La storia naturale del ciarlatano

Pikaia ha letto per voi “Il potere del ciarlatano” della scrittrice tedesca Grete De Francesco

Il giorno 8 febbraio, all’ospedale di Neuilly-sur-Seine, è morto il Premio Nobel per la Medicina Luc Montagnier. Dopo una vita spesa studiando i virus, tra cui l’HIV per cui ha ottenuto il premio Nobel nel 2008, Montagnier aveva abbracciato negli ultimi tempi posizioni no-vax suscitando vivaci polemiche. In molti articoli dedicati alla sua morte si rimarcava la sua vicinanza a noti oppositori all’uso dei vaccini per il virus SARS-CoV-2, che i giornali non esitavano a definire ciarlatani. Ma cosa è un ciarlatano? Come possiamo definirlo oggi?

Una eccellente risposta a queste domande è presente nel libro Il potere del ciarlatano (Neri Pozza, 2021) della scrittrice tedesca Grete De Francesco. Potrà sembrare strano suggerire su Pikaia la lettura di questo libro, ma ciò che l’Autrice ci propone è una vera e propria storia naturale del ciarlatano, oltre che una lucida analisi del rapporto che i ciarlatani hanno con la scienza. Il libro ci permette, infatti, di analizzare come è cambiata la valenza del termine ciarlatano nel tempo e come questa figura sia andata modificandosi in parallelo con il progresso scientifico.

Da imbonitori a scienziati mancati: l’evoluzione del ciarlatano dal Seicento a oggi
Porre attenzione alla figura del ciarlatano è estremamente interessante e attuale. Interessante perché è necessario capire cosa, in modo ricorrente, non funziona nella comunicazione della scienza, così da permettere ai ciarlatani di raggiungere un ampio pubblico. Attuale perché, come ben mostra l’analisi storica di Grete De Francesco, la fascinazione per i ciarlatani diventa decisamente più forte quando una persona e una società sono fragili.

Come suggeriva la Senatrice Cattaneo in Armati di scienza (su Pikaia ne abbiamo parlato qui), lo spazio pubblico va presidiato dalla scienza, per evitare di lasciare campo libero ai ciarlatani che, purtroppo, sono talvolta più bravi degli scienziati a comunicare.

Un ciarlatano annuncia le sue mirabolanti «scoperte» e «cure» – rispondeva la senatrice Cattaneo in una intervista – ma si guarda bene dal renderne pubblici e replicabili i meccanismi; lo scienziato, invece, deve raccogliere ogni elemento della sua ricerca, deve mettere i dati e i metodi su cui si è basata la ricerca a disposizione del resto della comunità scientifica, ogni micro-passo, ogni condizione di ogni esperimento deve essere registrata e codificata affinché poi in mano esperta sia ripetibile, affinché altri possano verificarla. La valutazione esterna (oltre a quella interna dei laboratori) è mirata sui dati, sulle interpretazioni, spesso <crudele> e impietosa per chi su un’idea, sulla possibile risposta a una domanda che nessuno aveva mai posto prima, ha investito anni di fatica, studio e lavoro. Ma la scienza è proprio questo, un viaggio mai fatto prima verso la risposta ad una domanda pressante mai immaginata prima”.  

Un secondo aspetto di interesse riguarda lo studio di quei meccanismi cognitivi che agiscono in chi rimane ammaliato dal ciarlatano (su Pikaia abbiamo parlato di questi aspetti qui e qui). A questo proposito Grete De Francesco porta come esempio il quadro Il prestigiatore di Hieronymus Bosch, in cui alcuni dei presenti guardano, con un misto di costernazione e superiorità, non il ciarlatano, ma coloro che del ciarlatano hanno subito il fascino. Quali meccanismi ci possono rendere più sensibili alle deformazioni della scienza che alle concrete e reali dimostrazioni scientifiche? Cosa ci può rendere immuni da questa fascinazione? Quale atteggiamento tenere verso chi ha scelto di sostenere il ciarlatano?

