo compreso tra 40.000 e poco meno di 15.000 anni fa. Un recente articolo, intitolato “A three-stage colonization model for the peopling of the Americas” e disponibile online, ha provato a conciliare i due estremi di questo intervallo di tempo, ipotizzando un inizio della migrazione circa 40.000 anni fa, una successiva sosta di circa 20/25.000 anni in Beringia e una prosecuzione del viaggio verso sud circa 15.000 anni fa.

In questo incerto contesto si inserisce l’ultimo lavoro di Antonio Torroni dell’Università di Pavia e Alessandro Achilli dell’Università di Perugia, che ha indagato i DNA mitocondriali (mtDNA) completi di più di 200 individui di nativi americani, per comprendere il passato evolutivo di queste popolazioni e ricostruirne il percorso durante la colonizzazione del Nuovo Mondo.
I risultati di questa analisi comparata, pubblicati sulla rivista open access PLoS ONE, indicano che il 95% degli individui analizzati apartengono ai quattro aplogruppi (linee materne) pan-Americani, le linee mitocondriali principali e diffuse uniformemente in tutto il continente americano, già identificate dallo stesso Torroni alcuni anni fa. La datazione di questi gruppi, chiamati A2, B2, C1 e D1, ha fornito risultati molto simili: tutti infatti sono risalenti ad un periodo compreso tra 18 e 21.000 anni fa, con un valore medio di 19.000.

La maggior parte delle popolazioni di nativi americani avrebbero dunque un’origine genetica comune, risalente ad una popolazione di antichi fondatori che entrarono nelle Americhe circa 19.000 anni fa, contrastando una delle ultime datazioni proposte, fissata a circa 13.500 anni fa. Le prime popolazioni conquistatrici di questi continenti arrivarono dunque proprio alla fine dell’ultimo picco glaciale e, percorrendo una rotta lungo la costa dell’Oceano Pacifico, dato che le regioni più orientali del Nord America erano ancora occupate dai ghiacci, poterono approdare nelle zone più meridionali.

Questa nuova datazione dell’arrivo di popolazioni umane in America non è in contraddinzione con la presenza in Cile, nel sito di Monte Verde, di resti di popolamenti umani datati a circa 12.500 anni fa, elemento che invece contrasta con l’ipotesi di un arrivo dell’uomo solo 13.500 anni fa. Sembra infatti difficile pensare che i primi coloni abbiano percorso il cammino dallo stretto di Bering al Cile, durante un periodo di grande freddo, in soli 1.000 anni.

Oltre alle quattro linee materne principali, l’analisi ha identificato alcuni altri aplotipi di minor entità, che si trovano infatti localizzati solo in piccole aree isolate e in gruppi etnici poco numerosi. Secondo i ricercatori, queste forme rare potrebbero essersi generate in seguito ad eventi migratori successivi e disgiunti da quello principale, piuttosto che dal differenziamento avvenuto in loco per il solo isolamento geografico.

L’articolo “The Phylogeny of the Four Pan-American MtDNA Haplogroups: Implications for Evolutionary and Disease Studies” è liberamente accessibile online.

Andrea Romano

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons