La prima osservazione della selezione di gruppo in natura

Da uno studio sui ragni sociali emerge come la selezione di gruppo possa essere alla base del loro adattamento all’ambiente

La selezione di gruppo è da anni un argomento molto dibattuto. Può la selezione naturale agire sull’evoluzione di caratteristiche che riguardano un intero gruppo di animali e non i singoli individui? Già Darwin nel 1859 ne “L’origine delle specie” si chiedeva come fosse possibile che per generazioni formiche e api operaie continuassero a rimanere sterili servendo la colonia per permettere alla regina di riprodursi. Si è sempre pensato che la pressione selettiva agisca a livello degli individui privilegiando determinati tratti che ne aumentano la fitness: come è possibile quindi che nel caso delle formiche e di altri animali sociali, il tratto vincente sia proprio quello della sterilità? Per giustificare questo tipo di conservazione di un carattere sfavorevole al singolo individuo, si è parlato spesso di selezione di parentela (o kin selection), ossia le formiche operaie pur sacrificando la propria capacità riproduttiva, garantiscono la trasmissione dei loro geni grazie al legame di parentela con la regina (favorita anche dal sistema sessuale aplodiploide di queste specie). 
Ma cosa succede se invece non c’è nessuna parentela, come nel caso delle gazzelle che saltano per avvertire il resto del branco della presenza di un leone, mettendo così a repentaglio la propria vita? Un comportamento di questo tipo può essere spiegato ad esempio con la teoria dei giochi, secondo cui la cooperazione in un gruppo può portare, per il singolo, a vantaggi maggiori rispetto ad un atteggiamento competitivo (oltre che dal fatto che nel gruppo ci sono anche numerosi parenti dell’individuo che ha messo in atto il comportamento altruistico). Secondo altri invece queste reazioni sarebbero un esempio della teoria di selezione di gruppo secondo cui, nelle società dove la fitness individuale è strettamente legata alla performance del gruppo, l’evoluzione favorirà negli individui tratti che aiuteranno il successo dell’intero gruppo. 
Questa teoria è stata lungamente osteggiata dai suoi detrattori ma un articolo pubblicato su Nature, sembrerebbe invece fornire un esempio reale di come tale selezione agisca in natura. I ricercatori hanno studiato sul campo il comportamento di una specie di ragno coloniale, Anelosimus studiosus, in grado di formare colonie talmente numerose da essere in grado di catturare nelle proprie tele anche ratti e uccelli. Questi ragni sociali presentano un polimorfismo comportamentale per il quale le femmine assumono un fenotipo con atteggiamento “docile” oppure “aggressivo”. Osservando i ragni in natura gli studiosi hanno notato come nelle colonie molto grandi, dove la frequenza dei parassiti sociali aumenta, sono più comuni le femmine aggressive, mentre nelle colonie più piccole dove ci sono più risorse il fenotipo docile è maggiormente presente. Nel caso invece delle colonie in condizioni difficili accade il contrario: più cresce il gruppo e più diminuiscono le femmine aggressive in quanto la loro tendenza a mangiare le uova di altre femmine metterebbe a rischio la sopravvivenza dell’intera comunità. 
La peculiarità della proporzione tra i due fenotipi è che per ogni colonia sembra essersi adattata alle specifiche condizioni ambientali in cui si è formata, proprio come conseguenza della pressione  che tale ambiente ha attuato sull’intera comunità. Quando infatti i ricercatori hanno creato delle colonie artificiali a partire da individui provenienti da siti differenti e le hanno collocate in condizioni ambientali diverse da quelle di provenienza, hanno notato che la proporzione femmine docili/aggressive, dopo varie generazioni, è stata adattata tenendo conto delle condizioni ambientali di provenienza e non delle nuove condizioni. Questa osservazione indica come le colonie si siano evolute per mostrare una composizione di tratti ideale per uno specifico sito e che la sopravvivenza differenziale e il successo riproduttivo del gruppo sono la forza che la guidano. Se così non fosse anche colonie provenienti da siti con caratteristiche molto differenti rispetto al sito d’arrivo avrebbero adattato la loro composizione alla nuova situazione a causa di una pressione diretta sulle caratteristiche degli individui nel gruppo. Il fatto invece che sia vero l’opposto e che le colonie di provenienza diversa rispetto a quella di destinazione tendano a morire indica come la prima forza selettiva ad agire in questa situazione sia quella diretta verso l’intero gruppo piuttosto che verso i singoli individui. 
Dopo decine di anni di ipotesi mai dimostrate, la teoria della selezione di gruppo trova la sua prima verifica empirica in una popolazione naturale. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi per determinarne la generalità di questo fenomeno tra gli esseri viventi. 
Daria Graziussi
Riferimenti:
Jonathan N. Pruitt, Charles J. Goodnight. Site-specific group selection drives locally adapted group compositions. Nature, 2014; DOI: 10.1038/nature13811
Immagine: Dominicus Johannes Bergsma, via Wikimedia Commons