La seduzione del ciarlatano
Contro i ciarlatani – scrive Grete De Francesco – le chiare e dotte argomentazioni dei medici sono destinate a rimanere infruttuose. I pochi immuni invece non ne hanno bisogno, in quanto riescono a vedere dietro la maschera del truffatore anche senza gli avvertimenti dell’esperto. I tanti credenti, invece, non si lasciano persuadere neppure quando il loro uomo prodigiosa viene smascherato. (…) Vogliono credergli comunque e si scagliano risentiti contro i suoi smascheratori e le loro dimostrazioni”.

Vi ricorda qualcosa? Sebbene scritto oltre ottant’anni fa (il libro venne pubblicato per la prima volta nel 1937 dall’editore svizzero Schwabe), Il potere del ciarlatano ci invita (o forse dovrebbe obbligarci) a dedicare alla percezione della scienza tante energie quanto ne dedichiamo alla produzione e comunicazione dei dati.

Chi rimane ammaliato dai ciarlatani – scrive De Francesco – trova nelle loro parole una sicurezza nella quale amano cullarsi. Subito dopo però sono costretti a difendere le loro prove fallaci contro ogni tentativo di esame critico e tremano di fronte alla minaccia di una odiata controprova tangibile, che possa minare la felicità promessa e garantita. E così accade che i seguaci dell’uomo delle meraviglie (…) disdegnano qualsiasi riscontro concreto e ripongono incondizionatamente la loro fiducia in colui che sa come risvegliare l’illusione e tenerla in vita”.

Da alcuni anni le Università Italiane hanno nel trasferimento tecnologico e nella comunicazione della scienza quella che è stata definita la “terza missione”, in quanto terza attività accademica oltre a didattica e ricerca. Proprio in questi giorni sta nascendo l’Associazione APENet, che permetterà alle Università di confrontarsi anche sul modo in cui la scienza viene comunicata e come gli scienziati possono migliorare in questa attività. Nella comunicazione pubblica è fondamentale, ad esempio, distinguere le opinioni ed aspettative personali dei singoli scienziati dalle evidenze disponibili. Come, inoltre, suggerisce la Senatrice Cattaneo (qui il testo completo), “l’etica di chi lavora nell’informazione dovrebbe comprendere il rifiuto di fare da cassa di risonanza ai ciarlatani e di polarizzare le posizioni mettendo sullo stesso piano dati e opinioni. Quando questa etica è venuta meno – un esempio per tutti è la truffa Stamina – a pagarne le conseguenze sono stati i cittadini più deboli”.

Non basta quindi conoscere l’identikit di un ciarlatano, ma serve lavorare a più livelli per ridurre la fascinazione dei suoi elisir.

“Mi restano soltanto poche caraffe del mio portentoso elisir. Eccolo qui – recitava il poeta Giuseppe Gioachino Belli – il centro mirabile di tutto lo scibile della medicina teoretica e pratica. Eccovi il campacentanni, il semprevivo, la genuina porta della salute. Questo rimedio è il vero balsamo, il vero fluido, il vero cerotto, il vero unguento. Questo restringe e rallenta, indebolisce e fortifica, riscalda e rinfresca, corregge e promuove, simpatizza e antipatizza, risveglia e addormenta. (…) Correte dunque, correte, o bisognosi al mio Elixir, che da me si vende gratis, cioè ai grati”.

L’analisi di Grete De Francesco, sebbene scritta nella prima metà del Novecento, evidenzia quanto è stato da sempre complesso gestire la seduzione manipolatoria operata dai ciarlatani. Sebbene l’Autrice non sia una storica della scienza, Il potere del ciarlatano ci mostra l’importanza delle analisi storiche per capire la relazione tra scienza e società. Gli storici della scienza conducono, infatti, analisi delle implicazioni etiche, legali, economiche, filosofiche e sociali della conoscenza scientifica e oggi più che mai ne abbiamo un enorme bisogno.