La storia evolutiva della placenta

Come si è evoluta la placenta a partire da predecessori che ne sono privi? A questa domanda ha cercato di rispondere un gruppo di ricercatori della Stanford University.

La placenta, l’organo mediante il quale avvengono gli scambi di ossigeno e sostanze nutritive, nonché di anticorpi, dalla madre all’embrione e il passaggio dei prodotti di rifiuto nella direzione opposta, è una struttura unica dei mammiferi e rappresenta dunque una novità evolutiva. Ma in che modo questo organo, così fondamentale per lo sviluppo degli embrioni dei mammiferi, si è evoluto a partire da predecessori che ne sono privi? A questa domanda ha cercato di rispondere un gruppo di ricercatori della Stanford University.

Dato che la placenta è l’unico organo che si sviluppa solo in età adulta e viene eliminato al termine della gravidanza, i biologi hanno cercato risposte sulla sua evoluzione analizzando e confrontando tra diversi gruppi animali quali geni, responsabili della sua formazione, vengono attivati nelle varie fasi della gestazione. Utilizzando come oggetto di studio la placenta di topo, i ricercatori, dalle pagine della rivista Genome Research, hanno evidenziato che questo organo si sviluppa in due fasi distinte, grazie all’attivazione disgiunta di altrettanti set di geni.

La prima fase di sviluppo della placenta, che inizia con la fecondazione e prosegue fino a circa metà della gestazione, avviene in seguito all’attivazione di numerosi geni, che sono stati rinvenuti anche in rettili ed uccelli. Questo aspetto, insieme al fatto che tutti tali geni si riscontrano in ogni specie di mammifero, indica che l’origine della placentazione probabilmente avvenne in un mammifero ancestrale che ereditò tali geni dai progenitori sauropsidi.

La seconda fase, invece, che perdura fino alla nascita della prole, sembra essere controllata dall’attiviazione di geni specie-specifici. Questo significa che nei diversi gruppi di mammiferi si attivano geni evolutisi indipendentemente e più di recente (secondo lo studio in seguito ad eventi di duplicazione) all’interno di ognuno di essi. Questo risultato non stupisce se si pensa alla differenza nella gestazione dei diversi mammiferi: pochi giorni nei roditori, quasi due anni negli elefanti, con tutte le situazioni intermedie.

Dall’origine comune, che ha conferito le iniziali capacità di trasferimento di sostanze tra madre ed embrione, ogni placenta si è successivamente evoluta e specializzata. Questo è stato possibile grazie all’azione congiunta di specifici set di geni che si trovano modificati e differenziati nei vari taxa, in modo tale da consentire il compimento nel migliore dei modi delle diverse gravidanze tipiche dei diversi animali e favorire il corretto sviluppo embrionale.

Riferimenti:
Knox, K., & Baker, J. C. (2008). Genomic evolution of the placenta using co-option and duplication and divergence. Genome Research. doi: 10.1101/gr.071407.107

Fonte dell’immagine: Wikimedia Commons